(originally published on it.lavoro.informatica the 6th May 2005)
Uno straniero che volesse lavorare a Istanbul ha davanti a se meno strade aperte, rispetto a un locale.
In primis ci sono i problemi dovuti alla lingua e ai permessi di soggiorno.
Se quello che vi spinge ad Istanbul non sono i soldi, non volete lavorare nell'informatica e vi accontentate di sopravvivere, problemi particolari non ne dovreste avere.
In giro per la città di personale non Turco se ne vede parecchio, soprattutto nei lavori di bassa forza, e più sporadicamente nel settore turistico o commerciale.
Si vedono molti giovani docenti di lingua Inglese, richiestissimi i madrelingua, non solo ad Istanbul, ma praticamente ovunque in Turchia.
I docenti in Turchia sono ricercatissimi, quelli pubblici non sono pagati per nulla bene, anche se hanno ferie lunghissime, ma nel settore privato c'è un business incredibile (e ci sono alcune scuole o università private letteralmente fantascientifiche), e tantissime opportunità per docenti stranieri; giusto per fare un esempio, la Koç School, fino a poco tempo fa' soltanto elementare e media e da poco anche un liceo, ha il 30% del suo personale docente straniero, tra cui il direttore, ed i suoi 2000 studenti usufruiscono di un campus di 750 mila metri quadri con infrastrutture valutate in 30 milioni di dollari; se avete le necessarie competenze, per il prossimo anno scolastico cercano docenti d'informatica (http://www.kocschool.k12.tr/en/common/job.asp). Nelle località turistiche il numero di Europei occidentali (tra cui anche Italiani) impiegatisi in qualche ristorante, o che hanno provato ad avviare una qualche attività, è comunque già più sensibile. Vi ricordo, come citato prima, che è entrare in Turchia come imprenditori di se stessi o come partner in qualche società è relativamente più semplice, che non entrare per andare a fare i dipendenti.
Come in ogni parte del mondo, il networking è un'attività piuttosto importante, se non fondamentale. Un buon posto dove iniziare per uno straniero voglioso di trasferirsi ad Istanbul potrebbe essere uno dei forum di mymerhaba.com, ad esempio http://www.mymerhaba.com/en/forum/display_forum_topics.asp?ForumID=17. Notare il numero degli informatici, e le specializzazioni, e le occasionali offerte per lavori temporanei.
Fino a qui abbiamo scavato la buccia, passiamo alla polpa.
Tonizzo a quanto pare lo sa, ma faccio questa premessa per quelli che magari non sono così informati: all'aereoporto di Istanbul, i consulenti meglio vestiti, quelli che profumano denaro e soddisfazione professionale da tutti i pori, non sono quelli che sbarcano, ma quelli di passaggio.
Vanno a Dubai.
Ne vedi giornalmente a decine, anche perché a volte fanno la spola con Tel Aviv, ed allora Istanbul è praticamente un passaggio obbligato.
Ma visto che quell'aereo per Dubai proprio non s'ha da pigliare, lasciamo partire qualcun altro al posto nostro e rimaniamo ad Istanbul, evitiamo di farci fregare dal primo tassinaro all'uscita, e vediamo che c'è da fare.
Le joint venture.
La Turchia ha ricevuto un prestito da 20 miliardi di dollari da parte dell'IMF, qualche altro dalla World Bank e qualche spicciolo dalla UE.
In cambio, deve privatizzare.
I grandi gruppi Turchi si sono buttati come falchi, ma anche quelli Europei o Statunitensi non scherzano.
Telecom Italia tra i più volenterosi, ha già un piede nella telefonia cellulare, e ora vorrebbe, acquisendo Turk Telekom, disegnare il mercato telefonico Turco ad immagine e somiglianza di quello Italiano (cioé, Telecom Italia über alles).
Se ci riesce, cioé se vince l'asta, si apriranno sicuramente delle opportunità per Italiani, non solo da parte di Telecom Italia, ma anche dalla parte dei suoi alleati nella cordata (qualcuno che parla Italiano e che capisce quello che esattamente dicono gli uomini dell'alleato fa sempre comodo).
Ai tempi dello startup di Aria un mio collega mi presentò un suo amico che ad Istanbul viveva da nababbo, lavorando appunto come figura di contatto tra il management locale e la sede centrale.
