Saturday 7 May 2005

Lavoro in Turchia 3

(originally published on it.lavoro.informatica the 6th May 2005)

Uno straniero che volesse lavorare a Istanbul ha davanti a se meno strade aperte, rispetto a un locale.
In primis ci sono i problemi dovuti alla lingua e ai permessi di soggiorno.
Se quello che vi spinge ad Istanbul non sono i soldi, non volete lavorare nell'informatica e vi accontentate di sopravvivere, problemi particolari non ne dovreste avere.
In giro per la città di personale non Turco se ne vede parecchio, soprattutto nei lavori di bassa forza, e più sporadicamente nel settore turistico o commerciale.
Si vedono molti giovani docenti di lingua Inglese, richiestissimi i madrelingua, non solo ad Istanbul, ma praticamente ovunque in Turchia.
I docenti in Turchia sono ricercatissimi, quelli pubblici non sono pagati per nulla bene, anche se hanno ferie lunghissime, ma nel settore privato c'è un business incredibile (e ci sono alcune scuole o università private letteralmente fantascientifiche), e tantissime opportunità per docenti stranieri; giusto per fare un esempio, la Koç School, fino a poco tempo fa' soltanto elementare e media e da poco anche un liceo, ha il 30% del suo personale docente straniero, tra cui il direttore, ed i suoi 2000 studenti usufruiscono di un campus di 750 mila metri quadri con infrastrutture valutate in 30 milioni di dollari; se avete le necessarie competenze, per il prossimo anno scolastico cercano docenti d'informatica (http://www.kocschool.k12.tr/en/common/job.asp). Nelle località turistiche il numero di Europei occidentali (tra cui anche Italiani) impiegatisi in qualche ristorante, o che hanno provato ad avviare una qualche attività, è comunque già più sensibile. Vi ricordo, come citato prima, che è entrare in Turchia come imprenditori di se stessi o come partner in qualche società è relativamente più semplice, che non entrare per andare a fare i dipendenti.
Come in ogni parte del mondo, il networking è un'attività piuttosto importante, se non fondamentale. Un buon posto dove iniziare per uno straniero voglioso di trasferirsi ad Istanbul potrebbe essere uno dei forum di mymerhaba.com, ad esempio http://www.mymerhaba.com/en/forum/display_forum_topics.asp?ForumID=17. Notare il numero degli informatici, e le specializzazioni, e le occasionali offerte per lavori temporanei.
Fino a qui abbiamo scavato la buccia, passiamo alla polpa.
Tonizzo a quanto pare lo sa, ma faccio questa premessa per quelli che magari non sono così informati: all'aereoporto di Istanbul, i consulenti meglio vestiti, quelli che profumano denaro e soddisfazione professionale da tutti i pori, non sono quelli che sbarcano, ma quelli di passaggio.
Vanno a Dubai.
Ne vedi giornalmente a decine, anche perché a volte fanno la spola con Tel Aviv, ed allora Istanbul è praticamente un passaggio obbligato.
Ma visto che quell'aereo per Dubai proprio non s'ha da pigliare, lasciamo partire qualcun altro al posto nostro e rimaniamo ad Istanbul, evitiamo di farci fregare dal primo tassinaro all'uscita, e vediamo che c'è da fare.
Le joint venture.
La Turchia ha ricevuto un prestito da 20 miliardi di dollari da parte dell'IMF, qualche altro dalla World Bank e qualche spicciolo dalla UE.
In cambio, deve privatizzare.
I grandi gruppi Turchi si sono buttati come falchi, ma anche quelli Europei o Statunitensi non scherzano.
Telecom Italia tra i più volenterosi, ha già un piede nella telefonia cellulare, e ora vorrebbe, acquisendo Turk Telekom, disegnare il mercato telefonico Turco ad immagine e somiglianza di quello Italiano (cioé, Telecom Italia über alles).
Se ci riesce, cioé se vince l'asta, si apriranno sicuramente delle opportunità per Italiani, non solo da parte di Telecom Italia, ma anche dalla parte dei suoi alleati nella cordata (qualcuno che parla Italiano e che capisce quello che esattamente dicono gli uomini dell'alleato fa sempre comodo).
