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Monday, 5 October 2020

La tragedia dei click day

Il problema nel caso dei click day non é soltanto tecnico. È strategico, istituzionale e, per dirla tutta, proprio costituzionale.

La scelta di fare i click day é assolutamente sbagliata. Ma la colpa di tale scelta non ricade esclusivamente sulla Regione Siciliana. Anzi, il morbo del click day é purtroppo un morbo nazionale, che ammorba il Bel Paese da troppo tempo. È ora di liberarsene.

La "costituzione più bella del mondo" non può essere in effetti tanto bella, se permette veramente misure come i click day. Ecco, proibire sostanzialmente ed esplicitamente i provvedimenti a pioggia sarebbe una gran buona modifica alla costituzione della Repubblica Italiana.

La politica deve scegliere strategie ed implementare misure universali, non provvedimenti a pioggia.

La nostra classe politica ha dimostrato di essere capace di fare misure universali: il tanto discusso reddito di cittadinanza é nei fatti una misura universale. 

Se non ci sono i soldi per fare le misure universali, non si devono fare misure a pioggia, perché al contribuente che é chiamato a sostenerli fanno più danni dei benefici che apportano ai pochi beneficiari.

I click day, come i bandi, distorcono il mercato, favorendo immeritatamente chi vince.

Lo sviluppo economico e sociale di una comunità viene favorito dall'apertura di mercati e istituzioni, e sfavorito dalla loro chiusura. Aprire soltanto le istituzioni, senza agire sui mercati, danneggia le possibilità di sviluppo tanto quanto l'opzione di aprire soltanto i mercati senza aprire le istituzioni.

I click day, a parte l'infelice itanglese della denominazione, da un lato sembrano a prima vista una scelta di apertura delle istituzioni, perché si spera che adottandolo dovrebbe venire meno il potere di intermediazione della politica, se non peggio della burocrazia.

Astraendo dal caso specifico, apro qui una piccola parentesi tecnica: incidentalmente, in generale a me, per deformazione professionale, rimangono da sempre parecchi dubbi anche sulla trasparenza dei click day, da chiunque realizzati. Mi faccio in merito domande come: vengono pubblicati i log dei server? Viene pubblicato e sottoposto a pubblica verifica il codice sorgente della soluzione informatica? Come e da chi questa viene compilata nel programma che poi viene effettivamente utilizzato? Chi controlla e verifica chi gestisce le varie fasi del sistema?

Chiusa la parentesi tecnica, anche ipotizzando che la soluzione tecnologica adottata fosse assolutamente trasparente e funzionasse tutto alla perfezione, il problema dei click day non é tecnico.

Il problema dei click day é questi strumenti a pioggia provocano necessariamente una distorsione del mercato, inaccettabile in paesi moderni e sviluppati.

Con strumenti come i click day, si agisce, forse, nella direzione di una maggiore apertura delle istituzioni, ma in realtà purtroppo non si agisce contemporaneamente nella direzione di apertura dei mercati, proprio perché alla fine della fiera rimangono figli e figliastri.

L’alternativa ai click day, ma anche ai bandi, ed a tutti i provvedimenti a pioggia, é quella di adottare esclusivamente strumenti universali, come potrebbe essere ad esempio, ed é un mero esempio e se ne potrebbero fare molti altri, quello di abbassare a tutti le imposte in maniera progressiva. Mentre i click day distorcono il mercato, abbassando le imposte in maniera progressiva non bisognerebbe passare da nessuno, ci sarebbero regole chiare e uguali per tutti.

Tuesday, 27 June 2017

Jus incolae, non jus soli

Il disegno di legge approvato dalla Camera e correntemente in discussione al Senato non propongono in alcuna maniera l'estensione dello jus soli, che è già in vigore in alcuni specifici casi, a tutte le nascite nel territorio del paese.
Se proprio dobbiamo usare il Latino, sarebbe il caso di parlare di jus incolae.
Nel caso, una bella tabellina riepilogativa:

  • jus sanguinis = cittadinanza ai figli dei cittadini italiani (ad esempio al figlio nato all'estero di un cittadino italiano).
  • jus incolae = cittadinanza ai figli dei residenti in maniera permanente in Italia (ad esempio al figlio di una persona che risiede in Italia da più di 5 anni).
  • jus culturae = cittadini alle persone che sono cresciute e che hanno studiato in Italia (ad esempio ad una persona che ha completato le scuole elementari in Italia).
  • jus advenae = cittadinanza ai figli dei residenti recentemente immigrati in Italia (ad esempio al figlio di una persona immigrata in Italia negli ultimi 2 o 3 anni).
  • jus inquilini =  cittadinanza ai figli di persone temporaneamente residenti in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia di un diplomatico temporaneamente assegnato al consolato del suo paese in Italia).
  • jus soli = cittadinanza alle persone nate in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia da una turista).

Lo jus incolae è ad esempio attualmente in vigore nel Regno Unito dal 1 Gennaio 1983. Sempre nel Regno Unito, i cittadini dei paesi dello spazio economico europeo godevano dello jus advenae fino al 1 Ottobre 2000 (e dato che era automatico, ha un effetto corrente sui loro figli nati in Gran Bretagna prima di quella data). Lo jus culturae è sinceramente la prima volta che lo incontro, e mi pare nel caso una interessante innovazione.
La proposta di legge in discussione in Italia propone jus incolae e jus culturae, ma non applicabili in maniera automatica, ma solo dietro scelta o dei genitori o del diretto interessato.

Thursday, 22 June 2017

Quale futuro per le nostre comunità?

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Nella recente campagna elettorale per il rinnovo delle amministrazioni comunali di Erice e Trapani, una delle più belle e positive sorprese é stata la decisione del M5S locale di presentare un unico programma per i due comuni. Sono ormai un paio di decenni che la proposta di fusione tra i due comuni é rimasta circoscritta ad una sola parte politica, anzi, probabilmente ad un singolo rappresentante delle nostre comunità, il Senatore D'Alì, il che purtroppo ha trasformato quella che dovrebbe essere una richiesta di cambiamento e miglioramento che sarebbe potuta appartenere a tutti i cittadini in un campo di battaglia tra gli alleati e gli avversari di una singola figura politica. Visto che il Senatore D'Alì sarà probabilmente visto dal M5S come il principale avversario politico locale, il M5S é stato molto bravo e coraggioso a fare il primo passo per cercare di superare questa polarizzazione su un obiettivo strategico fondamentale per la nostra comunità. Spero che continuino su questa strada, e che anche tutte le altre forze politiche prendano esempio e trovino il coraggio di imitarli, e che presto la fusione dei quattro municipi in cui é suddivisa la città di Trapani diventi un obiettivo condiviso da parte di tutti.

Questo premesso, bisogna riconoscere che, pur se la fusione dei quattro municipi sarebbe stata una grande conquista se si fosse potuta raggiungere qualche decennio fa, ormai arriverebbe con troppo ritardo rispetto al momento storico in cui avrebbe potuto avere l'impatto maggiore sul percorso di sviluppo sociale ed economico della nostra comunità. Meglio tardi che mai, certo, ma forse oggi ci potrebbe essere un'altra strada alternativa, la creazione di una unica città metropolitana coinvolgendo non solo Marsala, ma anche Alcamo, Mazara, il Belìce, volendo tutti i comuni del libero consorzio.

Se é vero che un agglomerato urbano di 120 mila abitanti avrebbe "maggiore autorevolezza e peso politico", e questo é vero soprattutto in un sistema centralistico come quello italiano, e se é vero che questa fusione avrebbe il potenziale di garantire migliori servizi alla comunità a costi più bassi, l'impatto della creazione di una unica città metropolitana di quasi 450 mila abitanti con un unico piano regolatore, un unico sistema di trasporti urbano, una unica gestione dei rifiuti e dell’acqua, sarebbe certamente maggiore, per non parlare dell'incremento esponenziale del peso politico di una tale comunità. Ma non é solo una questione di dimensioni. Infatti, una unica città metropolitana, che magari invece che "di Trapani" per evitare sterili campanilismi si potrebbe denominare "del Mediterraneo", a cui fosse demandato effettivamente il ruolo di amministrare le nostre comunità, costringerebbe le forze politiche a pensare a obiettivi e programmi coerenti per tutta la comunità nel suo insieme.

Ad esclusivo titolo di esempio, la creazione di una unica città metropolitana renderebbe molto più probabile la creazione di una università, incluso un policlinico universitario, magari con la realizzazione di un campus nelle vicinanze dell'aeroporto di Birgi, l'area al confine tra i comuni di Marsala e Trapani, al centro dei collegamenti stradali e ferroviari del territorio, area che sarebbe anche la migliore naturale candidata per il centro direzionale di tale città metropolitana. Questo libererebbe spazi sia a Trapani che a Erice, spazi che potrebbero essere utilizzati per creare infrastrutture per lo sviluppo del settore turistico e culturale.

