Friday 24 November 2017

Lettera aperta sulla mancata erogazione da parte dello stato del gettito della addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili

Al Sig. Commissario straordinario del comune di Trapani,
Al Sig. Sindaco del comune di Marsala,
A chi di competenza,
E per conoscenza alle redazioni di TP24.it, Itaca Notizie, Il Locale News, Telesud, Trapani OK, Social TP e Il Mattino di Sicilia.

Con la presente lettera aperta si chiede se le amministrazioni dei comuni di Trapani e di Marsala abbiano in corso delle azioni volte a comprendere le ragioni del perché lo stato distribuisca al comune di Trapani molto meno di quanto apparentemente suggerisca la normativa corrente e passata sulla addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili, e per quale motivo pare che nulla sia mai stato distribuito al comune di Marsala.

In dettaglio, l’art. 2, comma 11 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 ha istituito dal 1° gennaio 2004 l’addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili. La norma é stata piú volte modificata, generalmente per incrementare l'importo di tale addizionale, a volte, in tempi recenti, per bloccare in maniera temporanea alcuni incrementi.

Quello che non é stato modificato é il fatto che la norma ha sempre previsto una ripartizione, pur marginale, del gettito a favore dei comuni sede del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti. Nella fattispecie, i due comuni interessati per quanto riguarda l'aeroporto di Trapani Birgi sono appunto quelli di Trapani e di Marsala.

Il problema é che visionando i comunicati tramite i quali il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno ha comunicato negli ultimi 13 anni gli importi corrisposti ai comuni destinatari (http://finanzalocale.interno.it/docum/comunicati/), tali importi sono generalmente molto inferiori a quelli che si potrebbe attendere chiunque analizzasse la lettera delle normi corrispondenti. Tra l'altro, inspiegabilmente, dalla lettura dei comunicati pare che il ministero abbia dimenticato di ripartire il gettito spettante al comune di Marsala per 13 anni di seguito.

A titolo di esempio, nel 2014 all'aeroporto di Trapani Birgi secondo una comprensione letterale della norma sarebbero dovuti toccare oltre 186 mila Euro. Ipotizzando che il sedime di Birgi sia ripartito al 75% nel territorio di Trapani e al 25% nel territorio di Marsala, sarebbero dovuti arrivare circa 140 mila Euro a Trapani e circa 46 mila a Marsala. In realtà pare siano arrivati soltanto 44 mila Euro al solo comune di Trapani, e niente a Marsala. La differenza é di 96 mila Euro mancanti per Trapani e 44 mila Euro mancanti per Marsala, questo per un solo anno su 13.

Questa storia va avanti dal 2005, e venne segnalata, principalmente per quanto riguarda il caso di Marsala, con un articolo del 2013 su TP24.it (http://www.tp24.it/2013/12/23/economia/aeroporto-di-birgi-la-tassa-d-imbarco-comunale-arriva-o-non-arriva-a-marsala/79985), ma ad oggi non risulta almeno pubblicamente che né il comune di Trapani né quello di Marsala pare abbiano fatto alcun passo per cercare di capire perché lo stato non mandi quanto dovrebbe spettare ai due comuni.

Facciamo notare che il problema é stato osservato e sollevato negli anni da più parti. L'ANCI ha preparato un documento intitolato "ANCI - Richiesta di intervento sull'Addizionale comunale sui diritti d’imbarco passeggeri", presentato alla conferenza stato-città del 14 aprile 2016, in cui viene evidenziato lo stesso identico problema, ovviamente non soltanto per Trapani e Marsala ma anche per tutti gli altri comuni sedi di sedime aeroportuale.

Il documento dell'ANCI (pubblicamente consultabile su http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/REV_odg%20addizionale%20aeroporti%20stato%20citta%2014%20aprile%202016.docx) é ricco di riferimento normativi e presenta dei calcoli che sostanzialmente confermano in pieno l'esempio portato precedentemente.

Cordiali saluti,
Alessandro Riolo e Luca Sciacchitano

Thursday 9 November 2017

Una tragedia trapanese: la perdita delle banche

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Un post di Giovanni De Santis mi ha ricordato un evento, la mia piccola testimonianza personale su quella che storicamente rimarrà come una delle più grandi tragedie che abbiano mai colpito Trapani, lo spostamento delle sedi centrali delle banche trapanesi.

