Wednesday, 21 December 2011

Alcuni commenti sulla proposta di secessione della Sicilia dall'Unione Europea

Ringrazio innanzitutto Massimo Costa, Antonella Sferrazza e BlogSicilia per aver sollevato la questione dei rapporti tra Sicilia ed Unione Europea. Anche se la mia posizione in merito appare abbastanza distante, credo che faccia bene discutere di questi argomenti.
Quanto segue è un collage dei miei primi commenti in merito allo proposta, alcuni dei quali rivolti a Massimo Costa ed alla sua proposta, altri rivolti ad altri commentatori della proposta.
Unione Europea
Argentina
Euro
Trattato di Lisbona
Hellada

Individuare nell’Unione Europea un problema per la Sicilia, è quanto meno problematico. Il budget dell’Unione Europea è l’1% del PIL dei suoi paesi membri. In termini assoluti, è una cifra intorno ai 120 miliardi di Euro, circa il doppio del PIL Siciliano. Sì, avete letto bene, la UE è equivalente in termini economici ad un paio di Sicilie. Non credo sia possibile pensare veramente che i problemi della Sicilia e dei Siciliani derivino in alcun modo dalla UE.
Dato che il budget della UE è sempre stato così piccolo, non è mai stato veramente possibile pensare di poter risolvere i problemi infrastrutturali della Sicilia con fondi Europei. I fondi Europei sono sempre stati pensati come un incentivo, ma la gran parte del lavoro infrastrutturale, in Spagna come in Irlanda, in Slovenia come in Polonia, è stato pagato e viene pagato con fondi propri. Quello che è sempre mancato in Sicilia, è la volontà della Repubblica Italiana di metter alcunché.
Per dare soltanto un esempio, la A20 da Buonfornello a Messina è costata 4 milioni di Euro al chilometro. Ci sono 282 viadotti e 155 gallerie in 183 km, ci hanno messo 36 anni a costruirla. Si può paragonare alla Roma-Latina, attualmente in costruzione a 30 milioni di Euro al chilometro, o alla Pedemontana lombarda che il Sig. Formigoni ci informa costare 50 milioni di Euro al chilometro, e c’è chi dice che potrebbe arrivare a 74 milioni di Euro al chilometro.
I soldi per le infrastrutture Siciliane finiscono lì, in Padania, in Veneto, nel Lazio, e tutti si possono incolpare, ad iniziare dai politici siciliani complici di tali scelte, ma certo non l’Unione Europea.
Come tutti dovremmo sapere, se ci fosse stata vera volontà di aiutare a sviluppare le zone meno sviluppate del paese, non ci sarebbe bisogno di cose come la Cassa del Mezzogiorno, sarebbe bastato il buon senso e gli interventi ordinari.
A chi, pur confermando che "il problema dell’Europa non è il suo ruolo finanziario diretto, che è trascurabile" obietta che "l’Europa il lavoro sporco non lo fa direttamente, lo fa fare agli stati.", che "dentro, non c’è nessuna autonomia possibile per la Sicilia" , che "il problema dell’Europa sono le sue leggi, troppo piegate alle multinazionali ed ai banchieri" e che quindi "è meglio starne piuttosto lontani" posso rispondere che ovviamente non so come abbia maturato queste opinioni, che io ho maturato opinioni molto diverse, e che chiaramente almeno su quei punti siamo abbastanza distanti. Innanzitutto, cosa dobbiamo intendere con “Europa”? L’Unione Europea, la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo, la Banca Centrale Europea o qualche altra istituzione?Tranne il Consiglio Europeo, che sono gli Stati stessi, non vedo nessuno che possa far fare un qualsiasi tipo di lavoro agli Stati, se questi non vogliono farlo.
Io personalmente non sono convinto per nulla che la perdita anche solo parziale per i Siciliani del diritto di libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali che potrebbe derivare dall’uscita della Sicilia dall’Unione Europeapossa essere in qualche modo bilanciato da qualche altro vantaggio.
Non capisco nemmeno perché si dovrebbe revocare l’unione doganale, e quale sarebbe la differenza con una zona franca di libero scambio. Capisco che quella di Massimo Costa è soltanto un’intervista, ma questi, ed altri, mi sembrano punti abbastanza cruciali.
A chi inneggia all'Argentina, ed onestamente ci vuole coraggio, dovrebbe bastare rispondere che soltanto nel 2010, l’Argentina è riuscita a ritornare ai livelli del 1998, e non è che stia facendo chissà quale crescita miracolosa, anzi.
Prima di prendere l'Argentina come esempio in temi socio-economici, ricordiamocelo sempre, e scolpiamocelo nella mente, che soltanto nel 2010, dopo 12 anni, sono riusciti a ritornare dov’erano prima.
