Tuesday, 28 December 2010

Dove si trova l'aeroporto di Birgi?

Premettendo che:
  • se qualcuno mi chiedesse dove si trovi l'aeroporto di Birgi, in generale risponderei colloquialmente con una frase composta probabilmente da alcune delle seguenti espressioni: "in Sicilia", "in Sicilia Occidentale", "ad ovest di Palermo", "a metà strada tra Trapani e Marsala", "a sud di Trapani", "a nord di Marsala", il tutto ovviamente a seconda del contesto;
  • mi sembra chiarissimo che il bacino primario dell'aeroporto in questione sia più o meno sovrapponibile a quello dell'aeroporto di Punta Raisi, copra cioè tutta la Sicilia Occidentale;
  • personalmente ho sempre trovata abbastanza inutile, se non peggio, la questione sulla denominazione dell'aeroporto di Birgi che spesso fa capolino sia tra le lettere a Marsala.it sia altrove (c'è addirittura almeno un gruppo apposito su Facebook!), una questione comunque veramente secondaria, rispetto ad altre questioni ben più importanti riguardanti questa stessa infrastruttura, non ultima la questione dei trasporti pubblici, che mi pare siano ancora molto carenti soprattutto per quanto riguarda Marsala.
Questo premesso, volevo con questa dare un mio piccolo contributo per chiarire uno degli aspetti che mi sembra siano meno chiari: dove si trova, amministrativamente parlando, l'aeroporto di Birgi? Nel territorio comunale di Marsala o in quello di Trapani?

Storicamente il confine tra i comuni di Trapani e Marsala seguiva l'andamento del fiume Birgi, che però sfociava più a nord rispetto alla foce attuale. Avendo costruito l'aeroporto di Birgi su quello che era il "delta" del Birgi, l'alveo del Birgi è stato "raddrizzato" con una serie di interventi, ed oggi il fiume sfocia più a sud, ed il sedime aeroportuale si trova interamente a nord del fiume. Per quanto ne so la ridefinizione dei confini tra i Comuni di Trapani e Marsala utilizzando il nuovo asse del fiume Birgi non è stata ancora conclusa, cosa che ha recentemente trovato conferma dando uno sguardo alle cartografie dei confini amministrativi pubblicati dall'ISTAT in occasione del censimento del 2010 (e scaricabili da chiunque), per cui al momento attuale mentre buona parte del sedime aeroportuale si trova nel territorio del Comune di Trapani, compresa tutta l'area dei parcheggi, sia quello per le autovettore che quello per gli aeromobili, ed il terminale aeroportuale, mentre una minore parte del sedime aeroportuale, compresa la parte finale delle due piste dal lato del mare, si trova nel territorio del Comune di Marsala.

Ricapitolando:
  • l'aerostazione di Birgi si trova all'interno del territorio comunale di Trapani;
  • i parcheggi per le autovetture si trovano all'interno del territorio comunale di Trapani;
  • i parcheggi per gli aeromobili si trovano all'interno del territorio comunale di Trapani;
  • tutte le strutture civili, e quasi tutte quelle non civili, si trovano all'interno del territorio comunale di Trapani;
  • la maggior parte della estensione di entrambe le piste si trova all'interno del territorio comunale di Trapani;
  • una minor parte della estensione di entrambe le piste, dal lato del mare, si trova all'interno del territorio comunale di Marsala.

Tuesday, 31 August 2010

Mysterious error using the sqloledb provider on x64

Do you get a mysterious error using the sqloledb provider on x64?

Are things like -2146824535, 0x800A0EA9, Unknown error, Provider is not specified and there is no designated default provider (while it is there and apparently well specified) and similar wasting your day, even do the connection seems to open perfectly on x86 and amazingly even on some x64 code, but not in some other?

Give a look at the exact format of the connection string. Give it an hard look.

In my case, the x86 format was as such:

connectionString = _bstr_t("\
Provider=sqloledb; \
Data Source=") + server + _bstr_t(";\
Initial Catalog=") + database + _bstr_t(";");

This was not working at all in x64, returning all the above. Changing it in the following, made it working both for x64 and x86:

connectionString = _bstr_t("Provider=sqloledb; \
Data Source=") + server + _bstr_t(";\
Initial Catalog=") + database + _bstr_t(";");

The difference was basically 6 blank spaces, if you don't count the starting escape.

Amazing, isn't?

Sunday, 8 August 2010

La Russia brucia, pane e pasta alle stelle?

La Russia brucia.