Ai tempi dello startup di Aria un mio collega mi presentò un suo amico che ad Istanbul viveva da nababbo, lavorando appunto come figura di contatto tra il management locale e la sede centrale.
Questo è un esempio, tutte le joint venture tra società Italiane e società Turche presuppongono la presenza in loco di personale Italiano, e quindi Italcementi, Cementir, Benetton (ha appena investito 14 milioni di Euro in una joint venture con Boyner, questi, a parte le linee tradizionali, hanno un prodotto di abbigliamento chiamato T-Box che ha fatto impazzire le mie sorelle ed alcuni altri Italiani a cui lo abbiamo regalato, scommetto che in Italia se ne potrebbero vendere milioni), Zegna, Chicco, Alenia, Agusta, Barilla, Perfetti, Pirelli, FIAT, Beretta, Menarini, Merloni, ST hanno certamente personale Italiano in loco (per alcune di queste società ho avuto occasione di farne conoscenza diretta, alcuni se la passavano benissimo, altri meno, però mediamente abbastanza bene), e quando si espandono o si insediano, espandono o insediano questa presenza, perlopiù trasferendo personale fidato o fidabile dall'Italia (si tratta spesso di ruoli chiave o ritenuti comunque fondamentali), ma non è detto che non assumano qualcuno alla bisogna.
Peccato non sia andata in porto la trattativa tra Garanti e Banca Intesa, sommare la quota di mercato di Garanti con il 3% del mercato bancario recentemente assicuratosi da Unicredito con l'acquisizione del 50% di Koçbank non sarebbe stato male per il sistema paese Italia.
Oltre alle joint venture, l'altro settore interessante è quello per i professionisti iperspecializzati in una determinata tecnica o tecnologia che una qualche impresa o settore turco determini strategica per il proprio business.
Sapete far funzionare qualche macchina tessile di ultima generazione, sapete dove mettere le mani per gestire, modificare, personalizzare o razionalizzare una macchina per la lavorazione lapidea o un qualsiasi impianto meccanico, ad Istanbul e dintorni c'è lavoro per voi.
Se poi questi impianti li sapete anche vendere o implementare o progettare o configurare o quant'altro, c'è sempre più lavoro, soprattutto se le sapete vendere (attenzione a chi vendete però, qualche squalo lo si trova sempre, e se si chiama Cem Uzan e tu sei uno a caso tra Motorola e Nokia, ti può pure fare perdere qualche miliardo di Euro nel buco nero della tua ingordigia).
Altro segmento interessante, per tanti motivi, quello pubblicitario: ad Istanbul le modelle, soprattutto se bionde e provenienti dall'est Europeo, vengono pagate più che in Italia (la prossima volta che vado a Istanbul devo fare una ricerca di mercato in merito e devo provare a trovare contatti per due fotografi Italiani, con la crisi del tessile nazionale sono tra i più colpiti, uno mi ha candidamente confessato di non aver avuto una commessa decente da Ottobre), mi dicono in multipli del compenso che percepiscono generalmente a Milano.
La qualità del ritocco fotografico nel risultato finale è di solito ancora non ai livelli di quello Italiano, se quello è il vostro settore provate a contattare le varie agenzie pubblicitarie.
In generale tutto l'indotto del tessile va bene, così come tutto l'indotto delle lavorazioni meccaniche (in Turchia si possono fare 1 milione di auto l'anno, ma praticamente tutte le fabbriche non lavorano mai a pieno regime, e però se si continua di questo passo ci si arriverà a breve).
Nella gestione dei sistemi informativi, SAP la fa da padrone, dato che a differenza dell'Italia in Turchia si sono formati diversi grandi conglomerati che hanno interessi diversificati un po' dappertutto.
Anche lì, nelle sedi delle multinazionali posti di lavoro o per consulenze più o meno spot in ambienti dove si lavora in Inglese non dovrebbero essere particolarmente rari.
Se poi infine volete aprire una qualche attività imprenditoriale, e siete ancora dell'idea dopo esservi sorbiti questi 3 mattoni e tutte le controindicazioni del caso e tutte quelle che troverei in seguito, e volete una consulenza in merito, sapete dove trovarmi :-p