Sono una dozzina di anni persi, ed ad occhio e croce (ma il calcolo si potrebbe fare anche abbastanza preciso), volendo quantificare cosa è costato agli argentini, rispetto all’ipotesi di stasi del PIL (guarda caso il caso della Repubblica Italiana tra il 2000 ed il 2011), sono 30 mila dollari americani correnti a testa persi, cioé una famiglia argentina con padre, madre e due figli ha mediamente perso 120 mila dollari in 10 anni.
Se poi uno considera che questo recupero è stato quasi tutto dovuto alla crescita delle materie prime (che nella Repubblica Italiana non ci sono, e che anche in Sicilia sono pochissime rispetto alla popolazione residente!), risulta chiarissimo che oggi l’economia argentina è in una posizione peggiore rispetto a quella del 1998 dato che si sarà molta più correlazione con l'esportazione delle materie prime, che implica un minore livello di sviluppo e maggiore fragilità dell'economia.
Sulla situazione Argentina, il mio non è scetticismo, è consapevolezza che deriva da una conoscenza dei fatti. L’Argentina non ha trovato nessuna soluzione ai suoi problemi, e gli Argentini sono a mio modestissimo parere completamente fuori di testa a votare per gente come la Sig.ra Kirchner, che non ha ottenuto alcun risultato, e non ritengo che ne potrà mai ottenere (con la mentalità di multare o peggio chi pubblica statistiche sgradite al governonon si va da nessuna parte). Tanti cittadini argentini purtroppo non si rendono conto che non esistono pranzi gratuiti, ma prima o poi il conto arriva sempre, e sono mazzate.
In una celeberrima ed indimenticabile intervista l’allora presidente in carica dell’Uruguay, il Sig. Jorge Battle (libero scambista, gran potatore di spesa pubblica, antiprotezionista e gran nemico delle sovvenzioni pubbliche, figlio di madre argentina e di padre a sua volta presidente uruguagio), così sintetizzò le ragioni del problema argentino:
Los argentinos son todos una manga de ladrones del primero al ultimo”.
Gli argentini sono tutti una manica di ladroni dal primo all’ultimo” (da puntualizzare che si riferiva ai politici argentini, e forse anche a chi li eleggeva, non a tutti i cittadini!).
Gli argentini hanno avuto tutto quanto sia possibile immaginare a disposizione per prosperare, ed immancabilmente mandano tutto in malora, da sempre.
Il 2001 non è che un episodio, e nemmeno l’ultimo, di una storia quasi plurisecolare ormai di disastri economici e sociali che gli argentini riescono ad organizzarsi anche nelle condizioni più impensabili.
Se quello argentino è il modello a cui si ispirano tanti cittadini italiani o a cui vorrebbero aspirare i Siciliani, c’è veramente poco da stare allegri.
Per chi voglia approfondire veramente sull’Argentina, il sito Foco Economico contiene una miniera di informazioni di prima mano. Gli autori sono professori universitari argentini di economia, perlopiù alla Universidad Torcuato Di Tella, una ottima università intitolata da uno dei ministri degli esteri argentini (della stessa parrocchia politica dei Kirchner) al padre, un molisano di Capracotta che aveva creato un gruppo industriale in Argentina (la SIAM).
Per quanto riguarda la correlazione tra disoccupazione giovanile e l'Euro, no, non è colpa dell’Euro.
È colpa della classe dirigente politica ed imprenditoriale siciliana ed italiana, e di chi li ha eletti e continua ad eleggerli. L’Euro non c’entra nulla, è semplicemente un obiettivo semplice da indicare, tant’è vero che argomenti simili vengono usati dai Leghisti con il loro elettorato. Si può discutere dei vantaggi o svantaggi dell’Euro, e ce ne sono, ma non c’è diretta correlazione con la disoccupazione giovanile (cosa che si può dimostrare facilmente notando che la disoccupazione giovanili in paesi dell'area Euro come la Germania è sotto al 10%, e che ai tempi della Lira, la disoccupazione giovanile in Sicilia era ben più alta).
In generale le valute di paesi piccoli sono esposte ai mercati in maniera spaventosa, anche quelle di paesi ricchissimi di risorse come la Norvegia o governati benissimo come la Svizzera, la cui banca centrale ha passato quest’anno fino ai primi di Settembre in trincea per cercare inutilmente di difendere quota 1.20, e non essendoci riuscita il 7 Settembre ha dovuto utilizzare l’opzione finale di dare mano alla stampatrice digitale, con tutti gli enormi rischi che ne conseguono.
