Wednesday 21 December 2011

Alcuni commenti sulla proposta di secessione della Sicilia dall'Unione Europea

Ringrazio innanzitutto Massimo Costa, Antonella Sferrazza e BlogSicilia per aver sollevato la questione dei rapporti tra Sicilia ed Unione Europea. Anche se la mia posizione in merito appare abbastanza distante, credo che faccia bene discutere di questi argomenti.
Quanto segue è un collage dei miei primi commenti in merito allo proposta, alcuni dei quali rivolti a Massimo Costa ed alla sua proposta, altri rivolti ad altri commentatori della proposta.
Unione Europea
Argentina
Euro
Trattato di Lisbona
Hellada

Individuare nell’Unione Europea un problema per la Sicilia, è quanto meno problematico. Il budget dell’Unione Europea è l’1% del PIL dei suoi paesi membri. In termini assoluti, è una cifra intorno ai 120 miliardi di Euro, circa il doppio del PIL Siciliano. Sì, avete letto bene, la UE è equivalente in termini economici ad un paio di Sicilie. Non credo sia possibile pensare veramente che i problemi della Sicilia e dei Siciliani derivino in alcun modo dalla UE.
Dato che il budget della UE è sempre stato così piccolo, non è mai stato veramente possibile pensare di poter risolvere i problemi infrastrutturali della Sicilia con fondi Europei. I fondi Europei sono sempre stati pensati come un incentivo, ma la gran parte del lavoro infrastrutturale, in Spagna come in Irlanda, in Slovenia come in Polonia, è stato pagato e viene pagato con fondi propri. Quello che è sempre mancato in Sicilia, è la volontà della Repubblica Italiana di metter alcunché.
Per dare soltanto un esempio, la A20 da Buonfornello a Messina è costata 4 milioni di Euro al chilometro. Ci sono 282 viadotti e 155 gallerie in 183 km, ci hanno messo 36 anni a costruirla. Si può paragonare alla Roma-Latina, attualmente in costruzione a 30 milioni di Euro al chilometro, o alla Pedemontana lombarda che il Sig. Formigoni ci informa costare 50 milioni di Euro al chilometro, e c’è chi dice che potrebbe arrivare a 74 milioni di Euro al chilometro.
I soldi per le infrastrutture Siciliane finiscono lì, in Padania, in Veneto, nel Lazio, e tutti si possono incolpare, ad iniziare dai politici siciliani complici di tali scelte, ma certo non l’Unione Europea.
Come tutti dovremmo sapere, se ci fosse stata vera volontà di aiutare a sviluppare le zone meno sviluppate del paese, non ci sarebbe bisogno di cose come la Cassa del Mezzogiorno, sarebbe bastato il buon senso e gli interventi ordinari.
A chi, pur confermando che "il problema dell’Europa non è il suo ruolo finanziario diretto, che è trascurabile" obietta che "l’Europa il lavoro sporco non lo fa direttamente, lo fa fare agli stati.", che "dentro, non c’è nessuna autonomia possibile per la Sicilia" , che "il problema dell’Europa sono le sue leggi, troppo piegate alle multinazionali ed ai banchieri" e che quindi "è meglio starne piuttosto lontani" posso rispondere che ovviamente non so come abbia maturato queste opinioni, che io ho maturato opinioni molto diverse, e che chiaramente almeno su quei punti siamo abbastanza distanti. Innanzitutto, cosa dobbiamo intendere con “Europa”? L’Unione Europea, la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo, la Banca Centrale Europea o qualche altra istituzione?Tranne il Consiglio Europeo, che sono gli Stati stessi, non vedo nessuno che possa far fare un qualsiasi tipo di lavoro agli Stati, se questi non vogliono farlo.
Io personalmente non sono convinto per nulla che la perdita anche solo parziale per i Siciliani del diritto di libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali che potrebbe derivare dall’uscita della Sicilia dall’Unione Europeapossa essere in qualche modo bilanciato da qualche altro vantaggio.
Non capisco nemmeno perché si dovrebbe revocare l’unione doganale, e quale sarebbe la differenza con una zona franca di libero scambio. Capisco che quella di Massimo Costa è soltanto un’intervista, ma questi, ed altri, mi sembrano punti abbastanza cruciali.
A chi inneggia all'Argentina, ed onestamente ci vuole coraggio, dovrebbe bastare rispondere che soltanto nel 2010, l’Argentina è riuscita a ritornare ai livelli del 1998, e non è che stia facendo chissà quale crescita miracolosa, anzi.
Prima di prendere l'Argentina come esempio in temi socio-economici, ricordiamocelo sempre, e scolpiamocelo nella mente, che soltanto nel 2010, dopo 12 anni, sono riusciti a ritornare dov’erano prima.
Sono una dozzina di anni persi, ed ad occhio e croce (ma il calcolo si potrebbe fare anche abbastanza preciso), volendo quantificare cosa è costato agli argentini, rispetto all’ipotesi di stasi del PIL (guarda caso il caso della Repubblica Italiana tra il 2000 ed il 2011), sono 30 mila dollari americani correnti a testa persi, cioé una famiglia argentina con padre, madre e due figli ha mediamente perso 120 mila dollari in 10 anni.
Se poi uno considera che questo recupero è stato quasi tutto dovuto alla crescita delle materie prime (che nella Repubblica Italiana non ci sono, e che anche in Sicilia sono pochissime rispetto alla popolazione residente!), risulta chiarissimo che oggi l’economia argentina è in una posizione peggiore rispetto a quella del 1998 dato che si sarà molta più correlazione con l'esportazione delle materie prime, che implica un minore livello di sviluppo e maggiore fragilità dell'economia.
Sulla situazione Argentina, il mio non è scetticismo, è consapevolezza che deriva da una conoscenza dei fatti. L’Argentina non ha trovato nessuna soluzione ai suoi problemi, e gli Argentini sono a mio modestissimo parere completamente fuori di testa a votare per gente come la Sig.ra Kirchner, che non ha ottenuto alcun risultato, e non ritengo che ne potrà mai ottenere (con la mentalità di multare o peggio chi pubblica statistiche sgradite al governonon si va da nessuna parte). Tanti cittadini argentini purtroppo non si rendono conto che non esistono pranzi gratuiti, ma prima o poi il conto arriva sempre, e sono mazzate.
In una celeberrima ed indimenticabile intervista l’allora presidente in carica dell’Uruguay, il Sig. Jorge Battle (libero scambista, gran potatore di spesa pubblica, antiprotezionista e gran nemico delle sovvenzioni pubbliche, figlio di madre argentina e di padre a sua volta presidente uruguagio), così sintetizzò le ragioni del problema argentino:
Los argentinos son todos una manga de ladrones del primero al ultimo”.
Gli argentini sono tutti una manica di ladroni dal primo all’ultimo” (da puntualizzare che si riferiva ai politici argentini, e forse anche a chi li eleggeva, non a tutti i cittadini!).
Gli argentini hanno avuto tutto quanto sia possibile immaginare a disposizione per prosperare, ed immancabilmente mandano tutto in malora, da sempre.
Il 2001 non è che un episodio, e nemmeno l’ultimo, di una storia quasi plurisecolare ormai di disastri economici e sociali che gli argentini riescono ad organizzarsi anche nelle condizioni più impensabili.
Se quello argentino è il modello a cui si ispirano tanti cittadini italiani o a cui vorrebbero aspirare i Siciliani, c’è veramente poco da stare allegri.
Per chi voglia approfondire veramente sull’Argentina, il sito Foco Economico contiene una miniera di informazioni di prima mano. Gli autori sono professori universitari argentini di economia, perlopiù alla Universidad Torcuato Di Tella, una ottima università intitolata da uno dei ministri degli esteri argentini (della stessa parrocchia politica dei Kirchner) al padre, un molisano di Capracotta che aveva creato un gruppo industriale in Argentina (la SIAM).
Per quanto riguarda la correlazione tra disoccupazione giovanile e l'Euro, no, non è colpa dell’Euro.
È colpa della classe dirigente politica ed imprenditoriale siciliana ed italiana, e di chi li ha eletti e continua ad eleggerli. L’Euro non c’entra nulla, è semplicemente un obiettivo semplice da indicare, tant’è vero che argomenti simili vengono usati dai Leghisti con il loro elettorato. Si può discutere dei vantaggi o svantaggi dell’Euro, e ce ne sono, ma non c’è diretta correlazione con la disoccupazione giovanile (cosa che si può dimostrare facilmente notando che la disoccupazione giovanili in paesi dell'area Euro come la Germania è sotto al 10%, e che ai tempi della Lira, la disoccupazione giovanile in Sicilia era ben più alta).
In generale le valute di paesi piccoli sono esposte ai mercati in maniera spaventosa, anche quelle di paesi ricchissimi di risorse come la Norvegia o governati benissimo come la Svizzera, la cui banca centrale ha passato quest’anno fino ai primi di Settembre in trincea per cercare inutilmente di difendere quota 1.20, e non essendoci riuscita il 7 Settembre ha dovuto utilizzare l’opzione finale di dare mano alla stampatrice digitale, con tutti gli enormi rischi che ne conseguono.
Il problema dell’Euro è una febbriciattola hellenica curata malissimo da dottori incapaci ed inadeguati. La soluzione non è ammazzare l’ammalato(distruggere l’Euro), ma mandare via a calci questi dottori incapaci ed inadeguati, e farsi curare da gente più capace.
Passando al Trattato di Lisbona, non capisco cos’è che non piace esattamente del Trattato di Lisbona. Comprendo ovviamente il discorso sul percorso non assolutamente democratico che ne ha approvato all’approvazione, ma oggi che è ormai approvato, in concreto, cos’è che penalizzerebbe la Sicilia, e nei confronti di chi? Quali sono gli svantaggi che ne deriverebbero i Siciliani?
Per chi risponde che lo svantaggio sta in una perdita di sovranità, in concreto, non mi pare una spiegazione. Che cosa implica questa perdita di sovranità? Quali sono gli svantaggi che ne derivano?
Il Trattato di Lisbona non implica alcuna dittatura. Chiaramente, ci sono tantissimi svantaggi in una dittatura. Qui però non siamo di fronte ad una dittatura. Io ho votato per eleggere i miei rappresentanti a tutti i livelli, e li vedo ancora lì nei loro scranni. Ed ad ogni modo, se la maggior parte dei cittadini elettori elegge rappresentanti inetti, non si può certo pretendere chissà che! Ad ogni modo, l’obiezione fondamentale alla proposta di Massimo Costa rimane la stessa: i Siciliani ottengono tantissimi vantaggi, sia reali che potenziali, dai diritti di libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali garantiti dall’Unione Europea. Io personalmente ci campo da una vita, e questi stessi diritti sono disponibili e garantiti a tutti i Siciliani, nessuno escluso. Vogliamo rinunciare a questi diritti? Li vogliamo perdere? In cambio di cosa?
In generale, c’è un esempio di un paese a noi vicino che è uscito dall’Unione Europea (anche se all’epoca non si chiamava ancora così): l’Algeria nel 1962.
Qualcuno qui è mai stato in Algeria? Ci vorreste andare a vivere?
Eppure, l’Algeria ha molte più risorse naturali della Sicilia, o di qualsiasi stato membro dell’Unione Europea.
E però i cittadini Algerini non hanno, e sognano, i diritti che hanno i Siciliani.
Per quanto riguarda infine i nostri vicini Helleni, purtroppo si sono meritati tutto quello che gli sta capitando. Per decenni hanno eletto politici inetti, quando non corrotti, che hanno mentito al resto del mondo sul reale andamento della loro economia e dei loro conti pubblici. Non ci sono pranzi gratuiti. Se anche avessero avuto la Dracma invece che l’Euro, non sarebbe cambiato nulla, anzi, avrebbero preso bastonate anche più grosse. La Helliniki Demokratia ha avuto una grande occasione con l’Euro, quella di tagliare enormemente il costo degli interessi sul debito, e quindi di ripagarlo più facilmente. Invece di approfittarne virtuosamente, i politici hellenici ne hanno approfittato per ottenere ancora più privilegi per loro stessi ed i loro amici e famigli, distribuendo prebende a destra e a manca, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Sì, sarà possibile che un 1% di colpa ce l’abbiano anche quei bei figuri tipo la Sig.ra Merkel o il Sig. Sarkozy (e taciamo di altri momentaneamente assenti dalla scena principale), che pare anche a me che in questo caso, come in altri, siano stati dannosi, ma solo perché gli Helleni li hanno messi in condizione di esserlo.
Quello che possiamo dire sui politici e sugli elettori hellenici, possiamo generalmetne dirlo di quelli italiani e siciliani, certamente con svariate eccezioni, solo che, per quanto a noi possa sembrare incredibile, dai risultati fino ad oggi i politici hellenici pare abbiano fatto peggio.
Sullo stato corrente degli Helleni, io sono personalmente filelleno, ho visitato con piacere più volte l’Epiro, la Tessaglia, la Macedonia, la Tracia, ma dobbiamo dire le cose come stanno. A me tra un ricco che si impoverisce per colpa sua, ed un povero che non ha occasioni, fa più simpatia il secondo.
Finisco con una correzione: in uno dei commenti avevo risposto (a Giuseppina Marrone) facendole notare che il PIL pro capite hellenico fosse "poco meno del doppio di quello siciliano". Sono andato a controllare, e mi devo scusare, avevo fatto male i conti, il PIL pro capite hellenico è sì maggiore di quello siciliano, ma non è certo doppio. Lo è però in alcune regioni, tra cui quella di Atene (non solo in Attica, ma in tutta la Grecia centrale) e delle isole Egee meridionali (i.e. Rodi, Mykonos, Thera, ...), e prima della crisi lo era anche a Creta.

