(originally published the 24th October 2004)
Agli inizi del XIX secolo, New York contava circa 79000 abitanti residenti, ed era una tranquilla cittadina molto differente dalla metropoli che ha dominato culturalmente ed economicamente il XX secolo.
Nel 1807 venne affidata ad una commissione di tre saggi (un mercante ex-politico, un topografo ed un avvocato) la redazione del piano urbanistico della città.
Quattro anni dopo venne adottato a New York quello che sarebbe diventato il celeberrimo Commissioner's Plan; firmato da Gouvernor Morris, Simeon De Witt e John Rutherford, adottato nel 1811, è uno degli strumenti urbanistici più visionari, più suggestivi e più fecondi che mente umana abbia mai partorito.
L'isola di Manhattan veniva suddivisa da 155 strade orizzontali (the streets) e 12 enormi viali verticali (the avenues), per un totale poco inferiore ai duemila isolati.
I tre saggi stimarono che quello spazio sarebbe stato sufficiente per circa 400.000 persone, ed anche se non potevano immaginare i grattacieli e le poderose strutture abitative e commerciali che permettono al giorno d'oggi a ben due milioni di persone di vivere in quello stesso spazio, essi ammirevolmente prevedettero per la loro città la possibilità, piuttosto remota ed improbabile per i contemporanei, di quintuplicare i propri abitanti.
Nel 1811 non c'era nulla che lasciasse presagire il grande futuro di New York, il canale per il lago Erie venne iniziato nel 1817 e completato soltanto nel 1825, nessuno immaginava che New York sarebbe diventata il più grande porto del pianeta, la porta delle Americhe per decine di milioni di persone e la vera e propria capitale del pianeta nel secolo successivo.
Già da alcuni anni milioni di persone premono ai confini dell'Europa, sperando di trovare un mezzo, perlopiù lecito ma a volte anche illecito, per oltrepassarli. Queste persone, per una serie innumerevoli di motivi, vorrebbero venire a vivere e lavorare in Europa, dove sperano di poter un giorno prosperare. Fino ad oggi, e dispero che la cosa possa migliorare in futuro, la risposta degli Europei è stata, se non miope, almeno strabica. L'Europa si è trasformata in una sorta di fortezza, tenta di chiudere tutte le sue frontiere, ed ammette al suo interno soltanto un piccolo rivolo di quell'enorme flusso di persone che desidererebbero accedervi, tutto questo quando nel contempo, se non nelle parole almeno nei fatti, l'Europa, non meno che i suoi dirimpettai ad Occidente come ad Oriente, si disinteressa quasi completamente della necessità di adottare delle politiche di sostegno allo sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della gran parte degli abitanti e dei paesi del pianeta. Non ci si faccia ingannare da quanto viene realizzato, per quanto meritevole ed ammirevole, si tratta di una goccia d'acqua in un oceano di disperazione, sfruttamento, ignoranza e completa assenza di speranza.
Lo sviluppo dei paesi del terzo mondo, se mai avverrà, sarà un evento di proporzioni bibliche, e la cui gestione graverà sulle spalle di diverse generazioni, ma l'assicurare una valvola di sfogo per la pressione che attualmente schiaccia i friabili confini d'Europa è invece qualcosa di possibile e realizzabile, a costo di possedere una certa lungimiranza e di riuscire a vedere il futuro con visione non limitata alla punta del nostro naso.
Una delle cose che si potrebbero fare sarebbe quella di creare una New York Europea, una porta d'Europa dove far confluire ogni anno decine di migliaia di immigranti.
L'idea sarebbe quella di scegliere un'area abbastanza estesa e poco urbanizzata, di progettarne una possibile futura espansione prendendo a modello The Commissioner's Plan, con una bella pianta a griglia ortogonale, e come nella New York del XIX secolo iniziare a farla crescere con iniezioni annuali di nuovi cittadini, scelti tra i milioni che premono ai confini d'Europa.
Personalmente ritengo che non vi siano molte aree candidabili per un simile progetto in Europa, ma che la provincia di Trapani, soprattutto per quanto riguarda tutta quella zona bene o male pianeggiante o al limite leggermente collinare che da Trapani si estende fino a Mazara del Vallo, potrebbe essere un gran bel pretendente: geograficamente al centro del Mediterraneo, dotata di ben tre porti naturali, con un aereoporto piazzato strategicamente nella sua zona centrale e con un tasso di urbanizzazione molto basso e comunque non di particolar pregio storico, architettonico o, tralasciando la bellissima via del sale che sarebbe ovviamente da preservare in ogni caso, paesaggistico, potrebbe essere gradualmente popolata da un flusso controllato e selezionato di immigrati desiderosi di vivere e lavorare in Europa. La cosa andrebbe ovviamente progettata con cura e con attenzione, bisognerebbe coinvolgere la popolazione locale ed ottenerne il consenso, nonché riuscire a farla diventare una priorità politica ed economica Europea, ma personalmente ritengo che un progetto di ricolonizzazione urbana da parte di circa 500 mila nuovi cittadini in dieci anni sia, oltre che fattibile, per certi versi auspicabile anche per gli attuali abitanti dell'area, a cui si aprirebbero nuove prospettive economiche ed imprenditoriali altrimenti impensabili, e che si troverebbero ad avere la possibilità di trasformare la propria realtà geografica da fossilizzata periferia dell'Impero a vero e proprio cuore pulsante cosmopolita e multiculturale d'Europa e del Mediterraneo.