Chi afferma che le nostre comunità hanno bisogno di essere meglio rappresentate e amministrate, ha ragione, ma bisogna aggiungere che questo non significa necessariamente che chi le ha rappresentate e amministrate fino ad oggi non sia stato capace. Per quanto magari possa sembrare inaspettato a molti, le nostre comunità sono spesso state amministrate meglio di tante altre comunità siciliane o del Meridione in genere. Spesso, seppur ben rappresentate, alle nostre comunità é mancato soprattutto il peso specifico necessario a fare sentire la nostra voce, e tante volte questa voce non era univoca, perché magari il rappresentante di Marsala non trovava particolarmente interessante unirsi alla richiesta, magari sensatissima, di quello di Trapani, oppure quest'ultimo, per motivi tattici, non supportava la proposta di quello di Mazara, e così via.

Le nostre comunità hanno un futuro, ma quanto questo futuro possa essere migliore del passato e del presente, dipenderà da quanto saremo in grado di programmare in maniera condivisa un percorso di crescita e di cambiamenti trasformativi per l'intero insieme delle nostre comunità. La fusione dei quattro municipi in cui ancora oggi é suddivisa la città di Trapani é ancora oggi una buona proposta, ma la proposta alternativa di creare una unica città metropolitana presenta diversi vantaggi, e potrebbe alla fine risultare di più semplice e rapida attuazione.

[pubblicata come lettera al direttore su TP24.it con il titolo di "Erice, Trapani e le altre città: quale futuro per le nostre comunità?"]

Thursday, 1 June 2017

Le nostre città e il mancato sviluppo: parafulmini e responsabili

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Grazie al sistema politico italiano, chiunque si ritrovi a fare il sindaco di qualsiasi città, ma soprattutto di città delle dimensioni di Alcamo, Marsala, Mazara o Trapani, non potrà fare molto senza avere il completo supporto di rappresentanti presso il governo centrale ed il governo regionale che difendano proattivamente la comunità. I sindaci purtroppo quando sono soli, o sono lasciati soli, o comunque non sono supportati a sufficienza, diventano essenzialmente dei parafulmini istituzionali, ed il massimo a cui possono aspirare é non fare danni. L'esperienza degli ultimi 5 anni a Trapani dovrebbe essere abbastanza illuminante in merito. Se un appunto si può fare al povero sindaco Damiano, é di non essere riuscito a comunicare "meglio" ai cittadini trapanesi questo problema, che é il principale problema di ogni amministrazione comunale italiana. Uso "meglio" perché dobbiamo riconoscere che ci ha provato, e, magari in futuro, i media locali potrebbero anche provare a fare di più per veicolare questo messaggio, perché riguarda quello che è un problema primario e centrale che bisogna risolvere per potere finalmente ambire ad incentivare lo sviluppo ed il progresso delle nostre comunità.

Purtroppo non basta avere un buon progetto, ed un buon programma di lavoro, e nemmeno essere una persona capace ed intraprendente, perché il potere centrale, sia nazionale che regionale, fa e disfa a piacimento proprio, e secondo i propri interessi ed obiettivi, e se la comunità (ed il sindaco) non viene rappresentata e difesa dai parlamentari o da chi può in qualche maniera farsi ascoltare dal governo centrale, si vengono a creare continuamente situazioni la cui soluzione é fuori dalla portata dell'autonomia concessa ai sindaci (ed ai consigli comunali).

La soluzione é cambiare il sistema politico italiano. Al confine settentrionale, fisicamente tanto distante dalla Sicilia, gli italiani hanno l'esempio svizzero: la Confederazione Elvetica riesce a mitigare questa classe di problemi grazie alla decentralizzazione del potere, la suddivisione delle responsabilità tra i livelli di governo, e la concessione di una enorme autonomia di entrata, e quindi di conseguenza di una reale autonomia di spesa, agli enti locali, siano questi i comuni che i cantoni. Bisogna riuscire ad importare dalla Svizzera molte delle loro soluzioni, ma non é qualcosa che si può fare a partire dalle amministrazioni comunali, i cittadini devono costringere il potere centrale a cedere gran parte dei propri poteri, ed é una impresa improba, perché ci si scontra con gli interessi personali delle enormi caste estrattive che godono dei benefici del sistema attuale.

A volte ovviamente i sindaci sbagliano anche loro, prendono decisioni discutibili, e come cittadini facciamo bene a protestare, creare comitati, fare sentire la nostra voce. Ma dobbiamo anche imparare a riconoscere quale sia la vera distribuzione delle colpe del perché le nostre città e le nostre comunità sono in condizioni peggiori di quelle di altre città e comunità. E per ogni volta che la colpa é del sindaco o del consiglio comunale, ci saranno 10 volte in cui il principale colpevole é il governo regionale, e 100 volte in cui il principale colpevole é il governo nazionale.

Finché vigerà il regime centralistico attuale, più di 99 volte su 100 dovremmo rivolgere gran parte delle nostre legittime rimostranze per i problemi che attanagliano le nostre comunità a chi ci rappresenta a Palermo e soprattutto a Roma, ed in special modo a chi si trova nelle fazioni che supportano le compagini governative che via via si susseguono. E viceversa, nei rari casi, che pure esistono, in cui sia evidente che qualche nostro rappresentante sia riuscito a difendere la nostra comunità e a procurarci evidenti benefici, o anche solo a evitare malefici ai nostri danni, dobbiamo imparare a ringraziarli. Sia nelle urne, al di la di qualsiasi divisione tribale, che nel discorso pubblico.

[pubblicata come lettera al direttore su TP24.it con il titolo di "Le nostre città e il mancato sviluppo: parafulmini e responsabili"]

Sunday, 20 November 2016

Io voto No

Io voto No.

  1. Voto No indipendentemente da Renzi. Anzi, visto quello che propone la riforma, se Renzi riuscisse ad arrivare al 40% dei Sì, dovrebbe considerarlo un suo trionfo personale, non vedo perché mai dovrebbe anche solo pensare alle dimissioni.
  2. Voto No perché sono a favore del bicameralismo perfetto.
  3. Voto No perché sono per il Senato elettivo.
  4. Voto No perché da residente all'estero non voglio perdere i miei rappresentanti al Senato. E se qualcuno mi cita Razzi, a parte che questa legislatura è stato eletto in Abruzzo, ma che argomento è? Se i Lombardi eleggono Formigoni, dobbiamo togliergli il diritto di voto?
  5. Voto No perché non capisco perché il Trentino Alto Adige, che ha 1 milioni di abitanti, dovrebbe avere più senatori della Toscana, che ne ha 4 milioni.
  6. Voto No perché non vedo come il sindaco di Palermo potrebbe mai rappresentare i cittadini di Trapani. Palermo sta scippando l'autorità portuale a Trapani, ed il sindaco di Palermo dovrebbe difendere Trapani? Non parliamo poi del sindaco di Palermo che difendesse Catania a vantaggio di Palermo, fantascienza. Ovviamente, se sei un cittadino delle città che manderanno i sindaci al Senato, probabilmente la riforma ti favorirebbe. Chiaramente tali senatori voterebbero per mandare tutte le risorse, la cui gestione sarà nuovamente ricentralizzata, nelle loro città, e le altre città la spina di pesce. Già si è visto. Renzi è andato a fare i patti con le città metropolitane. Ha promesso 400-500 milioni di Euro a Reggio Calabria, perché è città metropolitana, mentre a Trapani, la cui provincia ha più o meno gli stessi abitanti, non ha promesso nulla, niente patti. Ovviamente, pensa che il sindaco di Reggio potrebbe diventare senatore, mentre quello di Trapani non lo diventerà mai, e si è portato avanti con il lavoro.
  7. Voto No perché senza una seguente legge costituzionale i Siciliani non potrebbero avere Senatori, chiaro sintomo che la riforma è stata scritta da gente impreparata. L'idea stessa che possano avere approvato una legge costituzionale che rende incostituzionali i Senatori siciliani è ripugnante.
  8. Voto No perché non capisco la nuova formulazione dell'articolo 70, che è una dimostrazione perfetta di cosa intendesse quasi 2 mila anni fa Tacitus con "corruptissima re publica plurimae leges".
  9. Voto No perché sono contrario alla riduzione del numero dei Senatori, e dei rappresentanti in genere. Già oggi è quasi impossibile trovare un Parlamentare, non del M5S, che ti risponda, figuriamoci se ce ne sono 200 in meno. Che poi anche quelli del M5S, ti rispondono, ma alcuni, specie quelli che poi fanno il salto della quaglia verso i gruppi dei vecchi partiti, sono dei perfetti idioti. Ma almeno ti rispondono.
  10. Voto No perché sono del tutto contrario alla centralizzazione. Il problema Italiano è la mancata attuazione del federalismo, della decentralizzazione. Hanno dato alle regioni autonomia di spesa senza concedergli autonomia di entrata. I soldi vanno allo stato centrale, che poi li distribuisce alle regioni secondo gli interessi dello stato centrale. Una pazzia. Quest'anno il presidente della Regione Siciliana ha dovuto rinunciare a 5 miliardi di Euro, imposte pagate dai Siciliani, per ottenere qualche centinaio di milioni ora e subito. Costretto dal governo centrale. Non esiste. Ricentralizzando diventerà anche peggio.
  11. Voto No nonostante D'Alema perché non ci credo che non lo sa che fa perdere voti al No. Renzi deve avergli promesso qualcosa. Se D'Alema voleva far vincere il No, avrebbe fatto campagna per il Sì. Ditto per Monti e tanti altri.
  12. Voto No perché mi immagino Salvini Presidente del Consiglio. Salvini vota No contro i suoi stessi interessi. Se passa il Si e poi lui vince le elezioni, si divertirà come un caimano. Ma ve lo immaginate? Con il titolo V riformato, l'allocazione delle riforme la decide lo stato centrale. Con Salvini Presidente del Consiglio finirà il 90% in pianura padana, il 10% fino a Roma, e lo 0% da Roma in giù.
  13. Voto No, perché il paese va riformato, ma non in senso fascista. Va riformato aprendo le istituzioni, non chiudendole. Va riformato aprendo i mercati, non premiando le classi estrattive.
  14. Voto No perché se fossi un lobbista e la casta estrattiva mi pagasse uno stipendio a 6 zeri, voterei Sì anch'io.
  15. Voto No perché ho votato No anche al referendum sulla riforma costituzionale del 2006. Molto simile a questo per argomenti e proposte, in pratica il Presidente del Consiglio dell'epoca, Berlusconi, chiedeva agli Italiani molto più potere. Gli Italiani risposero No. 61 a 39. Affluenza al 52%. Il PD all'epoca era ancora diviso in due (ex comunisti ed ex sinistra democristiani), e fu ovviamente per il No. Per dire tutta la verità, a me la riforma proposta nel 2006 da Berlusconi sembra più democratica di questa. Misteri della fede.
  16. Voto No perché Renzi ha giocato d'azzardo come Berlusconi nel 2006. Perché se avessero spacchettato, avrebbero vinto su gran parte delle misure. Io buona parte della riforma di Berlusconi del 2006 la sottoscriverei subito. Ma allora come oggi, entrambi hanno aggiunto mele avvelenate su mele avvelenate, che impacchettate tutte insieme, con altre misure magari sensate, rendono indigeribile il prodotto finale. Sostanzialmente la loro scommessa è che gli Italiani, per accettare alcuni miglioramenti, cedano potere al potere esecutivo. Con tutta una serie di vantaggi per il potere esecutivo e chi lo finanzia e supporta, a discapito di tutti i cittadini.
  17. Voto No perché se continuano su questa strada antidemocratica, il referendum costituzionale del 2026 sarà probabilmente sulla restaurazione della monarchia assoluta, la trasformazione dei cittadini in servi della gleba, l'ereditarietà delle cariche politiche, et cetera.