Thursday 8 December 2011

Le serie televisive turche

Nel 2010 la Turchia ha esportato 70 serie televisive in 20 paesi, perlopiù nel Medio Oriente, nei Balcani e nei paesi turanici, per un controvalore dichiarato di circa $50 milioni (che detto fra noi, sono pochi, ma si sa, come fanno la contabilità quelli che lavorano nell'intrattenimento, non la fa nessuno!).
Per dare un paio di esempi, le soap turche vengono usualmente trasmesse in Romania da Kanal D, che è parte della multinazionale turca Doğan, e nell'Hellade da Antenna (ANT1).
Il prezzo per episodio varia dai $500 ai $20000 per i mercati più grandi e le serie più richieste. 
L'esportatore più grande è Calinos, che ha sede a Taksim, e controlla quasi l'80% dell'export.
Il settore vive da alcuni anni un periodo di boom, dovuto soprattutto all'espansiano nel mercato dei paesi arabi, che ha portato ad una crescita costante nei budget e nella qualità dell'offerta.
Recentemente è stato annunciata una joint venture con degli investitori del Qatar per una serie in 30 episodi sulla conquista di Costantinopoli, che in totale dovrebbe contare su un budget hollywoodiano da $75 milioni!

List the installed windows updates

To get a list of installed updates:

wmic qfe list full > list.txt

Caveat: this list may not be complete, as certain Microsoft hotfixes don't end up there.