Il problema dell’Euro è una febbriciattola hellenica curata malissimo da dottori incapaci ed inadeguati. La soluzione non è ammazzare l’ammalato(distruggere l’Euro), ma mandare via a calci questi dottori incapaci ed inadeguati, e farsi curare da gente più capace.
Passando al Trattato di Lisbona, non capisco cos’è che non piace esattamente del Trattato di Lisbona. Comprendo ovviamente il discorso sul percorso non assolutamente democratico che ne ha approvato all’approvazione, ma oggi che è ormai approvato, in concreto, cos’è che penalizzerebbe la Sicilia, e nei confronti di chi? Quali sono gli svantaggi che ne deriverebbero i Siciliani?
Per chi risponde che lo svantaggio sta in una perdita di sovranità, in concreto, non mi pare una spiegazione. Che cosa implica questa perdita di sovranità? Quali sono gli svantaggi che ne derivano?
Il Trattato di Lisbona non implica alcuna dittatura. Chiaramente, ci sono tantissimi svantaggi in una dittatura. Qui però non siamo di fronte ad una dittatura. Io ho votato per eleggere i miei rappresentanti a tutti i livelli, e li vedo ancora lì nei loro scranni. Ed ad ogni modo, se la maggior parte dei cittadini elettori elegge rappresentanti inetti, non si può certo pretendere chissà che! Ad ogni modo, l’obiezione fondamentale alla proposta di Massimo Costa rimane la stessa: i Siciliani ottengono tantissimi vantaggi, sia reali che potenziali, dai diritti di libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali garantiti dall’Unione Europea. Io personalmente ci campo da una vita, e questi stessi diritti sono disponibili e garantiti a tutti i Siciliani, nessuno escluso. Vogliamo rinunciare a questi diritti? Li vogliamo perdere? In cambio di cosa?
In generale, c’è un esempio di un paese a noi vicino che è uscito dall’Unione Europea (anche se all’epoca non si chiamava ancora così): l’Algeria nel 1962.
Qualcuno qui è mai stato in Algeria? Ci vorreste andare a vivere?
Eppure, l’Algeria ha molte più risorse naturali della Sicilia, o di qualsiasi stato membro dell’Unione Europea.
E però i cittadini Algerini non hanno, e sognano, i diritti che hanno i Siciliani.
Per quanto riguarda infine i nostri vicini Helleni, purtroppo si sono meritati tutto quello che gli sta capitando. Per decenni hanno eletto politici inetti, quando non corrotti, che hanno mentito al resto del mondo sul reale andamento della loro economia e dei loro conti pubblici. Non ci sono pranzi gratuiti. Se anche avessero avuto la Dracma invece che l’Euro, non sarebbe cambiato nulla, anzi, avrebbero preso bastonate anche più grosse. La Helliniki Demokratia ha avuto una grande occasione con l’Euro, quella di tagliare enormemente il costo degli interessi sul debito, e quindi di ripagarlo più facilmente. Invece di approfittarne virtuosamente, i politici hellenici ne hanno approfittato per ottenere ancora più privilegi per loro stessi ed i loro amici e famigli, distribuendo prebende a destra e a manca, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Sì, sarà possibile che un 1% di colpa ce l’abbiano anche quei bei figuri tipo la Sig.ra Merkel o il Sig. Sarkozy (e taciamo di altri momentaneamente assenti dalla scena principale), che pare anche a me che in questo caso, come in altri, siano stati dannosi, ma solo perché gli Helleni li hanno messi in condizione di esserlo.
Quello che possiamo dire sui politici e sugli elettori hellenici, possiamo generalmetne dirlo di quelli italiani e siciliani, certamente con svariate eccezioni, solo che, per quanto a noi possa sembrare incredibile, dai risultati fino ad oggi i politici hellenici pare abbiano fatto peggio.
Sullo stato corrente degli Helleni, io sono personalmente filelleno, ho visitato con piacere più volte l’Epiro, la Tessaglia, la Macedonia, la Tracia, ma dobbiamo dire le cose come stanno. A me tra un ricco che si impoverisce per colpa sua, ed un povero che non ha occasioni, fa più simpatia il secondo.
Finisco con una correzione: in uno dei commenti avevo risposto (a Giuseppina Marrone) facendole notare che il PIL pro capite hellenico fosse "poco meno del doppio di quello siciliano". Sono andato a controllare, e mi devo scusare, avevo fatto male i conti, il PIL pro capite hellenico è sì maggiore di quello siciliano, ma non è certo doppio. Lo è però in alcune regioni, tra cui quella di Atene (non solo in Attica, ma in tutta la Grecia centrale) e delle isole Egee meridionali (i.e. Rodi, Mykonos, Thera, ...), e prima della crisi lo era anche a Creta.

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