Saturday, 19 November 2016

La vera libertà

Sta girando su Facebook questa immagine. Si riferisce ad un fatto vero, storicamente avvenuto. Bisogna aggiungere però molto cose.

Johan de Witt era praticamente il "primo ministro" del M5S dell'epoca, e venne trucidato, insieme al fratello, da una gang di mafiosi, pagati dalla casta.
Johan de Witt era molto in anticipo con i tempi. Forse troppo. Troppo repubblicano, troppo liberale, troppo de-centralista. Il periodo del suo governo fu l'apogeo del periodo aureo olandese. Il motto del governo era "ware vrijheid", la vera libertà.
La casta centralista dell'epoca organizzò un'alleanza tra Francia e Inghilterra, cosa mai vista all'epoca, ed un'altra accozzaglia di staterelli, per invadere l'Olanda a tradimento. Con il popolo terrorizzato mandarono un gruppo di sgherri stile Toto Riina, Provenzano e Bagarella a linciare pubblicamente Johan e suo fratello.
Il linciaggio fu osservato da tantissime persone, ma gli attori furono una sparuta minoranza, malacarne prezzolati che agirono per nome e per conto della casta centralista.
E gli Olandesi persero per sempre la vera libertà.
È uno dei punti centrali della storia olandese, ma anche mondiale, la diretta conseguenza fu il passaggio del centro finanziario mondiale da Amsterdam a Londra.

Friday, 18 November 2016

Brexit: la raccomandazione dei Portoghesi

La gran parte delle Ambasciate e dei Consolati dei paesi europei nel Regno Unito, a seguito dei risultati del referendum sul Brexit, ha consigliato ai propri concittadini di aspettare e sperare.



I portoghesi, invece, hanno messo su un "Piano di appoggio alla comunità portoghese per il Brexit", il cui suggerimento principale al momento è:
"No entanto, recomenda-se que procurem obter o estatuto de cidadãos residentes, caso vivam há mais de 5 anos naquele país. Se ali residirem há menos de 5 anos, poderão solicitar um cartão de residente, que poderá tornar-se permanente quando se completar este período de tempo."
Cioè:
"Nel frattempo, si raccomanda di cercare di ottenere la certificazione dello status di cittadini permanentemente residenti, se si è vissuto [ed esercitato i diritti dei trattati] più di cinque anni nel paese. Se si è risieduto per meno di cinque anni, potrete richiedere una carta di registrazione, come primo passo verso la residenza permanente quando avrà raggiunto il requisito dei cinque anni."
Il Consolato portoghese offre anche assistenza su appuntamento per completare i moduli per richiedere la certificazione dello status di cittadini permanentemente residenti:
"O Consulado atende presencialmente, por marcação prévia, os utentes que pretenderem apoio no preenchimento dos formulários. As marcações são efetuadas através do e-mail brexit.cglondres@mne.pt e não através da aplicação de agendamento online."

Tuesday, 21 June 2016

Birgi e la Città del Mediterraneo

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In Sicilia ci sono tre poli demografici ed economici: le tre città metropolitane di Catania, Messina e Palermo. 
La comunità che vive e lavora attorno all'aeroporto di Birgi, tutti quelli che abitano da Capo San Vito a Capo Granitola, dovranno nei prossimi anni decidere del proprio futuro. Dato che lo status quo é insostenibile, hanno davanti a se due opzioni: decidere di entrare a pieno titolo nel polo palermitano o provare a creare un quarto polo metropolitano. Il destino di Birgi é legato a questa scelta. 
Dentro il polo palermitano, con Alcamo, Marsala, Mazara o Trapani viste come estreme periferie della metropoli palermitana, un aeroporto civile a Birgi é un lusso. Così come sono lussi una autorità portuale a Trapani, i tribunali a Trapani o Marsala, le questure, prefetture, motorizzazioni, università e tanti altri doppioni che diventano inutili sprechi. Chi é convinto che questa sia l'opzione migliore, più che la fusione della società di gestione di Birgi con quella di Punta Raisi, dovrebbe chiedere la chiusura di Birgi al traffico civile. Come fanno da molti anni molti Palermitani, che vedono in Birgi un immenso freno allo sviluppo di Punta Raisi. Ed al contempo dovrebbe chiedere un miglioramento del trasporto pubblico verso Punta Raisi e Palermo, soprattutto un enorme investimento ferroviario per avvicinare le neo periferie occidentali al centro di gravità della nuova comunità. 
Chi invece é convinto che sia controproducente legare il proprio destino a quello di Palermo, e che sia possibile creare un quarto polo demografico ed economico, magari anche culturale, dovrebbe naturalmente essere del tutto contrario ad ipotesi di fusione tra i due gestori aeroportuali, o di chiusura al traffico civile di Birgi. La necessaria conseguenza é che bisognerà creare una unica area metropolitana con al centro Birgi, una unica città al centro del Mediterraneo, con un unico piano regolatore, un unico sistema di trasporti urbano, una unica gestione dei rifiuti e dell’acqua, e così via.
Una prima azione in questo senso potrebbe essere l’acquisizione di quote del gestore da parte dei comuni che costituiranno un giorno questa unica nuova ipotetica comunità affacciata sul Mar di Sicilia. 
L’aeroporto di Birgi, in questo contesto, andrebbe visto come un’impresa in avviamento, una startup. Sono quasi tre anni che questi comuni stanno già pagando parte degli investimenti di avviamento di questa startup, non sarebbe ora che iniziassero ad ottenerne in cambio quote di proprietà?

Friday, 3 June 2016

Inviato a Beppe Severgnini:

Caro Beppe,
il 16 Novembre 2012 il Ministero degli Affari Esteri annunciò in pompa magna un portale dedicato ai servizi consolari on-line: SECOLI.
Verbatim dall'annuncio:

"I servizi saranno resi progressivamente disponibili sul portale, fino a raggiungere i 70 finora individuati, ripartiti nelle seguenti categorie: anagrafe e voto all’estero, stato civile, attività notarile, documenti e certificati, assistenza ai connazionali, Consolati e Istituzioni, collettività italiane. Una “guida ai servizi consolari” completa il panorama delle utilities. Il portale è destinato a una parallela diffusione geografica, dal momento che sarà rilasciato nei prossimi mesi nel resto d’Europa ed entro la fine del 2013 in tutto il mondo."