Friday 6 May 2005

Lavoro in Turchia 2

(originally published on it.lavoro.informatica the 6th May 2005)

Un Turco che volesse trovare un lavoro ad Istanbul, tra le varie risorse a disposizione, ha soprattutto l'inserto domenicale del giornale Hurriyet, IK (Insan Kaynaklari, risorse umane).
Il Gotha dell'industria e dei servizi Turco fa a gara a chi riesce a mettere il migliore annuncio sulle prime pagine, tutti sanno che praticamente tutti i non analfabeti della nazione butteranno almeno uno sguardo su quell'inserto, ed è una questione di prestigio ed una sicura pubblicità riuscire a piazzare il proprio annuncio su quelle pagine.
Quando l'economia gira, le inserzioni ricoprono a tappeto una decina di fogli, ma anche quando c'è crisi nera, sempre tre o quattro fogli vengono ricoperti.
In Turchia non esiste l'articolo 18, per cui anche con la crisi più crisi, si approfitta licenziando più di quanto sarebbe necessario per poter assumere, cercando nel contempo di migliorare la capacità di creare valore aggiunto dell'azienda.
Per parlare in maniera limpida e comprensibile, se qualcuno non rende quanto ci si aspetta, indipendentemente dal fatto che possa esserne o meno colpevole della cosa, gli si comunica il licenziamento (basta una telefonata ed essere disposti a pagargli un'indennità proporzionale all'anzianità di servizio) e si assume qualcun altro.
Attenzione: gli squali ci sono anche ad Istanbul, ma mediamente meno che a Milano o in generale in Italia.
[Piccola deviazione ispirata da un articolo di n.n] Non è la presenza o meno dell'articolo 18 a rendere i datori di lavoro più o meno propensi a licenziare o assumere per i più svariati motivi, ci sono anche altre componenti, sociali e culturali, oltre che ovviamente economiche.
Il fatto di potersi sbarazzare molto semplicemente della forza lavoro quando questa non è necessaria, ed è più un peso che non una risorsa, è un indice di quanto ad oggi la Turchia cerchi disperatamente di giocare la sua partita sul mercato globale, accettando la competizione come invece fino ad ora non ha praticamente fatto l'Italia (per spiegare il passaggio: senza articolo 18, sarebbe più difficile creare consenso politico e clientele, vagli a raccontare balle a centinaia di migliaia di padri di famiglia che perdono il lavoro per colpa di una recessione, cosa che in Italia avviene in maniera molto attutita, e che invece i politici Turchi o Inglesi sono costretti ad affrontare nei periodi di magra)[fine piccola deviazione].
Come dicevo, è una questione di prestigio e pubblicità, ed è anche una sorta di rating aziendale.
Se un gruppo Turco non pubblicizza nessuna posizione su IK per un periodo molto lungo, più che morta l'opinione pubblica la ritiene sepolta.
IK non ha un vero e proprio sito, e però credo che http://www.yenibir.com sia in qualche modo a loro correlato (Hurriyet è uno degli asset principali della Dogan Holding, http://www.doganholding.com.tr/ e http://www.dol.com.tr, una delle non molte società Turche che sottopone ad auditing i propri conti e che rispetta i principi IFRS, hanno appena venduto la banca del gruppo per 1 miliardo di Euro).
Tra le posizioni pubblicizzate su IK, ve ne sono sempre alcune in cui l'annuncio è scritto in Inglese o Tedesco, meno spesso in Francese, molto più raramente in Italiano, ma la stragrande maggioranza sono scritte in Turco, e difatti la conoscenza della lingua Turca è una delle principali discriminanti e necessità per moltissime posizioni e nella maggioranza degli ambienti di lavoro.
Non è impossibile lavorare in Turchia non conoscendo il Turco, ma certo non è facile né tantomeno semplice trovare quel tipo di lavoro (ma di questo argomento lo lascio ad un articolo successivo).

Se il Turco non spaventa o se magari è la vostra passione nascosta, questo è un elenco di siti che pubblicizzano offerte di lavoro online, in rigoroso ordine alfabetico:


http://www.avrupadata.com
http://www.beyazkariyer.com
http://www.bilgikariyer.com
http://www.bursakariyer.net
http://www.cvclub.net
http://www.cvtr.net
http://www.ealver.com
http://www.eleman.net
http://www.elemanborsasi.com
http://www.elemankiralama.com
http://www.insangucu.com
http://www.insankaynaklari.com
http://www.isbuluyorum.com
http://www.iskapisi.com
http://www.isturk.net
http://www.kampusgunleri.com
http://www.kariyer.com
http://www.kariyer.net
http://www.kariyerimizve.biz
http://www.kariyeronline.net
http://www.loginit.com <--
http://www.mulakat.net
http://www.personelonline.com
http://www.recruitmenturkey.com
http://www.secretcv.com <---
http://www.tekadres.com
http://www.turkcv.net
http://www.turkiyedata.com
http://www.turkkariyer.com
http://www.turizmdekariyer.com
http://www.turizmkariyer.net


Come vedete, ho segnato http://www.secretcv.com, ma giusto perché sono iscritto a quel sito e mi spediscono una posizione al giorno da tempo immemorabile, e http://www.loginit.com, perché tratta perlopiù posizioni IT. A proposito, in Turco computer si dice bilgisayar (più o meno "gestore dell'informazione"), e chi lavora con un computer è un bilgisayarci (letteralmente informatico). Ero iscritto anche su un altro motore di ricerca (all'epoca per rispondere ad un annuncio della locale filiale della Banca di Roma), ma non ricordo più il nome. Altra risorsa di cui non ricordo colpevolmente il nome, un'agenzia che tratta perlopiù consulenti stranieri, strada da non sottovalutare in merito alla questione.