If you know the HotFixId, you may pipe the output of wmic to find. In example, to confirm that Windows 2008 R2 Service pack has been installed, knowing that the service pack HotFixId is KB976932, executing the following command line will do the job:

wmic qfe list full | find "KB976932"
 

Monday 5 December 2011

Access Denied when migrating httpHandlers or httpModules configuration in IIS 7.5


While running the below command on one of my IIS 7.5:
%systemroot%\system32\inetsrv\APPCMD.EXE migrate config "Default Web Site/MyWebApp"
I was getting Access Denied error (80070005). As I had used that command in other IIS 7.5 servers to migrate the httpHandlers and httpModules configuration from Classic .Net to Integrated .Net mode, I knew the issue was environmental.
Turned out it was due the web.config being read only, as I used a source code management system that download as read only the files not checked out by the developers).
Removing the read only attribute from the web.config, fixed the issue.

Thursday 13 October 2011

Dennis MacAlistair Ritchie, 1941-2011

#include <stdio.h>
int main()
{
    printf("Godspeed, dmr\n");
    return 0;
}

Monday 10 October 2011

Re: sfrattati da trapani i bombardieri inglesi anti-gheddafi. meglio turisti e soldi.


@Jacopo Giliberto: con quel cognome da siciliano purosangue (precisamente siracusano, ma ce ne sono tanti anche nel trapanese) che ti ritrovi, mi sarei aspettato che ti documentassi maggiormente sulla vicenda prima di scrivere un articolo come questo.
La crisi libica e la relativa missione ha fatto danni all'economia della sicilia occidentale probabilmente per decine di milioni di Euro soltanto quest'anno (i 10 milioni di Euro che citi sono un contentino promesso dal governo di fronte ad una vera e propria rivolta popolare a Marzo, contentino che tra l'altro non è mai arrivato), e potenzialmente per centinaia di milioni di Euro negli anni a venire se perderanno la base Ryanair, una vicenda che è stata, ed è, gestita malissimo dal governo centrale (vatti a vedere i commenti dei vari ministri alla notizia della chiusura dell'aeroporto).Quando il governo decide di partecipare a delle guerre, il costo di queste guerre deve finire sulla testa di tutti i contribuenti, da Varese a Siracusa, da Trieste a Trapani, non soltanto ed esclusivamente ai contribuenti di Trapani (o peggio ancora, al 90-99% sui contribuenti di Trapani, ed al 1-10% sui contribuenti dei comuni che abbiano sedime aeroportuale, e 0% per tutti gli altri, ma chi le ha queste pensate?).
Invece di prendertela con gli imprenditori trapanesi (su Il Sole 24 Ore poi!), prova a chiedere un'intervista al Sig. Salvatore Ombra, il presidente di Airgest, e fatti raccontare come la vede lui. Poi magari contatta qualche giornalista locale, e fatti raccontare come la vede lui. Poi segui qualche altra pista (ce ne sono un bel po). Poi, dopo che ti sei informato, magari scrivi un bell'articolo, e ci informi.
Quello sarebbe giornalismo.

Sunday 9 October 2011

Correlazione tra rigidità della disciplina dei licenziamenti e precariato



A quanto pare ci sarebbe una querelle interna al PD, il cui responsabile del settore Economia e Lavoro (quindi un possibile candidato ad un ministero economico pesante se il PD dovesse tornare al goveno), tale Sig. Stefano Fassina, sarebbe tra quelli che non credono, basandosi su presunti dati ISTAT, alla correlazione tra rigidità della disciplina dei licenziamenti e precariato (e da quanto vedo mi pare siano in tanti a sostenere posizioni simili), ed il Sig. Pietro Ichino, il noto giuslavorista membro della direzione nazionale del PD.

Il Sig. Ichino pare abbia parzialmente risolto quantitativamente una parte della questione, e comunque gettato un po' di luce sul resto.

Citando in breve la parte maggiormente gravida di informazioni sul punto in oggetto:
"In via di primissima e del tutto provvisoria approssimazione, nell’ipotesi in cui tutte le società di capitali avessero più di 15 dipendenti e tutte le altre imprese ne avessero di meno, si potrebbe formulare questa affermazione: nelle imprese di piccole dimensioni dove non si applica l’articolo 18 dello Statuto lavora più di un terzo dei lavoratori subordinati italiani (esclusi i dipendenti pubblici) e meno di un quinto dei collaboratori autonomi in posizione di monocommittenza; nelle imprese di dimensioni maggiori lavorano meno di due terzi dei lavoratori subordinati italiani e più di quattro quinti dei collaboratori autonomi in posizione di monocommittenza. Il che non basta per considerare dimostrato che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una causa del maggior ricorso a forme di lavoro dipendente atipiche, ma ne costituisce certamente un pesante indizio."
Interessante scoprire come l’Istat collochi tra le “piccole imprese” anche tutte le “partite Iva”, anche le monocliente, ma soprattutto, che persone come il Sig. Fassina, che un giorno potremmo ritrovarci come Ministro dell'Economia o Ministro del Lavoro, prendano (o comunque suggeriscano) decisioni sulla linea politica senza avere a disposizione dati certi, quindi probabilmente su basi ideologiche!

Ad ogni modo è uno scandalo che ancora nel 2011 nella Repubblica Italiana non si possa avere un quadro chiarissimo e quantitativamente certo su un punto così importante.

Tuesday 4 October 2011

Tayyippuccio buon padre di famiglia ed il gas russo

Il codice civile italiano fa in diverse istanze riferimento ad una figura, quella del buon padre di famiglia, che è il modello a cui si devono ispirare coloro i quali amministrano i beni o i denari altrui.
Nel caso specifico in questione, per quanto di solito Tayyippuccio non mi faccia tutta questa simpatia a livello personale, non prorogare il contratto con Gazprom per questi 6 miliardi di metri cubi di gas sul gasdotto Occidentale, è esattamente quello che per me avrebbe dovuto fare un buon padre di famiglia.
Prorogare il contratto avrebbe implicato dover chiedere un maggior esborso ai cittadini turchi, un maggior esborso non richiesto da una domanda esistente, ma semplicemente per mantenere un eccesso di capacità a disposizione.
Non prorogando il contratto, il governo turco ha dimezzato l'eccesso di capacità a disposizione, più che dimezzando nel contempo gli aumenti ai consumatori finali.
Poi magari se Gazprom fa a BOTAŞ, o ad altri distributori turchi, lo stesso prezzo che si è riuscita a conquistare Edison, la Turchia questo contratto glielo rinnova pure per altri 5 anni, ma questo non cambia il fatto che in quello specifico contesto aumentare la capacità dei gasdotti provenienti dall'Iran e soprattutto da Azerbaijan e Turkmenistan, è in ogni caso l'altra cosa che un buon padre di famiglia dovrebbe fare comunque.
La ragione è proprio quella che ancora oggi, pur non avendo prorogato quel contratto, la Russia è di gran lunga il maggior fornitore di gas naturale della Turchia, e che mentre la Turchia può fare a meno singolarmente di qualsiasi altro fornitore, perché appunto la Russia potrebbe in qualsiasi momento aumentare la propria capacità di fornitura per coprirne la perdita, dall'altra parte ancora oggi la Turchia non può fare a meno della Russia.
No Russia, no gas, e probabilmente anche no elettricità.
Se non ci fossero altre possibilità, ci si potrebbe anche mettere il cuore in pace, ma la Turchia è circondata di paesi pieni di riserve di gas, per cui sarebbe criminale non dotarsi di capacità di trasporto da tutti i principali fornitori.
L'obiettivo strategico sul lungo periodo è probabilmente quello di trovarsi in una posizione da avere almeno 5 fornitori di pari livello (Russia, Iran, Azerbaijan & Turkmenistan, Iraq ed LPG) capaci ognuno di soddisfare interamente o quasi il fabbisogno attuale (o in 2 quello prevedibile), obiettivo chiaramente condivisibile.

Chi sono i fornitori di gas della Turchia?

