Grazie al sistema politico italiano, chiunque si ritrovi a fare il sindaco di qualsiasi città, ma soprattutto di città delle dimensioni di Alcamo, Marsala, Mazara o Trapani, non potrà fare molto senza avere il completo supporto di rappresentanti presso il governo centrale ed il governo regionale che difendano proattivamente la comunità. I sindaci purtroppo quando sono soli, o sono lasciati soli, o comunque non sono supportati a sufficienza, diventano essenzialmente dei parafulmini istituzionali, ed il massimo a cui possono aspirare é non fare danni. L'esperienza degli ultimi 5 anni a Trapani dovrebbe essere abbastanza illuminante in merito. Se un appunto si può fare al povero sindaco Damiano, é di non essere riuscito a comunicare "meglio" ai cittadini trapanesi questo problema, che é il principale problema di ogni amministrazione comunale italiana. Uso "meglio" perché dobbiamo riconoscere che ci ha provato, e, magari in futuro, i media locali potrebbero anche provare a fare di più per veicolare questo messaggio, perché riguarda quello che è un problema primario e centrale che bisogna risolvere per potere finalmente ambire ad incentivare lo sviluppo ed il progresso delle nostre comunità.
Purtroppo non basta avere un buon progetto, ed un buon programma di lavoro, e nemmeno essere una persona capace ed intraprendente, perché il potere centrale, sia nazionale che regionale, fa e disfa a piacimento proprio, e secondo i propri interessi ed obiettivi, e se la comunità (ed il sindaco) non viene rappresentata e difesa dai parlamentari o da chi può in qualche maniera farsi ascoltare dal governo centrale, si vengono a creare continuamente situazioni la cui soluzione é fuori dalla portata dell'autonomia concessa ai sindaci (ed ai consigli comunali).
La soluzione é cambiare il sistema politico italiano. Al confine settentrionale, fisicamente tanto distante dalla Sicilia, gli italiani hanno l'esempio svizzero: la Confederazione Elvetica riesce a mitigare questa classe di problemi grazie alla decentralizzazione del potere, la suddivisione delle responsabilità tra i livelli di governo, e la concessione di una enorme autonomia di entrata, e quindi di conseguenza di una reale autonomia di spesa, agli enti locali, siano questi i comuni che i cantoni. Bisogna riuscire ad importare dalla Svizzera molte delle loro soluzioni, ma non é qualcosa che si può fare a partire dalle amministrazioni comunali, i cittadini devono costringere il potere centrale a cedere gran parte dei propri poteri, ed é una impresa improba, perché ci si scontra con gli interessi personali delle enormi caste estrattive che godono dei benefici del sistema attuale.
A volte ovviamente i sindaci sbagliano anche loro, prendono decisioni discutibili, e come cittadini facciamo bene a protestare, creare comitati, fare sentire la nostra voce. Ma dobbiamo anche imparare a riconoscere quale sia la vera distribuzione delle colpe del perché le nostre città e le nostre comunità sono in condizioni peggiori di quelle di altre città e comunità. E per ogni volta che la colpa é del sindaco o del consiglio comunale, ci saranno 10 volte in cui il principale colpevole é il governo regionale, e 100 volte in cui il principale colpevole é il governo nazionale.
Finché vigerà il regime centralistico attuale, più di 99 volte su 100 dovremmo rivolgere gran parte delle nostre legittime rimostranze per i problemi che attanagliano le nostre comunità a chi ci rappresenta a Palermo e soprattutto a Roma, ed in special modo a chi si trova nelle fazioni che supportano le compagini governative che via via si susseguono. E viceversa, nei rari casi, che pure esistono, in cui sia evidente che qualche nostro rappresentante sia riuscito a difendere la nostra comunità e a procurarci evidenti benefici, o anche solo a evitare malefici ai nostri danni, dobbiamo imparare a ringraziarli. Sia nelle urne, al di la di qualsiasi divisione tribale, che nel discorso pubblico.
[pubblicata come lettera al direttore su TP24.it con il titolo di "Le nostre città e il mancato sviluppo: parafulmini e responsabili"]
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