Io ad un certo punto provai a registrarmi a SECOLI, ma il sistema mi rispose che il mio consolato, Londra, ancora non offriva servizi online. Negli anni ho provato altre volte a completare la registrazione, il sistema ha i miei dati, compresa la mia email, ma non ho mai ricevuto nulla. Oggi 3 Giugno 2016 ho provato un'altra volta, la procedura di registrazione mi ha chiesto di aggiornare e confermare alcuni miei dati personali, mi ha suggerito che il consolato di Londra è tra i 3 consolati che offrono servizi, e mi ha promesso che mi avrebbe inviato un codice di attivazione via email. Dato che non è arrivato, ho provato inutilmente a chiedere nuovamente l'invio del codice di attivazione. Ho provato ad accedere alla mia scheda anagrafica AIRE, ed il portale mi ha risposto:

"L'accesso al servizio è consentito ai soli utenti con stato autenticato
Nel caso fossi già in possesso del PIN torna alla home page per inserirlo, altrimenti prendi appuntamento presso il tuo Consolato per ottenerne il rilascio."

Nel sito del consolato di Londra non ho trovato alcun riferimento ad appuntamenti per ottenere il rilascio di tale codice PIN.
Qualcuno ne sa di più?

Attivazione MAE Secoli 5.1

Monday, 18 April 2016

Piccoli aeroporti: perché non finanziate le fondazioni dei politici?

Da una quindicina d'anni a questa parte il governo italiano ha adottato misure che penalizzano i piccoli aeroporti aperti al traffico civile. Durante la lunghissima saga della redazione e approvazione del piano nazionale degli aeroporti, è diventato abbastanza chiaro come sia un obiettivo strategico di diversi governi italiani la riduzione e chiusura di questi aeroporti minori.
Per una serie di ragioni, a volte politiche a volte contingenti, una pattuglia di questi aeroporti è riuscita ad ottenere una sospensione almeno temporanea dell'intervento della mannaia governativa, e sono stati lasciati a bordo, non del tutto di buon grado.

Tra questi aeroporti, considerati al momento di interesse nazionale, a condizione che riescano a promuovere una vocazione funzionale ed una specializzazione chiaramente riconoscibili, e che soprattutto riescano a raggiungere l'equilibrio economico-finanziario  tendenziale in un triennio, vi sono aeroporti al momento sinceramente con poche speranze di sopravvivenza come Brescia, Crotone o Taranto, ma anche tanti aeroporti che sono fondamentalmente mandati fuori mercato dall'eccessiva imposizione fiscale aeroportuale. Tra questi soprattutto Alghero, Brindisi, Genova e Trapani, e forse anche Ancona, Comiso, Pescara, Perugia, Reggio Calabria e Trieste.

Gli enti locali di alcune delle comunità servite da questi aeroporti, per incentivarne lo sviluppo, negli ultimi anni hanno investito milioni di euro, per scontare i costi aeroportuali ed incentivare i vettori a basso costo ad aprire rotte. Il tutto vanificato dall'operato del governo, che ha continuato a sua volta ad innalzare la pressione impositiva mitigando o annullando l'effetto degli investimenti pubblici locali.

A proposito del governo: il principale azionista del gestore degli aeroporti di Pisa e Firenze, Corporación América, oltre ad essere indirettamente uno dei maggiori azionisti del gestore dell'aeroporto di Trapani, ed uno dei principali indiziati a candidarsi per gestire il frutto di un possibile matrimonio di questo con il gestore dell'aeroporto di Palermo, ha finanziato con 25 mila euro la Fondazione Open, nel cui consiglio direttivo siedono Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti, in pratica il cerchio magico del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, fondazione che a quanto pare organizza l'annuale convegno politico all'ex stazione Leopolda di Firenze.

Questa cosa mi ha fatto venire in mente una idea, e di conseguenza mi viene di dare un suggerimento ai gestori dei piccoli aeroporti, ed ai rappresentanti politici delle comunità e dei territori da questi serviti: invece di spendere decine di milioni di Euro in contributi di co-marketing, per vederli poi osteggiati dall'Unione Europea e vanificati dai continui incrementi dell'imposizione fiscale aeroportuale, perché invece non vi associate, fate una colletta, ed iniziate a finanziare le fondazioni dei politici? Scegliete due o tre fondazioni tra governo e opposizione, sceglietele bene, finanziatele con un centinaio di migliaia di Euro all'anno, suggerendo nel frattempo che vedreste di buon occhio l'abolizione, almeno per quanto riguarda gli aeroporti minori, di imposte come l'addizionale comunale e l'imposta sul valore aggiunto sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili, imposte regressive che a volte sono sufficienti a mandare fuori mercato questi aeroporti. Male che vada, perderete poche centinaia di migliaia di Euro, ma se riuscirete ad influenzare il governo, o almeno a farlo riflettere sulle vostre sacrosante ragioni, potreste nella migliore delle ipotesi riuscire a risparmiare decine di milioni di Euro dei contribuenti e dei vostri investitori privati.

[Originariamente pubblicato su TP24.it e Il Mattino di Sicilia]

Thursday, 14 April 2016

Il matrimonio tra Birgi e Punta Raisi

Il governo nazionale sta cercando di incentivare una fusione tra i gestori degli aeroporti di Birgi e Punta Raisi, per creare un unico gestore per il sistema aeroportuale della Sicilia Occidentale. Questa è in parte una buona notizia per le comunità della ex Provincia di Trapani, perché fino a qualche lustro fa pareva che l'intenzione fosse quella di imporre la chiusura di Birgi al traffico civile. Bisogna dare atto ai politici ed agli amministratori locali che sono riusciti a far sviluppare il traffico aeroportuale a Birgi, esprimendo traffico latente, fino al punto da rendere impossibile per il governo nazionale pretendere sic et simpliciter la chiusura al traffico civile dell’aeroporto che si specchia sul Mar di Sicilia.

E qui arriva la parte brutta della notizia. Poniamoci qualche domanda: perché gli operatori del porto di Trapani non vogliono essere sottoposti all'autorità portuale di Palermo? Perché la squadra di calcio di Trapani non ha voluto diventare un satellite di quella di Palermo, ed immagino che nemmeno quelle di Marsala, Alcamo o Mazara accetterebbero un tale destino? Perché e per chi questo matrimonio tra i gestori di Birgi e di Punta Raisi dovrebbe essere vantaggioso? Dove e quale sarebbe l'allineamento di interessi tra le comunità servite da questi due aeroporti?

Recentemente alcuni politici filo-governativi stanno balenando risorse per una eventuale continuità territoriale, in cambio però, non troppo velatamente, di questo matrimonio. Quello della continuità territoriale in cambio dell'assorbimento a me appare come un vero e proprio ricatto. La mia sensazione è che quando i politici fanno questi ragionamenti essi pensino che noi Siciliani abbiamo l'anello al naso. Il governo nazionale manda fuori mercato l'aeroporto di Birgi tramite continui aumenti dell'imposizione fiscale aeroportuale, oggi arrivata a quasi dieci euro a passeggero imbarcato, e però offre la carotina della continuità territoriale in cambio dell'assorbimento del gestore da parte del principale concorrente. Cosa serve veramente per lo sviluppo del territorio: voli in continuità territoriale con Roma o Milano, od invece rotte fuori stagione con gli aeroporti dell'Europa nordoccidentale?

A me pare ovvio che in mancanza di qualcuno che faccia gli interessi delle comunità della Sicilia occidentale, il polo unico visto dal Palermitano significhi: “chiudiamo Birgi e spostiamo tutti i voli a Punta Raisi”. Questo perché il terminale palermitano viaggia a meno della metà della capacità, anche se spostassero tutti i voli da Birgi, non arriverebbero minimamente a saturarlo. Perché mai un privato dovrebbe sostenere le spese per tenere aperti due aeroporti nello stesso bacino, quando il suo aeroporto primario non è per nulla saturo, anzi?

Augurandomi che non avvenga, qualora non potessi contare su una riduzione dell’imposizione fiscale su Birgi, tramite un intervento governativo o tramite la continuazione dei contributi mercatistici da parte degli enti locali, se io fossi il privato futuro acquirente dei gestori di Punta Raisi e Birgi, chiuderei subito quest’ultimo scalo. Immediatamente.  Ovviamente, mettendomi invece il cappello dell'abitante o dell'imprenditore della Sicilia Occidentale, farei scelte diametralmente opposte. Il punto è chi media tra questi opposti interessi?

I buoi sembra purtroppo siano già scappati. L'errore principale dei politici e degli amministratori locali fu probabilmente quello di non ottenere quote del gestore di Birgi in cambio degli investimenti di co-marketing. Ci chiedono di investire denari nello sviluppo di una impresa, e non non chiediamo quote in cambio? Se i Comuni si fossero fatti dare quote, oggi potrebbero influire sulla fusione, e rappresentare le nostre comunità, e potrebbero provare a pretendere garanzie sul futuro dell'aeroporto di Birgi. Invece siamo nella mani di Regione Siciliana e governo nazionale.