Pare che BOTAŞ abbia 8 contratti in essere, 7 operativi, dei quali 2 per LPG (quindi via nave) con Algeria e Nigeria (che in totale coprono circa l'11% della capacità disponibile), e 6 per gasdotti, 3 dei quali con la Russia, uno con l'Iran e l'altro con l'Azerbaijan. Poi c'è l'ottavo contratto, trentennale, con il Turkmenistan, che però non è operativo perché al momento non ci sono gasdotti tra Turkmenistan e Turchia, o meglio, ci sono, ma passano dalla Russia, che chiaramente non ha al momento particolare interesse a trasportare gas turkmeno in Turchia.
Dei 3 contratti con la Russia, 2 insistevano sul gasdotto Occidentale, che è la diramazione balcanica del gasdotto Soyuz, ed è il gasdotto che approvvigiona primariamente Istanbul, ed 1 sul Blue Stream, che approvvigiona primariamente Ankara.
Uno dei 2 contratti, quello da 6 miliardi di metri cubi annui, sul gasdotto Occidentale scadeva nel 2012, ed è questo che non verrà rinnovato (quindi materialmente non è un annullamento!).
Il gasdotto Occidentale rimarrà comunque attivo per via dell'altro contratto, quello da 8 miliardi di metri cubi annui, che scadrà nel 2022, quindi tra Avcilar e Florya, costeggiando la lingua di terra tra il lago Küçükçekmece ed il Mar di Marmara, sentiremo ancora puzza di gas, almeno per qualche anno.
Il contratto rimanente, da ben 16 miliardi di metri cubi annui, è per il gas naturale che viaggia sul Blue Stream (la cui parte sottomarina fu costruita da Saipem, ricordo di aver visto passare dal Bosforo la grù galleggiante Saipem 7000), il quale scadrà a sua volta nel 2023.
Oltre a questi, il governo turco è un gran proponente del gasdotto Nabucco, che invece la Russia pare non volere assolutamente, perché non passa dalla Russia, e servirebbe quindi a trasportare primariamente il gas azero e soprattutto in prospettiva quello turkmeno, non certo il gas russo, in Turchia e nel resto d'Europa.

L'iperdipendenza turca dal gas russo

Fino a non molto tempo fa si continuava ancora a parlare di costruire nuovi gasdotti tra la Turchia e la Russia, ma questi progetti sono stati bloccati. In realtà ha comunque senso bloccare la costruzione di gasdotti, se al momento, ma anche in futuro, non servono alle varie controparti che dovrebbero sostenerne la costruzione.
Nella fattispecie, oggi infatti il problema della Turchia non è certo quello che gli manchino forniture di gas, o capacità di ottenerne più di quanto gliene arrivino, ma è quello di essere iperdipendente da un singolo fornitore, la Russia appunto.
Ulteriori gasdotti dalla Russia non farebbero altro che esacerbare questo problema.
La Turchia deve invece diversificare le fonti di approvvigionamento, e fortuna vuole che se ne trovi due ai confini, Azerbaijan e Iran, e quattro altri relativamente vicini (nel caso del Turkmenistan, anche culturalmente).
Nella fattispecie, la Russia è il primo paese per riserve di gas naturale, ma l'Iran è il secondo, il Qatar il terzo, il Turkmenistan il quarto, l'Arabia il quinto, l'Iraq è l'undicesimo (e sappiamo tutti che in Iraq ce n'è di più di quanto oggi sia provato) e l'Azerbaijan il quindicesimo (ed anche qui, c'è molto da esplorare ancora!).
Per mettere la cosa in prospettiva, in Azerbaijan ci sono riserve di gas naturale provate oltre 36 volte quelle italiane.
Quindi la Turchia, che è uno dei paesi al mondo con meno riserve proprie di gas, è circondato da una marea di potenziali fornitori.
Quello che il governo Turco deve fare, per non farsi potenzialmente strangolare dai Russi (e ripeto, potenzialmente, perché non è che fino ad oggi i Russi si siano comportati tutto fuorché che amichevolmente con i Turchi!), e far pagare i propri elettori il gas a peso d'oro (gas che in buona parte, per via della natura dei contratti, al giorno d'oggi materialmente non consuma nemmeno!), è diversificare le forniture.
Oggi quelle Russe pesano troppo, e di conseguenza costano troppo (anche contrattualmente), quindi bisogna sviluppare capacità sia con l'Iran, con il quale si dovrebbe mirare a raggiungere la parità con la capacità Russa, sia con il Turkmenistan e l'Azerbaijan, attraverso l'ormai celebre Nabucco.
La Russia in tutto questo non è detto che ci perda, anzi, quello che non vendono oggi lo potranno probabilmente vendere domani ad un prezzo anche maggiore, il problema potrebbe diventare quello è che con i Russi non basta parlare, bisogna saperci parlare, ma a farlo fino ad oggi il governo turco non è sembrato particolarmente incapace. Almeno fino ad oggi!

La Turchia ed il gas russo

In un'intervista per Anadolu Ajansı, l'altro jeri il ministro per l'Energia e le Risorse Naturali turco, il Sig. Taner Yıldız, ha annunciato che la Turchia non prorogherà uno dei tre contratti per l'importazione di gas naturale dalla Russia.
La Turchia ha contratti in essere per forniture di gas in sovrabbondanza, quindi pure non estendendo questo contratto, le rimane abbastanza capacità disponibile, perlopiù dalla Russia, per passare in tranquillità l'inverno, ed anche oltre.
Il nocciolo della questione è proprio quello che i contratti con la Russia, che è di gran lunga il maggior fornitore turco, sono praticamente tutti importa o paghi, e già l'anno scorso la Turchia ha materialmente importato poco più della metà del gas che avrebbe potuto importare dalla Russia (e quindi avrà pagato una gran bella penale, se i Russi non le hanno fatto lo sconto).
Se l'annullamento di questo contratto (pari a circa il 20% della fornitura russa verso la Turchia) non dovesse avere ripercussioni sul resto della fornitura, non ci dovrebbero essere problemi particolari dal punto di vista della disponibilità necessaria, anzi, la Turchia rimarrebbe con un bel po' di fornitura di riserva disponibile, dato che praticamente un altro 20% (sul totale del 2011) della fornitura russa totale rimarrebbe non utilizzato. 
I prezzi del gas naturale in Turchia vengono riportati attualmente in aumento di oltre il 14%, che però a ben vedere alla fine non è male, se non avessero infatti annullato quel contratto, probabilmente non sarebbe bastato un aumento del 14%, ce ne sarebbe stato bisogno di uno del 30% almeno, e per via della natura importa o paghi, sarebbe stato utilizzato semplicemente per garantirsi capacità, cosa che in questo momento non sembra particolarmente necessaria.
Per quanto riguarda la capacità iraniana al momento dovrebbe essere pari a meno del 25% della capacità russa, per cui ad oggi è impossibile annullare tutti i contratti con la Russia per spostarli con l'Iran. La Turchia ha chiaramente un problema di iperdipendenza verso la Russia, per cui la scelta logica, dovendo annullare qualche contratto di fornitura, era proprio quello di annullare il contratto russo, i Russi probabilmente lo capiranno e faranno buon viso a cattivo gioco, sperando di poter rivendere lo stesso gas più in là, fra qualche anno, magari ad un prezzo anche maggiore.

Sunday 2 October 2011

A demographic proposal to tackle the economic problems of the Italian Republic

In "Finding the tipping point - when sovereign debt turns bad", a recently published article by Mehmet Caner, Thomas Grennes and Fritzi Koehler-Geib, the authors empirical observations are suggesting that, once the public debt to GDP ratio exceeds 77% in a developed economy, such as the Italian Republic, for each percentage point above this limit a 0,017% growth in real GDP will be lost (that is, a 0.17% every 10% when the ratio goes over 77%). I personally find this estimate quite optimistic (although I think the real life it may not be so linear either), but let us take it as good.