Lavoro in Turchia

(originally published on it.lavoro.informatica the 6th May 2005)

In realtà quell'articolo era giusto una premessa, quantunque lunga, necessaria.
In Turchia la proporzione della popolazione che se la passa male, e che è comunque al di sotto della soglia di povertà, è comunque molto maggiore della stessa proporzioni in Italia.
Certe offerte che si vedono o si sentono in giro qui in Italia sono praticamente lesive della dignità professionale dell'informatico Italiano e gettano una luce sconfortante sul presente ed il futuro della nostra professione appunto perché in un paese dove il PIL pro capite è sui 20k ¤ offrire cifre paragonabili a quelle di una città (di 10 e passa milioni di abitanti, il paragone IMHO è statisticamente sensato) dove il PIL pro capite è sui 5k ¤ è quantomeno curioso.
Se poi conti che con 250 Euro al mese ad Istanbul ci affitti un appartamento di 150m2 e che sul vitto la spesa è comunque un quoziente di quella che so di Milano, la cosa inizia ad essere sconfortante, come faceva notare il buon n.n., ed aggiungo, indipendentemente dal fatto che un paese si chiami Italia e l'altro Turchia.
C'è un bellissimo proverbio Siciliano che dice "U pisci feti r'a testa" (il pesce puzza dalla testa), e non posso che essere d'accordo, per cui bisogna cambiare la testa, e non deve essere un tentativo abortito, non riuscito e per certi aspetti peggiorativo di Tangentopoli, e qui bisogna prendere esempio dai Turchi: un governo non gli piace? Un primo ministro si fa i cazzi suoi? Una coalizione non sa governare? Alla prossima elezione, gli danno un calcio e lo distruggono politicamente (al livello che il partito del presidente del consiglio della coalizione che governava il paese prima del 2002 ha preso alle ultime elezioni, alle quali si è presentato in carica, qualcosa come il 2% dei voti, perdendo una ventina di punti percentuali e tutti i seggi rispetto alla precedente tornata elettorale).
Che indipendentemente dal loro tasso e dal loro livello di sviluppo, loro siano attualmente governati meglio di noi, è, dal mio punto di vista, ben più tragico (per noi) del fatto che il loro mercato del lavoro inizi a sembrare appetibile anche ad alcuni di noi.
Alla fine, come ben vedi, ognuno, se non l'artefice, è comunque protagonista del proprio futuro.
Quando impareremo a bastonare i nostri politici, a farli tremare veramente prima di un'elezione, quando nessun collegio elettorale potrà più essere definito sicuro e quando inizieremo a mandare a casa sistematicamente i cialtroni, i corrotti, gli inetti, gli approfittatori ed i lacché, sarà sempre troppo tardi (e ricordati anche in quel caso dei fiori e della messa, foss'anche tra cent'anni).

Thursday 5 May 2005

Lavoro in Turchia

(originally published on it.lavoro.informatica the 5th May 2005)

(scritto in risposta ad una gentile richiesta da parte di un sottoscrittore di it.lavoro.informatica)