Fino ad una quindicina di anni fa lavoravo a Palermo, anzi a Monreale, ed il mio datore di lavoro dell'epoca, o comunque il ragioniere, insisteva perché mi facessi un conto con una banca, Banca Nuova, con la quale avevano una convenzione. Un bel giorno decido di farlo contento, e vado all'appuntamento per aprire il conto, e mentre aspetto, mi metto a leggere un foglio che era praticamente una rivista aziendale della BPVi, la Banca Popolare di Vicenza, che aveva da poco acquistato Banca Nuova.

In tale rivista l'articolo principale spiegava ai dipendenti del gruppo la strategia alla base dell'acquisizione della Banca del Popolo di Trapani in questi termini: la BPT aveva una grande capacità di raccolta del risparmio, risparmio che grazie all'acquisizione sarebbe stato convogliato nel nord est, per finanziarne lo sviluppo imprenditoriale.

La BPT era storicamente insieme alla Sicilcassa una banca sistemica per lo sviluppo economico ed imprenditoriale della Sicilia Occidentale. Avendo tale comunità da poco perso la Sicilcassa, per ragioni che all'epoca potevano apparire magari sensate, molto meno oggi, dopo che molte banche di altre parti del paese non hanno ricevuto lo stesso trattamento pur versando in ben peggiori condizioni, non mi ci volle molto ad arrivare alla conclusione che trasformare la BPT da un volano al servizio dell'economia locale ad un collettore di risparmi che poi sarebbero stati investiti altrove avrebbe frenato non poco lo sviluppo della Sicilia Occidentale.

Non volendo essere un complice di tale crimine, decisi di non aprire il conto.

In generale, l'acquisizione della BPT da parte della BPVi rientrava chiaramente nella strategia di concentrazione del sistema creditizio perseguita all'epoca dalla banca d'Italia.
Nello specifico, la storia in questione, da quanto reso pubblico fino ad oggi, io l'ho capita così: i vertici di BPVi pare fossero interessati ad acquistare Sicilcassa, ma qualcun altro l'aveva già promessa ad altri. Una parte del team che curò la fusione di Sicilcassa con il BdS sarebbe venuto a sapere dell'interessamento, e sarebbe andato a far notare loro che, tra le banche siciliane potenzialmente acquisibili, la BPT era ben più appetibile, ed una volta completata la suddetta fusione, sarebbero passati armi e bagagli a curarne l'acquisizione e trasformazione in Banca Nuova (l'attuale Banca Nuova é l'antica Banca del Popolo di Trapani rinominata una quindicina di anni fa). Il motivo per cui questa acquisizione avvenne, al posto della fusione della BPT con la Banca Agricola Popolare di Ragusa di cui si parlava da quando la Banca d'Italia aveva iniziato ad imporre le concentrazioni, non l'ho mai capito.

Non ho mai letto o sentito nulla che mi possa far pensare che tale acquisizione sia stato un cattivo affare per la BPVi ed i suoi azionisti. D'altro canto, non ho mai letto o sentito nulla che mi possa far pensare che tale acquisizione abbia portato un qualsivoglia vantaggio allo sviluppo economico siciliano.

Pragmaticamente, tutti possiamo empiricamente osservare come, in un sistema come quello italiano, la vicinanza, sia fisica che soprattutto relazionale, con la sede centrale delle banche abbia una correlazione con la possibilità di accedere al credito, e con i tassi di interessi praticati dalle banche, e che non pare sia stato il mercato a spingere alla concentrazione (ed ad operazioni come la conglobazione della BPT nella BPVi, della Banca Popolare Santa Venera, della Cassa San Giacomo e della BPSA nel Credito Valtellinese, della Banca Sicula nella Banca Intesa, ...), quanto piuttosto una strategia concertata ed implementata dalla banca centrale italiana e dai suoi principali azionisti, che sono poi diventati non soltanto i "campioni" nazionali, ma anche i diretti beneficiari di altre decisioni alquanto discutibili (vedi l'aumento del valore delle quote della BdI).

Una volta che accettiamo o dobbiamo accettare, anche nostro malgrado, che a decidere quali debbano essere le sedi centrali delle banche non é il mercato, ma altri soggetti, di cui almeno uno dovrebbe teoricamente perseguire l'interesse generale, non vedo perché si debba giustificare chi fondamentalmente favorisce l'accesso al credito in determinate zone del paese, a discapito di altre, incentivando certe fusioni ed incorporazioni, e non altre (nel caso della BPT, qualora sta benedetta fusione fosse veramente stata necessaria, cosa non andava nella BAPR?).

A meno che non abbia capito male io, e tutte queste fusioni le ha determinate liberamente il mercato. Tutto quanto io ho sentito e letto sull'argomento fino ad ora mi sembra sostenere il contrario.