What does it means for the taxpaying citizens of the Italian Republic (and all the taxpaying workers living there, their citizenships notwithstanding)?

The last time the debt to GDP ratio was below the limit of 77% Madonna was still recording Like a Virgin, and that was in the 1984.

Since 1984, each year the growth of the country was smaller than what could have been, as it is weighted down by its excessive debt. Computing all of this lost growth each year since 1985, the Italian Republic in 2009 had already lost more than 10% of potential GDP growth. The current salaries of the Italian taxpayers are therefore likely to be 10% lower than the level they might have reached if their country had been better managed.
 
Giving heed to Caner & co., the effect on individual wealth has been obviously even worst, at about 17.5% of lost wealth per capita; computing all of which for the period in question gives an eye watering 105% of current yearly GDP missing from the country total wealth!. In other words those people who worked from 1985 to 2009 have lost at least 2 if not 3 full years of salary (as not the entire population works at any given time), a potential wealth lost forever that nowadays they will not find anymore among their own savings or investments, where should have been, and, by the way, they are even the lucky ones, because the depressive effects worsens with the passing time, so those who started and are starting to work later than 1985 have increasingly lower wages than whose that should and could have been, and they will eventually find themselves loosing more than 3 whole years of salary, if not much more. Whoever follows the italian job market, should be able to confirm that this effects are already all too obvious.

All of the above without even having started to note that much of that additional debt which raised the ratio above the 77% level has been wasted for inefficient or generational iniquitous or outright stupid expenses, such as the so called "baby pensions" (in 70s or 80s some workers were able to retire in their 30s) or "the costs of politics" (all corruptions and grease you may imagine) or unsustainable pension schemes.
 
The Bank of Italy let us know that in June 2011 a new public debt record has been set, a staggering 1902 billion euros, probably more than 120% of GDP. In this late summer of 2011 it seems that nobody want to buy more bonds issued and guaranteed by the Italian Republic,  the markets are clearly having a crisis of confidence on the country and especially its government, and probably over all its entire political class. This crisis unfortunately surprises only because did not occurred well earlier. To gain some time the ECB was forced, reluctantly, to intervene to buy large quantities of italian bonds, in exchange so far merely of a few promises from the Italian government.
 
The Italian government must now decide which fiscal and structural reforms to enact to attempt to heal the country economy, with the aim of reducing the public debt as soon as possible while, however, encouraging growth, at the very same time.
If it keeps going as it started, this is all virtually hopeless.
 
Some italian economists have been giving good advises for a long time, unheeded. Also this time, among the first reactions to the crisis of confidence, on the NoiseFromAmerika, a blog created by some italian economists working in US, Michele Boldrin is suggesting to change the government immediately, to reduce the wages of a subset of public employees, to delete the so-called federalist reform in its current form, to introduce a new pension reform to compress the pension expenses to 10% of GDP in a very few years, to privatize various state holdings, and obviously to start some liberalization and deregulation, while another author, Francesco Forti, is proposing a reform of the universal health care system, suggesting to improve the efficiency and effectiveness of that sector as well.
 
We could also write down far more extreme proposals, such as try to get back some dimes from the most blatant wastes (did you retire at 30? do you get a lifelong annuity because you were an MP for one day? Let's tax you to get back hard worked taxpayers money, mortgaging all of your properties, up to the amount due), but would it solve all, or at least a substantial part of the country's problems? No.
 
No, and not because I believe that these proposals may not be desirable, indeed I do, and not because I do not think that those proposals may well help to swing the trend towards this more or less imaginary limit of 77%, or whatever other magic number, reaching which the country would return to work better and to create more wealth, and nor for many other reasons, but simply because I think that unfortunately the main obstacle for the growth of the country, for thirty years now, has been its demographic structure, and the total inability of the political class, and in general of all of its leadership, to try to mitigate its effects.
 
The population pyramid, well nowadays clearly just the age structure diagram, of the country is shown in this chart, courtesy of Wikipedia, based on data from ISTAT, the italian national institute of statics:
 
 
From the graph it is clear that forty-five years ago there was an epochal demographic change, the birth rate collapsed suddenly, and then halved in two decades, transforming what was a country with a growing population in a country in heavy demographic decline, a decline that was arrested twenty years ago, but unfortunately the ruling classes did not foresight such change and neither they did manage that effectively even in hindsight.
 
For thirty years now, ever since the nefarious effects of this lack of  foresight began to be felt, it was all a scramble to put patches on patches, to try to revive a system that was built and thought out for a very different demographic structure. These measures, implemented gradually, would have probably been sufficient if the demographic stabilization had occurred forty years ago, but once the demographic stabilization occurred only twenty years ago, these policies were not enough, and I doubt these would have been sufficient even if instead of the Italians we would have seen the Germans or the Swiss struggling with those issues (I admit that the likelihood would have been greater!). Whatever the italian government will try to achieve today, this demographic issue will still be there, that bulge between 35 and 49 will not go away, a swelling with which the Italian Republic will have to deal for the next 40 years at least .
 
What can they do? Continue to put patches? It seems obvious, to me at least, that the only possible solution is to radically intervene on the demographic structure of the country, artificially reducing the decline in the under 35 age groups. How? "Importing" people, specially over 21, preferably graduates from countries that have the opposite problem than the Italian Republic, that is, they're still in a phase of pronounced population growth (and they would be spoiled for choice, with Morocco, Turkey, Egypt, Mexico, Iran, Brazil, India, almost all African countries, and so on).
 
Here's how I would like to see transformed the age structure diagram of the Italian Republic by the end of 2012 :
 
 
To achieve this, at the same time of all the reforms proposed by Michele Boldrin, to amplify their effects, it would be enough to "import" 2.4 million immigrants next year, half men and half women, in the following age groups:
300 000 in the age class 30-34
900 000 in the age class 25-29
1.2 million in the age class 21-24
In subsequent years, when the positive economic effects on public finances will start to be felt, the public debt should be decreased as quickly as possible, but at the same time the birth rate of the residents should be boosted, improving the benefits available for parents, and immigration should continue to be stimulated, clearly at a lower intensity, but with better demographic foresight, with the aim to achieve a stabilization of the age structure in twenty years at most.
 
There are risks to apply such a sudden demographic shock, no doubt, and those risks should be assessed and if required mitigated, for example, and just to give an example, it might make sense to start implementing the health insurance reforms proposed by Francesco Fort starting with these immigrants: "are you a graduate? are you in the age group we're interested in? If you pay the health insurance, you can get a work permit!" (which probably would cost less to the wannabe migrant than the current cost of getting hold of a visa by corruption or even of being smuggled illegally in the countrty)
 
Once assessed all the risks, and mitigated those to the maximum possible level, this is the best way to solve the problems of the country.
 
In the absence of such a policy to correct the country demographic imbalances, anyone who take a look at the chart above, should realize that for everyone under 45 who is currently residing in the Italian Republic, the future promises, and only allows, very bleak and stormy nights.

Tuesday 23 August 2011

Windows Installer reference counting implementation on the registry

The old reference counting strategy was using the SharedDlls key:

HKEY_LOCAL_MACHINE\SOFTWARE\Microsoft\Windows\CurrentVersion\SharedDlls

This is legacy, for many good reasons.
But where is the new reference counting strategy implemented?
The "new", in quote because it has been around for a while nowadays, Windows Installer way is implemented under a different registry key:

HKEY_LOCAL_MACHINE\SOFTWARE\Microsoft\Windows\CurrentVersion\Installer\UserData

where the key S-1-5-18 is for per applications installed machine-wide, while the eventual other SIDs are for the user applications.

Sunday 21 August 2011

I conti titoli esentasse per i residenti nel Regno Unito

Nel Regno Unito il governo britannico concede ai propri residenti di investire fino a £10680 annui in speciali conti esentasse, gli Individual Savings Account, popolarmente conosciuti con l'acronimo ISA.