No, il newsgroup va benissimo (tra l'altro non sei il solo ad avermi chiesto quel genere di informazioni, approfitterò biecamente).
Seguirà una risposta più dettagliata, per ora faccio delle premesse macroeconomiche in ordine sparso:
- La Turchia, e soprattutto Istanbul, per ora è in pieno boom, ma se un Italiano volesse andare a lavorare all'estero (non come imprenditore, ma come professionista/consulente/dipendente), soprattutto se un informatico, probabilmente le migliori opzioni (dove con migliori leggi anche relativamente più semplici da realizzare) in media sarebbero in ordine Regno Unito ed Eire.
Altri paesi, con più difficoltà di vario ordine ma dove sicuramente pagano migliori stipendi sono Iraq, EAU e Svizzera (e tanti altri che non ha senso elencare, ho messo giusto degli estremi).
- Il ciclo espansivo Turco potrebbe essere effimero.
É già capitato in passato, potrebbe capitare in futuro.
Attualmente hanno un buon governo, che è riuscito a gestire la crescita, ma sta erodendo il suo consenso politico perché della crescita se ne stanno approfittando perlopiù le aree metropolitane mediterranee, che non votano AKP (o comunque non votano AKP in maniera plebiscitaria), lasciando indietro l'altipiano anatolico, dove l'AKP durante le ultime politiche ha fatto il pieno.
La gente non capisce che hanno votato a fare AKP se poi ad arricchirsi sono sempre quelli che vivono sul mare.
Un ritorno all'instabilità politica avrebbe conseguenze sicuramente negative se non nefaste sulla crescita economica.
Da notare come in realtà l'AKP non abbia in realtà tralasciato l'Anatolia, ha dirottato un bel po' di risorse da quelle parti, ma per oggettive condizioni sociali/economiche/logistiche è difficile fare partire quel motore.
Dall'altra parte, Iznik, Istanbul, Çukurova, Smirne e Bursa vanno a gonfie vele.
- il ciclo espansivo non abbraccia tutti i settori.
Ci sono settori che risentono della concorrenza dell'est europeo (Bulgaria e Romania, in Turchia gli stipendi minimi sono il doppio dei loro medi), ci sono settori che risentono della concorrenza della Cina, ci sono settori che non vanno e basta (probabilmente in alcuni casi c'è pure eccesso di offerta a livello planetario, ma spostare risorse da campi che a volte molte nazioni ritengono strategici non è semplice).
- Le percentuali di aumento del PIL non sono tutto, conta anche la dimensione.
Quando il Regno Unito cresce del 2,5% si parla di 45 miliardi di Euro; per creare quella ricchezza la Turchia dovrebbe crescere del 20%.
Quando la Cina cresce del 10%, quella percentuale significa 150 miliardi di Euro, e qui per creare quella ricchezza la Turchia dovrebbe crescere del 65% .
.
poi bisogna anche vedere dove si crea questa ricchezza.
Nel Regno Unito ad esempio è praticamente tutta nei servizi (l'industria Inglese è addirittura in recessione), perlopiù legati a doppia mandata con l'informatica.
- La Turchia importa troppo.
Ha uno sbilancio di 15 miliardi di Euro (esportando appena 55 miliardi, la Cina esporta ed importa più di 10 volte tanto).
Turchi ed Inglesi (anglosassoni in genere) condividono molto a livello microeconomico e modelli di consumo, gli Anglosassoni (anche gli Statunitensi) coprono i loro sbilanci commerciali stampando moneta (USA) o gonfiando i valori immobiliari (UK), i precedenti governi Turchi adoperavano l'inflazione a livello interno e l'FMI a livello esterno, ma ora come ora quale leva possono utilizzare per continuare a vivere da cicale senza iniziare ad esportare come Dio comanda? E qui arriviamo all'appeal commerciale del made in Turkey.
I Turchi fanno ottimi vestiti, ottima pelletteria, ottimi televisori (ed elettrodomestici in genere), e tante altre cose, ma quali margini ci riescono a ricavare? Una mia ex collega una volta mi ha offerto dei dolci, il vassoio era vetro Pasabahçe, le ho chiesto che gliene sembrava, dopo una certa sopresa mi ha detto che faceva parte di un servizio che aveva acquistato da Migliore (catena palermitana) e che l'aveva trovato di un rapporto qualità/prezzo ottimo, quando gli ho detto che era Turco non voleva crederci.
Ma dai, è impossibile.
SiseCam (che possiede e produce il marchio Pasabahçe) è sul mercato dal 1935.
Quindi o migliorano sensibilmente l'appeal delle loro produzioni, o si dovranno accontentare di margini bassi per prodotti a rapporto qualità/prezzo ottimo.
E con la Cina in giro, quella non è una posizione invidiabile (né tantomeno difendibile).
Di nuovo, alcuni settori esportano bene e tanto, altri sono in ambasce, altri proprio non esistono.
A questo punto, non potendo stampare carta, con i modelli di consumo che inducono a comportarsi da cicale pur esportando poco, non essendo coperti da una moneta forte, cosa rimane? Speculazione immobiliare? Senza moneta forte, se non cresci bene e con continuità prima o poi fai bum.
- I Turchi hanno una produzione agricola vasta ed ad ampio spettro e quantità (dalle banane al te, dalle arance alle patate, dalle nocciole ai pomodori, nomina il tuo prodotto agricolo preferito e c'è qualcuno in Turchia che lo produce), ma quella è probabilmente la causa prima dei loro problemi nel processo di integrazione con la UE.
Vagli a spiegare ai Francesi che debbono fare concorrenza ai prodotti agricoli Turchi senza dazi e senza aiuti comunitari.
Quando gli fai cambiare idea, vienimi a portare i fiori freschi e pagami una messa.