[Originalmente pubblicato come "Il matrimonio che s'ha da fare fra Birgi e Punta Raisi" su Il Locale News n. 64 anno II del 15 Aprile 2016]

Saturday, 9 January 2016

Su imposte aeroportuali e traffico a Palermo

[Risposta data sul forum di Aviazione Civile nel thread Accordo regione Puglia Ryanair 2016]

Il trasporto aereo a mio modo di vedere è gia incentivato molto. Non è abbassando le imposte aeroportuali, che sono diventate una lagna ormai che ci riproponi ad ogni singolo post come se tutti gli utenti fossero francamente degli imbecilli, che risolvi le croniche gestioni ad minchiam di molti gestori aeroportuali (non di AdP che chiude in utile se non sbaglio)

Dire che la gente va in Spagna invece che in Sicilia per colpa dei 10e in più di tasse equivale a dire che il problema di Palermo è il traffico.
Credo di averlo ripetuto mille volte: la gente non va in Spagna invece che in Puglia o Sicilia per colpa dei €10 in più di imposte. Quello che affermo è totalmente diverso, e cioè che quei €10 in più di imposte sono una, e soltanto una, delle ragioni per cui la gente decide di passare le proprie vacanze in alcune località spagnole invece che in Puglia, Sicilia o altrove. Non è detto che si debba per forza incentivare la competizione nel settore turistico di Puglia, Sicilia, Sardegna, Calabria o Campania, il governo e la classe dirigente del paese possono decidere di attuare altre strategie di sviluppo, ma se la strategia prescelta è quella di incentivare il turismo (il celeberrimo "petrolio del mezzogiorno" a sentire i politici meridionali), allora bisogna competere su ogni aspetto, ed uno dei tanti, uno dei tanti, aspetti da curare è quello della divergenza di pressione fiscale sul trasporto aereo, nello specifico la pressione fiscale aeroportuale.

Tra l'altro, io immagino che se andassi nel forum dei fruttivendoli a proporre l'abbassamento dell'IVA sulla frutta e verdura, oppure nel forum dei piccoli azionisti a proporre l'eliminazione dell'imposta di bollo sui depositi titoli, tali proposte verrebbero accolte da cori di amen, quello che sinceramente non comprendo è perché ci sia tanta contrarietà all'abbassamento della pressione fiscale aeroportuale in un forum che si suppone frequentato da gente che lavora o vorrebbe lavorare nel settore che verrebbe naturalmente favorito da una tale misura. Togliere strutturalmente €9,90 ad imbarco al costo di ogni biglietto, €9,90 che ricordiamo vengono pagate a fronte di alcuna controprestazione diretta o indiretta, avrebbe necessariamente l'effetto di favorire strutturalmente lo sviluppo del settore, e quindi la creazione di posti di lavoro.

Guardiamo a quello che fa la Regione Puglia con questo famoso contratto: danno 13,8 milioni di Euro per 1,55 milioni di imbarchi, quindi una sovvenzione di €8,90 a pax, una sovvenzione di cui si avvantaggia un solo vettore, ad personam, politica distorsiva a cui ripeto sono personalmente contrario in questo caso come in quello di TPS o di qualsiasi altro aeroporto. Se si togliessero invece i €9,90 di imposte, a tutti i vettori (volendo, come fecero anni fa in Spagna per un periodo, a quelli che mantenessero o incrementassero il numero di pax), si avrebbe un effetto più strutturale, e certamente meno distorsivo.

Infine, avendo abitato e lavorato per molti anni a Palermo, il traffico è uno dei problemi principali di quella comunità, e probabilmente quello che ha un impatto diretto più visibile nella vita di ogni giorno. Fortunatamente il settore pubblico sta investendo miliardi nel miglioramento del trasporto pubblico locale, vedi passante ferroviario, tram, anello e progetti per nuovi tram e metrò leggere, investimenti che miglioreranno certamente la qualità della vita dei palermitani, e incentiveranno lo sviluppo economico della città.

Impatto della fiscalità aeroportuale nel 2016

[Alcuni miei interventi dal thread "Da Accordo regione Puglia Ryanair 2016" sul forum di Aviazione Civile]


Esiste una soluzione migliore, che non distorce il mercato e non favorisce un attore a scapito degli altri: abbassare i costi aeroportuali, agendo sulla pressione fiscale (non sulle tasse, ma sulle imposte).

Come ci saremmo dovuti aspettare, il governo italiano qualche giorno fa ha invece aumentato le imposte aeroportuali del 38,4%, e del 900% negli ultimi 10 anni, esattamente quello che non serve per incentivare il traffico aereo ed il settore turistico.
Dall'inizio del 2016 questo è quanto incidono le imposte (€9,90 di addizionale "comunale" e IVA sulla stessa) sul costo di imbarco per passeggero, senza che questi riceva in cambio nulla (il resto sono diritti e tasse, per le quali il passeggero riceve controprestazioni) in alcuni aeroporti che servono le comunità siciliane, pugliesi e salentine:

Palermo 38%
Catania 40%
Comiso 48%
Pantelleria 48%
Lampedusa 48%
Reggio Calabria 52%
Bari 53%
Grottaglie 54%
Brindisi 55%
Trapani 56%
Foggia 56%

[da http://www.aviazionecivile.org/vb/showthread.php/137344-Accordo-regione-Puglia-Ryanair-2016?p=1733589&viewfull=1#post1733589]


Io non capisco una cosa, perdonate: perché in questo paese ci sia una sorta di reticenza a fare gare pubbliche
Le gare pubbliche per sovvenzionare un unico vettore distorcono il mercato tanto quanto gli accordi privati.

Per incentivare in modo strutturale il trasporto aereo, senza distorcere il mercato, l'unica strada è abbassare le imposte aeroportuali (soprattutto HB e FN) per tutti i pax e tutti i vettori, perlomeno in quegli aeroporti dove si voglia sostenere lo sviluppo del turismo in entrata.

Ad ogni modo, le gare pubbliche che offrissero ad un vettore sovvenzioni in cambio di quello che vuole il settore turistico, pax dai paesi del nord europa, quando non vanno deserte, vedono un solo vincitore, Ryanair. Per capire il perché basta guardare il CASK di quel vettore e compararlo con quello dei concorrenti su quel segmento di mercato. Il primo vettore che grazie ad una sovvenzione riesce a far diventare economicamente sensata una rotta con il nord Europa è sempre Ryanair, quindi se la sovvenzione non è sufficiente a fare in modo che questo accada, non si presenta nessuno, se la sovvenzione è sufficiente invece si presenta Ryanair, e le offerte degli altri vettori sono necessariamente peggiori. Questo ingenera un circolo vizioso, tanto quanto l'accordo privato con quel vettore dominante.

La maniera di riaprire il mercato è vietare le sovvenzioni ad personam a favore di un singolo vettore, tutti i vettori devono poter giocare ad armi pari.

[da http://www.aviazionecivile.org/vb/showthread.php/137344-Accordo-regione-Puglia-Ryanair-2016?p=1733613&viewfull=1#post1733613]


Ma la natura della legislazione riguardo gli appalti pubblici è proprio evitare distorsioni e favoritismi.
La legislazione che permette gare pubbliche che finiscono a sovvenzionare un concorrente e favorirlo rispetto agli altri, è necessariamente sbagliata, proprio perché introduce una evidente distorsione del mercato.

Metti che ci siano due vettori, ed il vettore 1 abbia un CASK leggermente più basso del vettore 2, il vettore 1 vincerà tutte le eventuali gare per ottenere sovvenzioni, ed il suo CASK si abbasserà sempre di più, mandando prima o poi il vettore 2 fuori mercato.

Questo non è soltanto un problema dell'aviazione civile, questo tipo di sovvenzione devasta il tessuto produttivo e lo sviluppo di tutti i settori in cui viene adottato, proprio perché necessariamente crea figli e figliastri (non parliamo poi quando le decisioni su chi sovvenzionare vengono prese per motivi essenzialmente clientelari).

Un buon legislatore dovrebbe agire proprio per evitare queste situazioni, e quindi dovrebbe essere totalmente impedito di poter sovvenzionare un attore a discapito dei concorrenti. Mi spiace doverlo ripetere per quelli che lo hanno ormai letto tante volte, ma la vera soluzione per incentivare il trasporto aereo civile nel Bel Paese in maniera strutturale ed equa è quella di abbassare la pressione fiscale, in special modo quella aeroportuale.