Esistono al momento due tipologie di conti ISA, quelli assimilabili a conti di risparmio esentasse, i cosiddetti Cash ISA, e quelli assimilabili a conti titoli esentasse, i cosiddetti Stock and Share ISA.

Da rimarcare che esentasse in questo contesto è riferito sia all'income tax che alla capital gain tax, ma non alla stamp duty dello 0.5%, la Tobin tax britannica dovuta dagli investitori finali su ogni transazione azionaria sui listini britannici, mentre, dato che gli ISA sono uno strumento britannico, non è possibile reclamare indietro eventuali ritenute pretese da amministrazioni straniere (i.e. il 15% sui capital gain ed i dividendi statunitensi), ed anche che ovviamente non è possibile utilizzare le eventuali minusvalenze per compensare eventuali profitti entro o fuori ISA.

Mentre per i Cash ISA il limite massimo correntemente investibile in un dato anno fiscale, che nel Regno Unito va dal 6 Aprile al 5 Aprile dell'anno successivo, è di £5340, gli Stock and Share ISA permettono di investire annualmente fino al massimo consentito per questa tipologia di conti, correntemente £10680.

In un dato anno fiscale è anche possibile investire parzialmente in entrambe le tipologie di conti ISA, ad esempio è possibile investire £5340 in un Cash ISA e £5340 in un S&S ISA, l'importante è che comunque non si oltrepassi il limite massimo annuo di £10680.

Ogni anno fiscale si può quindi investire in un massimo di 2 conti, uno Cash e l'altro S&S, anche di fornitori differenti.

Nel conto titolo esentasse ISA S&S si può investire in una varietà di strumenti, non solo azioni, ma anche obbligazioni, fondi ed altri tipi di investimenti, ma la tipologia di investimenti è strettamente regolata dall'HMRC. Ad esempio, è possibile tenere liquidi soltanto in conti in GBP, anche quando si investe in borse d'oltremare, per cui bisogna cercare un fornitore non troppo esoso con le conversioni valutarie, e non si può investire in azioni di tutte le borse del pianeta, ma soltanto in quelle ufficialmente riconosciute dall'HMRC, ad esempio il listino principale di Milano lo è, ma non quello di Istanbul, e per quanto possa sembrare strano, non lo è nemmeno il listino AIM della LSE. Questo si riflette anche sull'investibilità nei cosiddetti ADR o CDR, ad esempio è teoricamente (bisogna trovare il fornitore che lo permetta) possibile investire sull'ADR di ENI al NYSE, ma non sull'ADR di Turkcell nello stesso listino, perché la quotazione primaria dell'ENI è in un listino "riconosciuto", mentre quella di Turkcell al momento no.

Come ci si poteva aspettarre i conti ISA molto popolari tra i residenti nel Regno Unito, ad esempio nel 2010/11 sono stati sottoscritti oltre 15,3 milioni di nuovi conti ISA, di cui 3,4 milioni S&S. In totale, i fornitori di conti ISA gestiscono al momento oltre 53,7 milioni di conti ISA, di cui 15,7 milioni S&S.

Dato che la sottoscrizione è rinnovabile anno dopo anno, vi sono almeno 647 mila investitori che sono riusciti ad accumulare più di £100.000 nei propri conti ISA.

Il valore totale di mercato di tutti gli investimenti in conti ISA alla fine dell'anno fiscale 2009/10 era di £349 miliardi, suddiviso praticamente fifty fifty tra conti Cash ISA e S&S ISA.

Riferimenti:

Tuesday 16 August 2011

Proposta demografica per risolvere i problemi economici della Repubblica Italiana

In un articolo recentemente pubblicato da Mehmet Caner, Thomas Grennes e Fritzi Koehler-Geib ed intitolato “Finding the tipping point — when sovereign debt turns bad“, viene suggerito da osservazioni empiriche che per i paesi economicamente sviluppati, come la Repubblica Italiana, una volta che il rapporto tra il debito pubblico ed il PIL supera il 77%, per ogni punto percentuale oltre questo limite si perde lo 0.017% di crescita reale di PIL (o meglio uno 0.17% ogni 10% di debito oltre il 77%). Io personalmente trovo questa stima abbastanza ottimistica (anche se penso che probabilmente nella realtà non è poi così lineare), ma prendiamola per buona.
Che significa per i cittadini contribuenti della Repubblica Italiana (ed ivi residenti e lavoranti)?

L’ultima volta che il debito pubblico è rimasto sotto il limite del 77% passava l’anno 1984.

Dal 1984 ad oggi ogni singolo anno la crescita del sistema paese è stata inferiore a quella che sarebbe potuta essere, zavorrata da questo debito pubblico eccessivo. Totalizzando la crescita persa anno per anno a partire dal 1985, la Repubblica Italiana nel 2009 ha perso oltre il 10% di crescita potenziale di PIL. Gli stipendi attuali degli Italiani sono quindi probabilmente inferiori di circa il 10% a quelli che sarebbero potuti diventare se il debito fosse stato gestito meglio.

Dando retta a Caner & co., l’effetto a livello patrimoniale è ovviamente anche maggiore, circa il 17.5% del patrimonio pro capite (o se paragonato al PIL annuo, circa un 105%). In parole povere chi ha lavorato dal 1985 al 2009 ha perso almeno 2 se non 3 anni interi di stipendio (non tutta la popolazione lavora) che a quest’ora si ritroverebbe tra i suoi risparmi o investimenti, e tra l’altro gli è finita pure bene, perché l’effetto contrattivo peggiora con il tempo, per cui chi ha iniziato a lavorare dopo avrà sempre più minori retribuzioni rispetto a quelle che avrebbe potuto avere ed alla fine si ritroverà senza intere annate di stipendio. Tra l’altro dovrebbe proprio essere abbastanza evidente questo effetto oramai, no?
Tutto questo senza avere nemmeno iniziato il discorso sul fatto che buona parte di quel debito supplementare al 77% è stato creato per fare spese stupide e/o inefficienti e/o generazionalmente inique come le baby pensioni o “i costi della politica” o le pensioni retributive.
La Banca d’Italia ci informa ora che a Giugno del 2011 è stato stabilito il nuovo record assoluto del debito pubblico, pari a quel punto a poco meno di 1902 miliardi di Euro, ormai probabilmente oltre il 120% del PIL del paese. Oggi, ad Agosto 2011, fino a qualche giorno fa sembrava che nessuno volesse più comprare i titoli di stato emessi e garantiti dalla Repubblica Italiana, una crisi di confidenza da parte dei mercati, sul paese e soprattutto sul governo, e probabilmente un po’ tutta la classe politica, che sorprende purtroppo soltanto per non essere avvenuta ben prima di oggi, tant’è che la BCE si è trovata costretta, suo malgrado, a dover intervenire per acquistarne grandi quantitativi, in cambio per ora di semplici promesse da parte del governo Italiano.
Il governo Italiano deve ora decidere a quali riforme fiscali e strutturali affidare il tentativo di risanare il paese, con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico il prima possibile, incentivando comunque la crescita.

Se il buon giorno si vede dal mattino, è un’impresa praticamente disperata.

Tra le prime reazioni, su NoiseFromAmerika il buon Michele Boldrin suggerisce di cambiare immediatamente governo, ridurre le retribuzioni di un sottoinsieme dei dipendenti pubblici, cancellare la riforma federalista nella sua forma attuale, introdurre una nuova riforma pensionistica per comprimere la spesa pensionistica al 10% del PIL in un tot d’anni, privatizzare svariate partecipate statali, e liberalizzare, mentre la proposta di riforma della sanità del buon Francesco Forti suggerisce se non sia anche il caso di andare a vedere se si può migliorare l’efficienza e l’efficacia di quel settore.