Questo è un esempio, tutte le joint venture tra società Italiane e società Turche presuppongono la presenza in loco di personale Italiano, e quindi Italcementi, Cementir, Benetton (ha appena investito 14 milioni di Euro in una joint venture con Boyner, questi, a parte le linee tradizionali, hanno un prodotto di abbigliamento chiamato T-Box che ha fatto impazzire le mie sorelle ed alcuni altri Italiani a cui lo abbiamo regalato, scommetto che in Italia se ne potrebbero vendere milioni), Zegna, Chicco, Alenia, Agusta, Barilla, Perfetti, Pirelli, FIAT, Beretta, Menarini, Merloni, ST hanno certamente personale Italiano in loco (per alcune di queste società ho avuto occasione di farne conoscenza diretta, alcuni se la passavano benissimo, altri meno, però mediamente abbastanza bene), e quando si espandono o si insediano, espandono o insediano questa presenza, perlopiù trasferendo personale fidato o fidabile dall'Italia (si tratta spesso di ruoli chiave o ritenuti comunque fondamentali), ma non è detto che non assumano qualcuno alla bisogna.
Peccato non sia andata in porto la trattativa tra Garanti e Banca Intesa, sommare la quota di mercato di Garanti con il 3% del mercato bancario recentemente assicuratosi da Unicredito con l'acquisizione del 50% di Koçbank non sarebbe stato male per il sistema paese Italia.
Oltre alle joint venture, l'altro settore interessante è quello per i professionisti iperspecializzati in una determinata tecnica o tecnologia che una qualche impresa o settore turco determini strategica per il proprio business.
Sapete far funzionare qualche macchina tessile di ultima generazione, sapete dove mettere le mani per gestire, modificare, personalizzare o razionalizzare una macchina per la lavorazione lapidea o un qualsiasi impianto meccanico, ad Istanbul e dintorni c'è lavoro per voi.
Se poi questi impianti li sapete anche vendere o implementare o progettare o configurare o quant'altro, c'è sempre più lavoro, soprattutto se le sapete vendere (attenzione a chi vendete però, qualche squalo lo si trova sempre, e se si chiama Cem Uzan e tu sei uno a caso tra Motorola e Nokia, ti può pure fare perdere qualche miliardo di Euro nel buco nero della tua ingordigia).
Altro segmento interessante, per tanti motivi, quello pubblicitario: ad Istanbul le modelle, soprattutto se bionde e provenienti dall'est Europeo, vengono pagate più che in Italia (la prossima volta che vado a Istanbul devo fare una ricerca di mercato in merito e devo provare a trovare contatti per due fotografi Italiani, con la crisi del tessile nazionale sono tra i più colpiti, uno mi ha candidamente confessato di non aver avuto una commessa decente da Ottobre), mi dicono in multipli del compenso che percepiscono generalmente a Milano.
La qualità del ritocco fotografico nel risultato finale è di solito ancora non ai livelli di quello Italiano, se quello è il vostro settore provate a contattare le varie agenzie pubblicitarie.
In generale tutto l'indotto del tessile va bene, così come tutto l'indotto delle lavorazioni meccaniche (in Turchia si possono fare 1 milione di auto l'anno, ma praticamente tutte le fabbriche non lavorano mai a pieno regime, e però se si continua di questo passo ci si arriverà a breve).
Nella gestione dei sistemi informativi, SAP la fa da padrone, dato che a differenza dell'Italia in Turchia si sono formati diversi grandi conglomerati che hanno interessi diversificati un po' dappertutto.
Anche lì, nelle sedi delle multinazionali posti di lavoro o per consulenze più o meno spot in ambienti dove si lavora in Inglese non dovrebbero essere particolarmente rari.
Se poi infine volete aprire una qualche attività imprenditoriale, e siete ancora dell'idea dopo esservi sorbiti questi 3 mattoni e tutte le controindicazioni del caso e tutte quelle che troverei in seguito, e volete una consulenza in merito, sapete dove trovarmi :-p
2 comments:
Come mai sai tanto di Istanbul? Non ho trovato la risposta nel tuo profilo...magari c'è nei post, ma se me lo dici faccio prima :)Ciao, Oriana
Sono sposato con una ragazza Turca, con cui sto assieme da circa 10 anni, nei quali sono stato in Turchia decine di volte (per un totale di 2-3 anni di permanenza, perlopiù ad Istanbul).
Abbiamo casa ad Istanbul, anche se per varie ragioni viviamo e lavoriamo a Londra.
Sul post al quale rispondi, tieni presente che è vecchio di 4 anni, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta :)
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