[da http://www.aviazionecivile.org/vb/showthread.php/137344-Accordo-regione-Puglia-Ryanair-2016?p=1733823&viewfull=1#post1733823]

Imposte statali e sovvenzioni aeroportuali

Negli aeroporti dove Ryanair chiede sovvenzioni, queste sovvenzioni generalmente sembrano particolarmente simili all'ammontare delle imposte richieste dal governo italiano, nella fattispecie alla cosiddetta addizionale "comunale", spesso codificata come HB, che fino alla fine del 2015 incideva per €6,50 a pax imbarcato (€7,15 IVA inclusa) nella maggior parte degli aeroporti italiani, mentre dall'inizio del 2016 il governo ha aumentato fino a €9,00 a pax imbarcato (€9,90 IVA inclusa).

Questa imposta addizionale è "comunale" soltanto tra virgolette, perché fondamentalmente ai comuni sede di sedime aeroportuale vanno soltanto le briciole (lo 0 virgola qualcosa percento). Il grosso finisce all'INPS, nominalmente per pagare le prestazioni dei cassintegrati del settore aviazione (una pratica questa più volte ripresa negativamente dalla Corte dei Conti), ma all'atto pratico a coprire i buchi della gestione INPS attraverso i quali si pagano gli assegni sociali (quindi fondamentalmente l'addizionale è trattata come fiscalità generale, e i pax come vacche da mungere).

A quanto pare vettori come Ryanair non vedono di buon occhio il dover essere costretti ad agire come sostituti d'imposta per pagare gli sbagli manageriali di loro ex concorrenti tricolori ormai defunti, o quasi, per cui per aprire rotte chiedono a diversi aeroporti cifre pari a quelle che lo Stato italiano gli richiede di pagare per questa imposta addizionale, ed a me personalmente pare anche una decisione comprensibile, e.g. è pacifico che il pax debba pagare diritti e tasse per le quali riceve controprestazioni, ma non si capisce il motivo per cui, soprattutto in bacini dove il trasporto aereo dovrebbe in teoria essere incentivato, e penso non solo alla Sicilia, ma anche a Puglia, Sardegna, Calabria o Campania, il legislatore, ed immagino soprattutto il governo, trovi possa essere sensato imporre simili balzelli, che si traducono necessariamente in una contrazione strutturale del traffico aereo e dello sviluppo economico da questo generato.

Invece di gare pubbliche che alla fine favoriscono un solo vettore, oppure, come fanno in aeroporti come Trapani Birgi, di accordi privati con una emanazione più o meno diretta di un solo vettore, interventi entrambi distorsivi del mercato, avrebbe senso diminuire la pressione fiscale aeroportuale per tutti i vettori, in maniera equa, in modo da rendere gli aeroporti italiani più appetibili rispetto ai concorrenti del bacino Euromediterraneo.

Ricordo infine che dato che l'addizionale è una flat tax, è cioè sempre la stessa cifra quale che sia il costo del biglietto, questa è una imposta regressiva, colpisce maggiormente i biglietti meno cari, e di conseguenza colpisce maggiormente i piccoli aeroporti, che hanno generalmente fattori di riempimento inferiori, e contribuisce in maniera piuttosto evidente a mandare fuori mercato molte delle potenziali rotte dei vettori low cost da questi aeroporti.

[originalmente pubblicata sul forum di AC]

Monday, 17 August 2015

Perché bisogna aggiustare la struttura demografica?

Il tasso di fecondità totale (TFT) italiano è sceso sotto quota 2 nel 1977, precipitando in un 3 anni dalla banda in cui si era stabilizzato tra il 1950 ed il 1974 (2.31-2.70). Il TFT in quei 25 anni era leggermente troppo elevato, ma se la politica avesse fatto qualcosa per fermarne la caduta tra 1.90 e 2, l'impatto sulla situazione economica attuale non sarebbe stato particolarmente evidente. La politica invece non fece nulla. Nulla di nulla. Ed il TFT precipitò da 1.98 nel 1977 a 1.18 nel 1995. Una catastrofe apocalittica. Roba da peste nera medievale, o da guerra Romeo Gotica. Fortunatamente si iniziò a sentire l'impatto degli stranieri, soprattutto delle straniere, che fino ad oggi hanno mantenuto un TFT poco sopra a 2 mitigando quindi la situazione, per cui il TFT italiano risalì leggermente da quello 1.18 del 1995 allo 1.40 dei giorni nostri. Siamo ancora a 0.6 figli a donna di distanza da quota 2. Ipotizziamo che finalmente arrivi un governo assennato, e che attui le politiche necessarie a riportare il TFT a 2, diciamo entro il 2020, e che riuscirà a mantenerlo a quota 2 per i prossimi 100 anni. Quello che succederà è che i nati dal 2020 in poi inizieranno a fornire il loro apporto produttivo all'economia italiana almeno 25 anni dopo, nel 2045, e che questo effetto raggiungerà il suo massimo soltanto quando saranno morti tutti gli over 25 nel 2045 inclusi ovviamente tutti i vivi nel 2015.

Quale sarebbe il ruolo dei vivi nel 2015 in questo scenario? Produrre per mantenere i pensionati ed i nuovi nati. Un compito piuttosto difficoltoso, dato che i primi sono e saranno molti di più per decenni, ed i secondi diventeranno sempre di più. Per dare numeri (arrotondati, ma guarda alle dimensioni), l'INPS spende in prestazioni 330 miliardi di Euro annui, e dato che riceve contributi solo per 230 miliardi, lo stato ogni anno deve ripianare un buco di 100 miliardi di Euro. Solo per la previdenza (l'assistenza è un altro capitolo tragico).

Quale è l'unica alternativa razionale ed auspicabile? Incentivare immigrati di qualità under 35 con cui condividere quel ruolo, e suddividere con questi i costi per mantenere i pensionati ed i nuovi nati. Si possono fare altre cose per mitigare il problema, ad esempio passare tutte le prestazioni, anche quelle in essere, al contributivo, riforma con cui si recupererebbe qualche decina di miliardi ogni anno, ma non si risolverebbe il problema, determinato dal fatto che le generazioni over 40 sono molto più grandi delle under 40.

Il disoccupato italiano oggi è disoccupato almeno nello 80% dei casi perché la struttura demografica è totalmente sbilanciata.

Gli effetti di questo sbilanciamento sono: collasso del mercato interno, aumento della pressione fiscale, aumento della pressione contributiva, proibizione della redistribuzione territoriale, fine della convergenza tra le aree del paese, compressione degli investimenti in conto capitale, declino, mancato sviluppo.

Dato che non abbiamo la macchina del tempo, l'unica opzione moralmente accettabile è quella di incentivare l'immigrazione di 25-30 milioni di immigrati nei prossimi 25 anni, di cui 6 nei prossimi 2 o 3 anni (lo scenario centrale di previsione dell'INPS prevedeva 16 milioni e mezzo di immigrati, io personalmente li vorrei spalmare in maniera più intelligente tra le varie coorti d'età).

Altrimenti rassegnarsi ad una vita di schiavitù generazionale, o emigrare.

Saturday, 15 August 2015

Italia 2040 lo scenario di previsione centrale dell'ISTAT: 16 milioni e mezzo di immigrati!

Lo scenario di previsione centrale dell'ISTAT per la popolazione italiana nel 2040 richiede che nei prossimi 25 anni l'Italia riceva una immigrazione netta di 16 milioni e mezzo di persone.

In luce del rallentamento dell'immigrazione e dell'aumento dell'emigrazione negli ultimi anni, spero che chiunque usi quello scenario centrale dell'ISTAT per fare previsioni sulla sostenibilità magari del sistema previdenziale, lo usi con un bel po' di sale, altrimenti i conti del paese sballeranno molto rapidamente.

ISTAT 2040 centrale 16485589 v2

Vite parallele dei due aeroporti della Sicilia occidentale

Risposte ad un paio di commenti[1][2] di Marco Esposito su NfA

Palermo Punta Raisi e Trapani Birgi non sono della robe costruita in mezzo al nulla, né dal punto di vista aeronautico, soprattutto Birgi, né dal punto di vista logistico-territoriale: questi sono aeroporti che non sono scollegati dalla Sicilia, e dal territorio circostante, quindi non riescono a generare un output positivo di indotto e movimentazione.


Punta Raisi non è piazzato nel miglior punto possibile, ma Trapani Birgi, che è un aeroporto militare riaperto al traffico civile una dozzina di anni fa spendendo una ventina di milioni di Euro, è uno degli aeroporti meglio piazzati dal punto di vista aeronautico di tutto il bacino del Mediterraneo, tant'è vero che in inverno c'è la gara tra gli stormi italiani a rischierarsi a Birgi. La NATO tra l'altro lo usa in continuazione come base (FOB) per gli AWACS, ed ad Ottobre lo userà per la esercitazione Trident Juncture 2015. L'intervento in Libia nel 2011 di diversi paesi è stato fatto praticamente tutto da Birgi. 


A livello autostradale sono entrambi serviti dalla A29, a livello ferroviario stanno spendendo un miliardo e passa per il passante di Palermo e quindi anche per migliorare il collegamento ferroviario con la stazione di Punta Raisi già esistente da molti anni, ma riconosco bisognerebbe fare qualcosa in più per Trapani Birgi, che ha una stazione a poche centinaia di metri, ma sostanzialmente inusabile.