Si potrebbero fare anche proposte ben più estreme, come ipertassare i diritti acquisiti immeritatamente (sei un baby pensionato da quando avevi 30 anni? Ricevi un vitalizio perché hai fatto un giorno da parlamentare? Beccati questa megatassa che ti parifica al regime contributivo, ipotecandoti automaticamente tutte le proprietà, fino al pagamento del dovuto), ma si risolverebbero tutti, o comunque una parte notevole dei problemi del paese? No
No, non perché io ritenga che le proposte di cui sopra non siano desiderabili, anzi, e nemmeno perché io non pensi che possano aiutare a ritornare più o meno velocemente a questo fantomatico limite del 77%, o quello che sia, a partire dal quale il sistema paese ritornerebbe a funzionare meglio ed a creare più ricchezza, e nemmeno per tante altre ragioni, ma semplicemente perché ritengo che purtroppo il principale ostacolo alla crescita del paese, da un trentennio a questa parte, è la sua struttura demografica, e la totale incapacità della classe politica e dirigente a cercare di mitigarne gli effetti.

La piramide demografica del paese è mostrata da questo grafico, basato su dati ISTAT, cortesia di Wikipedia:


Dal grafico si evince chiaramente che quarantacinque anni fa improvvisamente c’è stato un cambiamento demografico epocale, il tasso di natalità è crollato improvvisamente, in vent’anni si è dimezzato, trasformando quello che era un paese in espansione demografica in un paese in pesante contrazione demografica, contrazione che si è sì fortunatamente arrestata una ventina di anni fa, ma che non è stata purtroppo né preventivata né soprattutto gestita in maniera efficace dalle classi dirigenti.
Da trent’anni a questa parte, da quando cioé gli effetti deleteri di questa mancata stabilizzazione si sono iniziati a far sentire, è stato tutto un affannarsi a mettere pezze su pezze, per cercare di rimettere in moto un sistema che era stato costruito e congegnato per una ben diversa struttura demografica. Le misure via via implementate sarebbero probabilmente state sufficienti se la stabilizzazione demografica fosse avvenuta quarant’anni fa, ma una volta che la stabilizzazione demografica è avvenuta soltanto vent’anni fa, non sono state sufficienti, e dubito sarebbero state sufficienti neppure se al posto degli Italiani ci fossero stati gli Svizzeri o i Tedeschi (ammetto che probabilmente ci sarebbero state più possibilità!). Qualsiasi cosa si faccia oggi, il problema rimane sempre lì, ed è quel rigonfiamento tra i 35 ed i 49, rigonfiamento con cui bisognerà fare i conti almeno per i prossimi 40 anni.

Cosa si può fare? Continuare a mettere pezze? A me pare ovvio che l’unica soluzione possibile sia quella di intervenire radicalmente sulla struttura demografica del paese, attenuando artificialmente la contrazione delle classi di età under 35. Come? Importando persone, specificamente over 21, preferibilmente laureati, da paesi che abbiano il problema opposto rispetto alla Repubblica Italiana, cioé che si trovino ancora in una fase pronunciata di espansione demografica (e c’è soltanto l’imbarazzo della scelta, Marocco, Turchia, Egitto, Messico, Iran, Brasile, India, quasi tutti i paesi Africani, e così via).

Ecco come vorrei venisse trasformata entro la fine del 2012 la piramide demografica della Repubblica Italiana:


Per raggiungere questo scopo, in contemporanea a tutte le riforme proposte da Michele Boldrin per amplificarne gli effetti, basterebbe importare il prossimo anno 2,4 milioni di immigrati, metà uomini metà donne, nelle seguenti fasce d’età:
  • 300 mila nella classe 30-34
  • 900 mila nella classe 25-29
  • 1,2 milioni nella classe 21-24

Negli anni successivi, con i consequenti effetti economici positivi sui conti pubblici, andrebbe sì diminuito il debito pubblico, ma al contempo andrebbe incentivato il tasso di natalità dei residenti, migliorando le prestazioni a favore dei genitori, e bisognerebbe continuare ad incentivare l’immigrazione, in maniera meno intensa chiaramente, ma programmandola dal punto di vista demografico, con l’obiettivo di arrivare ad una stabilizzazione della piramide demografica in una ventina d’anni.

Ci sono dei rischi ad applicare un tale shock demografico improvviso, non c’è dubbio, ed andrebbero valutati e nel caso mitigati, ad esempio, e soltanto per fare un esempio, potrebbe avere senso iniziare ad applicare la riforma sanitaria assicurativa proposta da Francesco Forti proprio a questi immigrati: “sei laureato? sei nella classe d’età che ci interessa? Se ti paghi l’assicurazione sanitaria, puoi ottenere un permesso di lavoro!” (che poi probabilmente gli costerebbe meno di quanto costi ora ottenerne uno con la corruzione o addirittura farsi trasportare dagli scafisti)

Una volta valutati tutti i rischi, e mitigati per quanto possibile, questa è la strada maestra per risolvere i problemi del paese.

In mancanza di una tale politica di correzione degli squilibri demografici, chiunque dia un’occhiata al grafico sopra, dovrebbe rendersi conto che per tutti gli under 45 residenti nella Repubblica Italiana, il futuro promette e permette soltanto tregende.

Thursday 14 April 2011

Re: Veli e Polemiche

[in risposta a Veli e Polemiche di Marta Ottaviani]

Cara Marta,
probabilmente abbiamo fonti molto diverse, perché a me l'avevano raccontata in modo molto differente, ed ad un primo sguardo ai giornali Turchi, mi sembra confermino le mie fonti.
La figlia di Tayyippuccio, che si chiama Sümeyye, non Sürreyya, è andata a teatro con un nutrito gruppo di persone, tra cui se non ho capito male anche la cognata, a vedere una performance che conteneva alcuni momenti abbastanza "spinti". Tra l'altro non era una Prima, per cui si sapeva della presenza di questi momenti. Proprio nel momento in cui gli attori erano impegnati nei momenti "spinti", sembra che la Signorina si sia alzata, insieme ad altre 150 persone, e se ne siano andati tutti, lasciando sbigottiti non soltanto il resto degli spettatori, ma anche gli attori, che possibilmente non avevano idea di chi fosse.
Leggevo che la Signorina, o chi per lei, si sarebbe giustificata affermando che uno degli attori, impegnato in un momento "spinto", le avrebbe fatto l'occhiolino.
Per come la vedo io, non è impossibile pensare che si possa essere trattato di un incidente programmato ed organizzato. A quanto pare infatti buona parte delle 150 persone che se ne sono andate erano cadetti di una scuola di polizia. A me pare proprio sia possibile che si tratti di un incidente creato appositamente dalla fervida immaginazione di qualche spin doctor, preparato a tavolino, con la partecipazione probabilmente obbligata di un gruppo di "non plaudite cives".
Electiones propinqui sunt!

P.S.:
Fonti in Inglese:

A quanto pare la fonte originale in Turco potrebbe essere Radikal.


Monday 28 March 2011

Chi "accoglie" ed "assiste" i migranti irregolari?

Chi "accoglie" ed "assiste" i migranti irregolari nella Repubblica Italiana?

Il sito del Ministero dell'Interno descrive i tre tipi di strutture che ufficialmente sono preposti ad accogliere ed assistere i migranti irregolari:
  • CARA (Centri di accoglienza richiedenti asilo)
  • CDA (Centri di accoglienza)
  • CIE (Centri di identificazione ed espulsione)
Nella pagina intitolata I Centri dell'Immigrazione il Ministero fornisce anche l'ubicazione e le capienze di questi centri.