A me pare che relativamente al contesto Punta Raisi sia collegato decentemente con Palermo, anche dal punto di vista del trasporto pubblico, che con il passante si sta appunto provando a ulteriormente migliorare. Relativamente al contesto perché ovviamente Palermo è dal punto di vista della mobilità la peggiore realtà d'Europa nella sua classe di riferimento, tant'è che ogni anni combatte ad armi pari con megalopoli come Mosca e Istanbul sul podio delle classifiche per la città più congestionata d'Europa. 


Punta Raisi è decentemente collegato tramite autostrade con il Trapanese, meno con l'Agrigentino, ha collegamenti ferroviari orrendi o inesistenti con entrambi, ed almeno con Trapani è collegato malissimo con il trasporto pubblico gommato (con Agrigento sinceramente non saprei). 

 Trapani Birgi è un aeroporto militare riaperto al traffico civile a fine anni '90 grazie ad un modesto investimento pubblico servito a ristrutturare un vecchio terminal dei primi anni '60. Birgi è il terzo aeroporto militare aperto nei dintorni di Trapani, dopo Milo (anni '30) e Chinisia (1949), tutti e tre all'epoca aperti ai voli civili, in generale per permettere l'ultimo rifornimento e verifica prima del trasvolo tra Sicilia e l'Africa del Nord o le isole come Pantelleria o Lampedusa. Una volta che gli aerei diventarono più affidabili e capaci di rotte più lunghe, l'uso civile di Birgi cadde rapidamente in disuso come la sua funzione, il suo potenziale bacino completamente fagocitato da Punta Raisi. Non l'uso primario, militare, per il quale sono stati fatti degli investimenti imponenti nel corso dei decenni, ad esempio lo spostamento di un paio di chilometri della foce del fiume Birgi.

Alcuni politici di Trapani e Marsala (all'epoca di area FI, ma essenzialmente notabili locali, alcuni oggi si trovano dentro il PD, altri sono rimasti nel centrodestra) verso la fine degli anni '90 decisero di provare a riaprire al traffico civile l'aeroporto, trovando una fortissima opposizione, spesso pubblica, nella maggioranza degli altri politici locali, opposizione dovuta a ragioni esistenziali per il partito unico siciliano: ogni copeco investito nello sviluppo dell'aeroporto è materialmente sottratto al budget per la corruzione clientelare della zona.

Dopo alterne fortune con le tratte onerate, una decina di anni fa qualcuno decise di puntare sull'apertura di una base di un vettore low cost, promettendo un sensibile sconto sui costi aeroportuali. Senza che io sia in possesso in alcuna informazione non letta su media pubblici, la mia impressione è che alcuni dei soci privati dell'epoca, che intrattenevano già simili relazioni da molti anni con il vettore prescelto (a Orio al Serio) abbiano suggerito o imposto una tale scelta (tra l'altro riuscendo a spuntare quello che pare un ottimo prezzo, se confrontato con quello che si legge per aeroporti come Verona Villafranca, un multiplo di almeno 4 volte).

Sempre da notizie di stampa, perché nessuno si è mai degnato di pubblicare online i bilanci del gestore, quello che io ho capito è che lo sconto si sia configurato come un intervento mercatistico per metà a carico della ex provincia regionale di Trapani (quindi essenzialmente risorse pubbliche regionali) e per metà a carico del gestore (quindi per circa 1/4 private).

Questo dal 2006 al 2013, perché dall'alto della sua intelligenza e comprensione del mondo, il Sig. Crocetta ha deciso, prendendosene pubblicamente la responsabilità in maniera specifica ("Questo è bene che si sappia"), che tale intervento pubblico dovesse terminare (alcuni fanno notare che contestualmente abbia spostato molte più risorse anche per favorire simili interventi a favore dello sviluppo dell'aeroporto di Comiso, molto più vicino al suo personale bacino elettorale, ma è un altro discorso, i due aeroporti insistono su bacini completamente diversi, sono a 6-7 ore di auto di distanza, 12-14 ore di treno, chiunque sia dotato di un minimo di neuroni dovrebbe capire che non si può favorire Comiso azzoppando Trapani Birgi).

Trapani Birgi si trova a metà strada tra Trapani e Marsala, leggermente più vicino, un paio di chilometri, alla seconda, ma ricadendo il suo terminal (non tutto il sedime) dentro il territorio comunale di Trapani, è stato giuridicamente molto più semplice per Trapani collegarlo tramite servizi di trasporto pubblico (bus e taxi) di quanto lo sia stato per Marsala.

In generale, lo sviluppo dell'aeroporto ha generato un evidentissimo e rapido sviluppo turistico ed imprenditoriale nella zona a nord dell'aeroporto, minore e più lento a sud, ma questo è dovuto sia a motivi contingenti (e.g. nel periodo interessato Trapani si è trovata ad essere ben amministrata nel frattempo dal miglior sindaco della sua storia recente, mentre l'amministrazione locale di Marsala non ha particolarmente brillato, anzi) che strutturali (e.g. il collegamento stradale con Mazara del Vallo è gravoso un collo di bottiglia che non si potrà superare se non con ingenti investimenti infrastrutturali).

Il risultato complessivo nel settore turistico è oltre che visibilmente evidente, numericamente chiaro (elaborazione mia su dati pubblicati dall'Osservatorio Turistico Regionale):   

Densità di arrivi e presenze su popolazione 2013 su 1998

il che ha permesso alla ex provincia di Trapani di contestare a quella di Messina il titolo di provincia a maggior impatto turistico della Sicilia (nel 1998 stava sotto Siracusa, Palermo ed Agrigento, Catania e bene o male allo stesso livello di Ragusa):   

Densitá normalizzate di presenze e arrivi 2012 su popolazione

La valenza paradigmatica della vicenda di Trapani Birgi sta nel fatto che invece di prendere l'intervento a modello, e sprone ai poteri centrali (statali e regionali) per diminuire l'imposizione aeroportuale, almeno per gli aeroporti periferici delle zone depresse, la reazione della classe politica e dirigente del paese è variata tra l'assoluto menefreghismo ed incomprensione del fenomeno (il Sig. La Russa il 20 Marzo del 2011 chiuse l'aeroporto al traffico civile da un momento all'altro, senza prevedere alcun genere di supporto per i vettori, un evento che oltre ad aver compromesso la stagione turistica del 2011 ha aumentato sensibilmente la percezione di rischio e la reputazione dell'aeroporto, il cui sviluppo ha rallentato notevolmente da quel punto in poi) a quella che non può che essere definito che una cosciente ed incomprensibile decisione di ostacolarne lo sviluppo (il già citato Sig. Crocetta).

Parallelamente, un altro merito storico di chiunque abbia deciso di investire una trentina di milioni regionali in 10 anni nello sviluppo dell'aeroporto di Trapani Birgi, pur con una misura fragile ed ad personam, invece che bruciarli nell'orrido falò clientelare siciliano, è stato quello di dimostrare che in Sicilia Occidentale c'erano almeno 2 milioni di passeggeri latenti (a mio avviso ce ne sono molti di più), che chiunque gestisse Punta Raisi non aveva mai trovato modo di far esprimere.

Concludo al proposito spezzando però una lancia per alcuni dei manager dell'aeroporto di Punta Raisi: si rendevano ampiamente conto dei benefici effetti degli sconti sulla imposizione fiscale aeroportuale, hanno pubblicamente sollecitato per anni l'intervento della politica regionale o locale siciliana, senza mai ottenere alcun riscontro:  
"Mi piacerebbe dire quello che non fa la Regione Siciliana: la storia incredibile di questo aeroporto [nel contesto: Punta Raisi], ma così come di quello di Catania, è che non si è voluto copiare un modello assolutamente banale, che è quello di un moltiplicatore di investimento laddove mettendo pochissimo hai un ritorno gigantesco, e lo dimostra lo sviluppo economico di tutta la provincia del Trapanese, con lo sviluppo dei bed&breakfast, di tutti i locali, anche dell'incremento delle quotazioni degli immobili [… omissis …] sarebbe stato sufficiente che la regione avesse investito ogni anno anche 5 milioni di Euro, molto meno, per quanto, non dico la tabella H, ma molto meno per quanto spende per sagre di ordine vario, per avere un moltiplicatore di reddito spaventoso, e non è stato fatto. Questo l'hanno capito in Puglia, gli aeroporti pugliesi erano aeroporti morti, aeroporti morti, hanno fatto una gara con 20 milioni di Euro, sette milioni all'anno per tre anni, andate a vedere i numeri degli aeroporti pugliesi, andate a vedere i numeri, e quanti stranieri vanno in Puglia, dove meritava che ci si andasse, no? Però se si va in Puglia, si va due volte in Sicilia, da questo senza voler togliere nulla ai Pugliesi!". 
Carmelo Scelta, all'epoca Direttore Generale di GESAP, dal bellissimo documentario Inside Punta Raisi, min. 50:00 realizzato da Mobilita Palermo.

Le passerelle del terzo ponte sul Bosforo

Dal thread turco di Skyscrapercity sul terzo ponte sul Bosforo, selfie di uno degli ingegneri del progetto, Neslihan Uzun, che ci mostra le due passerelle completate un paio di settimane fa.



Devo confessare che da Siciliano, viene da piangere.

Friday, 7 August 2015

La regressività della pressione fiscale aeroportuale

Sicilia popolazione e aeroporti
Il grafico qui sopra rappresenta i 7 aeroporti che servono i Siciliani in proporzione al numero di passeggeri che hanno movimentato nel 2014.

I sette aeroporti sono posizionati su un cartogramma in cui i comuni siciliani hanno dimensioni proporzionali alla popolazione residente, questo per dare un'idea del bacino demografico a cui questi aeroporti offrono i propri servizi in Sicilia.

Per un vettore i costi aeroportuali contano relativamente, ma contano: il vettore va dove può garantirsi maggiori fattori di riempimento con il più elevato guadagno possibile, ma i costi aeroportuali entrano certamente nell'equazione, anche se non ne sono necessariamente la variabile decisiva.

Se andiamo quindi a guardare una tabella che descriva le varie voci di costo che i vettori aerei sono costretti a chiedere ai passeggeri per consentirne l'imbarco, noteremo che non c'è assolutamente alcuna proporzionalità tra il numero di passeggeri movimentato ed i costi di imbarco affrontati dai passeggeri:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani

Ad esempio Comiso nel 2015 ha movimentato meno del 5% dei passeggeri movimentati da Catania Fontanarossa, ma il costo per passeggero del primo è circa il 78% del secondo.

Queste due figure così diverse si spiegano con il fatto che per far funzionare un aeroporto, occorre affrontare molte spese fisse, sia in conto capitale che corrente, di entità piuttosto elevata, ragion per cui non è generalmente conveniente tenere aperti piccoli aeroporti, perché non è possibile suddividere queste spese tra un numero elevato di passeggeri.

Se andassimo a guardare la stessa tabella, fatto 100% il costo dell'aeroporto più a buon mercato in ogni colonna, otterremo questi risultati:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani in perc del meno caro

In realtà, però, l'aeroporto siciliano meno caro, quello di Trapani Birgi, è probabilmente più efficiente di quanto faccia ritenere quella tabella. Il motivo è che sui costi aeroportuali ha un impatto distorsivo molto elevato la colonna in giallo, che è un tributo introdotto dal legislatore italiano che non ha nulla a che fare con l'efficienza dei gestori aeroportuali.

Filtrando via i tributi introdotti dal legislatore nazionale che distorcono la correlazione tra spese aeroportuali e costo per passeggero, quello che rimane, per via della regolamentazione aeroportuale in vigore in Italia (e nella UE), che giustamente considera gli aeroporti come monopoli naturali, è altamente correlabile con l'efficienza di un gestore aeroportuale, e questi sono i risultati per gli aeroporti che servono i Siciliani:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani senza HB e FN

Il gestore di Trapani Birgi, e quelle cifre sono prima di eventuali interventi di co-marketing o altri sconti, appare essere a prima vista il doppio più efficiente del gestore di Palermo Punta Raisi, e circa il 40% più efficiente del gestore di Comiso. Approfondendo, dato che il gestore di Comiso è fondamentalmente lo stesso gestore di Catania Fontanarossa, parte del maggior costo di Comiso potrebbe ad esempio derivare da una minore concorrenza con l'aeroporto etneo. Comiso potrebbe non essere meno efficiente di Trapani Birgi, ma semplicemente perdere meno, perché fondamentalmente non compete con l'incumbent che domina il bacino condiviso. Comiso, avendo costi più alti, ma meno competizione, probabilmente perderebbe quindi meno soldi di Trapani Birgi, al prezzo probabilmente di uno sviluppo più lento, ma si spera meno fragile.

Ad ogni modo, quale che sia l'efficienza relativa dei vari aeroporti siciliani, dalla prima e dalla terza tabella precedentemente presentate, si ricava che la pressione fiscale aeroportuale è chiaramente regressiva, infatti sottraendo al costo aeroportuale per passeggero la distorsione fiscale dovuta ai tributi HB ed FN, si ottengono i seguenti risultati:

Distorsione fiscale aeroportuale per gli aeroporti siciliani

Da notare come l'impatto distorsivo maggiore sia subito appunto dagli aeroporti apparentemente gestiti in maniera più efficiente, o sottoposti a maggiori spinte competitive, e che soprattutto, i due aeroporti con un traffico chiaramente maggiore subiscano meno l'impatto della distorsione fiscale introdotta dal legislatore nazionale.

Come nel caso Siciliano, questa regressività fiscale che colpisce maggiormente gli aeroporti gestiti in maniera più efficiente e/o più esposti alla competizione, e che penalizza di meno gli aeroporti con un traffico medio o grande, sarà evidente anche per buona parte degli aeroporti italiani, sottoposti alla stessa desolante pressione fiscale aeroportuale.

Tuesday, 28 July 2015

Costi di imbarco in aeroporto: confronto tra Spagna e Sicilia

Se facessimo una top 10 degli aeroporti più cari in Spagna e Sicilia, i 7 aeroporti che servono la Sicilia ed i Siciliani sarebbero tutti tra i primi 9, in compagnia dei grandi hub spagnoli di Madrid e Barcellona.

Gli aeroporti delle mete turistiche spagnole con cui il settore turistico siciliano si trova a competere, o meglio spera un giorno di poter riuscire a competere, sono tutti enormemente meno cari degli aeroporti siciliani.

E questo non ostante da diversi anni a questa parte il governo spagnolo abbia deciso di incrementare la fiscalità aeroportuale: imbarcare un passeggero in Spagna non è probabilmente mai stato così caro.

Gli operatori turistici spagnoli sono ovviamente molto contrariati da questo cambio di politica, perché l'aumento dei costi aeroportuali deprime il traffico aereo, e di conseguenza impatta negativamente lo sviluppo del settore turistico, in special modo delle aree periferiche non altrimenti raggiungibili, come ad esempio le isole.

Ancora oggi, nel 2015, dopo anni ed anni di costante aumento tariffario in Spagna, per una linea aerea il costo di imbarco in aeroporto per ogni passeggero è in genere enormemente più caro in Sicilia che in Spagna.

Chissà quale sarà l'impatto sul turismo siciliano?

Le tabelle alla fine dell'articolo mostrano il costo d'imbarco per passeggero in euro (a sinistra) ed in percentuale del costo dell'aeroporto più caro (Palermo Punta Raisi) per imbarchi su voli diretti nei paesi dello Spazio Economico Europeo.

Si nota immediatamente che ad un vettore imbarcare un passeggero a Palermo costa il doppio che a Palma in estate o a Malaga tutto l'anno, aeroporti che vedono un movimento di aeromobili ed un traffico di passeggeri che è un multiplo di quello palermitano o catanese.

L'aeroporto siciliano più a buon mercato, Trapani Birgi, ha costi di imbarco per passeggero maggiori del 30% rispetto a quelli di Ibiza o Siviglia, e del 40% rispetto a Palma in inverno (da Novembre a Marzo, e.g. Natale e Carnevale inclusi, e qualche anno anche Pasqua).

Ci sono decine di aeroporti spagnoli che hanno costi d'imbarco per passeggero di appena un terzo rispetto a quelli di Palermo o Catania, e della metà rispetto a Trapani Birgi.

Da notare come Comiso abbia dei prezzi (di listino, poi ovviamente bisogna vedere quanto sconto riescono ad offrire ai vettori) praticamente comparabili con quelli dell'hub di Barcellona!

Per finire, lo stato italiano ha veramente bisogno di far pagare ai passeggeri che si imbarcano a Pantelleria e Lampedusa cifre così spropositate, rispetto a quello che è il ruolo chiaramente sociale di questi due aeroporti per almeno 10 mesi all'anno?

Costo imbarco pax Sicilia vs Spagna
Costo imbarco pax Sicilia vs Spagna perc di PMO

Le fonti sono AENA, ENAC, i listini pubblicati dai gestori degli aeroporti siciliani e per Lampedusa e Pantelleria simulazioni di acquisto con dei vettori.

Caveat: il costo riportato è il costo d'imbarco per passeggero ricavando sommando le poste dipendenti dall'imbarco del passeggero (diritti aeroportuali, tasse per i controlli di sicurezza, per il controllo del bagaglio a mano, per il controllo del bagaglio in stiva, contributi per i passeggeri a mobilità ridotta, addizionali, imposte sul valore aggiunto, ...). 

Il costo totale d'imbarco effettivo è in realtà più alto di quello riportato, perché include anche una ulteriore parte che dipende dall'aeromobile. 

Dato che quanto dipende dall'aeromobile è comunque abbastanza simile in Spagna e Sicilia, anche limitandoci alle poste dipendenti semplicemente dal passeggero, il messaggio suggerito dai dati sopra forniti non cambia.