Consolidando questi dati per provincia e rapportandoli alla popolazione ufficialmente residente, questi sono i risultati:
Provincia Posti Quota su Pop Popolazione
Agrigento 1004 0.2209% 454593
Bari 1190 0.0949% 1254461
Bologna 95 0.0097% 984342
Brindisi 211 0.0523% 403096
Cagliari 220 0.0392% 561080
Caltanissetta 552 0.2029% 272052
Catanzaro 75 0.0204% 368219
Crotone 1358 0.7813% 173812
Foggia 914 0.1426% 640891
Gorizia 386 0.2706% 142627
Milano 132 0.0042% 3123205
Modena 60 0.0086% 694579
Roma 364 0.0088% 4154684
Torino 204 0.0089% 2297598
Trapani 888 0.2035% 436283
Resto 0 0.0000% 44378806
Totale 7653 0.0127% 60340328
I dati sulla pagina in questione ovviamente non sembrano tenere conto della situazione corrente a Lampedusa, dove da qualche giorno i migranti irregolari temporaneamente "accolti" ed "assistiti" hanno superato la popolazione residente.

Se nonostante ciò li prendessimo comunque per buoni dovremmo dedurne che almeno fino ad oggi il governo Italiano avrebbe deciso di "accogliere" ed "assistere" i migranti irregolari in una zona piuttosto ristretta del territorio della Repubblica.

Dopo Lampedusa, che parrebbe essere l'unica località che "ospiti" questi centri in provincia di Agrigento, in ordine decrescente del tasso di migranti irregolari "assistiti" ed "accolti" in questi centri rispetto alla popolazione residente, troveremmo le province di Crotone, Gorizia, Trapani, Caltanissetta e Foggia.

Tranne Gorizia, tutte le altre province più "accoglienti" ed "ospitali" sono a sud del Po, a sud dell'Arno, a sud del Tevere, a sud del Liri.

Tre su sei sono in Sicilia.

In ben 95 province non ci sono né CARA, né CDA né CIE.

Thursday 17 February 2011

How to defragment the System Volume Information folder

How to defragment the System Volume Information folder?
We may use Mark Russinovich's Contig, one of the utilities in the Windows Sysinternals suite.
We have to start a Command Prompt as Local System, in example as described here, and then run:

contig -v -s "c:\System Volume Information"

P.S: I just discovered Mark wrote a book, Zero Day, now that is a promising reading :)

Tuesday 15 February 2011

Where is Orca?

You have got the Windows SDK (in my case Windows 7 and .NET Framework 3.5 SP1), and you are looking for Orca, where is that?

Mount the ISO (in my case the x64 version, GRMSDKX_EN_DVD.iso), or explore that with some tool (in my case 7zip x64 9.20, which you will have to use in every chance), drill to Setup\WinSDKTools_amd64\cab1.cab, you will see a WinSDK_Orca_Msi_5E20C107_DAA3_4D49_AFAE_7FB2594F0CDC_amd64 file, extract that, rename it to orca.msi, and that's it.

Monday 7 February 2011

Risposta a chi si lamenta della mancata riduzione del numero dei parlamentari Siciliani

In risposta a:

Il Sig. Marrocco ha fatto benissimo a dare parere negativo a quella demagogica proposta di legge.

Il numero dei Parlamentari, ed anche i loro stipendi, non sono per nulla un problema, questo non è altro che uno specchietto per le allodole, pura demagogia, il problema non è avere 90 o 70 deputati, non cambia nulla, io ne pagherei 1000, se invece di fare i propri porci comodi favorendo interessi stranieri, facessero tutti gli interessi dei Siciliani.

La Sig.ra Anello su La Stampa non ha considerato che il Parlamento siciliano non è un consiglio regionale, ha ben maggiori competenze, è abbastanza ovvio che servirebbe un maggior numero di parlamentari per poterle esercitare appieno.

Sono invece d’accordo che 19400 lordi euro al mese, pur non essendo un vero problema (sono ben altri gli sprechi della politica), siano troppi rispetto alla qualità storica dei Parlamenti siciliani, anche se quest’ultimo è chiaramente qualitativamente migliore della media, e vedrei con favore una riforma delle retribuzioni dei Parlamentari Siciliani, sì da renderla in qualche modo proporzionale al reddito medio dei cittadini Siciliani, a mo di incentivo.

Tutto questo senza neanche contare che sarebbe una gran presa in giro per gli abitanti della provincia di Trapani, di cui il Sig. Marrocco è rappresentante, di poter contare soltanto su 5 Parlamentari, già 7 sono troppo pochi …

Tuesday 25 January 2011

Rakı

Rakı è il nome con il quale i Turchi chiamano la grappa aromatizzata tradizionalmente con l'anice, ma più recentemente, per motivi economici, con la badiana, cioé l'anice stellato.
2013-07-19-2921
A volte alcuni produttori, sempre con l'ottica di ricavare maggiori margini, spesso a discapito della qualità, usano qualsiasi fonte a buon mercato di anetolo, che è il composto aromatico che dona al rakı il suo specifico sapore.
L'acquavite per il rakı viene tradizionalmente distillata, perlopiù nella zona di Tekirdağ, dalla vinaccia, come per la grappa, e nella zona di Smirne anche dai fichi, ma dalla recente liberalizzazione del mercato turco alcuni produttori hanno iniziato a proporre anche altro (riso, mais, patate, ...).
Usualmente il raki è venduto con un contenuto alcolico del 40% vol, ma i Turchi lo bevono usualmente mescolandolo 50/50 (o 60/40) con l'acqua fredda. Per svariate ragioni è preferibile non esagerarne il consumo.
Posso portare al proposito un aneddoto personale: diversi anni fa un mio parente me ne offrì almeno sei bicchieri secchi di seguito (senza acqua!), e dopo questo fatidico sesto bicchiere l'unica cosa che ricordo è che abbastanza magicamente mi ritrovai al mattino sul mio letto, ma successivamente mi mostrarono un video che provava senza ombra di dubbio che ero rimasto sveglio e piuttosto attivo per diverse ore, di cui però non serbavo alcun ricordo, per cui è generalmente meglio non approfittarne e mescolarlo con l'acqua.
L'acquavite non aromatizzata, che i Turchi chiamano Suma, è più difficile da trovare, ma non impossibile. L'ούζο è la stessa identica bevanda, ed anche nell'Hellade si trovano sia la versione con lo zammù, che è il termine siciliano per anice, sia quella senza. A Χίος ne fanno una versione aromatizzata con la resina del lentisco, la μαστίχα, che con un po di impegno si riesce a comprare anche ad Istanbul (ad esempio a Santo Stefano/Yeşilköy).
L'Anice Unico dei Tutone fatto a Palermo è un rakı di altissima qualità, ed è probabilmente il migliore che ci sia in giro, e d'altronde ci sarà un qualche valido motivo per cui i Tutone lo vendono da 200 anni, ma se uno vuole provarlo come i Turchi o gli Helleni, bisogna ricordarsi che è al 60% vol, per cui va bevuto 33/67.
Usare rakı o ούζο per fare l'acqua è zammù alla Siciliana è invece meno consigliabile, appunto perché il risultato è abbastanza monodimensionale paragonato a quello che si ottiene con quello dei Tutone.
Esperimenti di degustazione alla cieca che ho condotto personalmente per diversi anni tra consumatori di rakı turchi fino ad oggi mi hanno sempre dato uno stesso risultato: gli uomini turchi preferiscono di gran lunga il rakı turco (100%-0%), mentre le donne turche mostrano una spiccata predilezione per l'Anice Unico dei Tutone (20%-80%).
Per finire, rakı viene da una parola araba, araq (عرق), che significa bene o male "distillato" (più precisamente "perspirato" o "sudato"), e che indica bene o male lo stesso liquore nel Levante (Libano, Siria, ..). L'Araq è più simile all'anice siciliano, di cui è probabilmente il diretto progenitore, così come del rakı o dell'ούζο, ed essendo anch'esso 60% vol, andrà bevuto mescolato 33/67.