Questa estate è stata la più calda registrata in Russia da quando sono iniziate le registrazioni delle temperature, a Luglio la temperatura massima media è stata di 31C, in alcune zone sono stati infranti record su record, ed il fenomeno sta continuando in questo primo scorcio di Agosto.

Soltanto il primo fine settimana di Luglio, quando le massime hanno iniziato ad oltrepassare i 40C in buona parte del paese, sono morte circa 300 persone perché affogate mentre cercavano di rinfrescarsi nei corsi d’acqua. Soltanto a Mosca nel mese di Luglio, quando si sono registrate minime notturne oltre i 35C, sono morte quasi 5000 persone in più che in media. La cifra totale delle morti direttamente correlabili all’ondata di caldo che ha colpito la Russia finirà probabilmente per essere stimata almeno nelle decine di migliaia di vittime, se non proprio con cifre a sei figure.

L’ondata di caldo, completamente anomala, ben oltre 7C oltre le medie stagionali, è stata accompagnata dalla peggiore siccità che abbia colpito la Russia in secoli, una combinazione letale che ha innescato migliaia di incendi che hanno già distrutto milioni di ettari di foreste e soprattutto 9 preziosissimi milioni di ettari di terreno agricolo.

Le previsioni per il raccolto di grano sono precipitate, delle 85 milioni di tonnellate previste al momento si spera di riuscire a raccoglierne almeno 70 milioni di tonnellate. Per far fronte alla perdita di oltre il 20% del raccolto, il governo Russo ha proibito le esportazioni di grano almeno fino a Dicembre. Il crollo delle previsioni sulla produzione di grano in Russia, che è uno dei principali esportatori, specialmente nell’area del Mediterraneo, e soprattutto il divieto di esportazione, hanno fatto letteralmente schizzare verso l’alto i prezzi del grano sui mercati mondiali.

Dall’inizio della calda estate russa ad oggi il prezzo medio mondiale del grano è praticamente raddoppiato, il che, come già accaduto un paio di anni fa, potrebbe tradursi in un nuovo incremento del prezzo al consumatore di pane, pasta e tutti i prodotti affini. Un paio di anni fa l’impennata dei prezzi fu in gran parte determinata dall’aumento dei prezzi del petrolio, perché oltre un certo livello di prezzi diventava più conveniente economicamente utilizzare i raccolti di cereali ed affini per produrre carburante biologico. In buona sostanza per far muovere le auto nei paesi più ricchi si alzava il costo dei beni alimentari di prima necessità nei paesi più poveri. Questa volta, se i prezzi del petrolio si dovessero mantenere stabili, si dovrebbe riuscire ad evitare una tale perversa dinamica, ma una qualsiasi impennata del petrolio in concomitanza alla difficile situazione determinata dalle perdite dovute alla siccità in Russia avrebbe conseguenze devastanti per le classi sociali più povere in molti paesi.

Friday, 9 July 2010

A quando stipendi da 120 mila Euro annui in Sicilia?

Lavoro in Inghilterra, in un paesino di poco meno di 60 mila abitanti. Qualche giorno fa durante la pause per il pranzo sono andato al locale ufficio delle poste per inviare una lettera per conto di mia moglie, e mentre tornavo in ufficio ho attraversato una zona dove vi sono diverse agenzie per la ricerca di lavoro. Una delle agenzie aveva diverse offerte per il settore in cui lavoro, quello delle tecnologie dell'informazione, per retribuzioni che andavano da 16 mila Sterline lorde (se ricordo bene per un primo impiego per lavorare con un programma gestionale molto usato, SAP) in su. La media delle retribuzioni offerte sui volantini in quella vetrino era intorno alle 40-45 mila Sterline lorde annue.

Mi ha colpito molto l'offerta più alta, 100 mila Sterline annue lorde (equivalenti al cambio odierno a 120 mila Euro annui lordi) per andare a lavorare come amministratore di database (DBA) su tecnologia Microsoft Sql Server, con esperienza in ambienti ad elevate prestazioni (la lista dei requisiti aggiuntivi non era comunque lunghissima, anzi).

In realtà, anche se oggi lavoro con altre tante altre tecnologie e soprattutto a fare altro, ho parecchia esperienza con
quella particolare tecnologia, e la gran maggioranza dei requisiti per quella posizione li avrei, e conosco abbastanza bene il mercato Britannico per quella posizione, e so che mediamente per le posizioni da permanent su Microsoft Sql Server le retribuzioni vanno da circa 30 mila sterline per i meno esperti a circa 50 mila sterline per i più esperti, per cui leggere di 100 mila Sterline mi ha colpito abbastanza.

Ho quindi cercato su Internet il sito dell'agenzia, ed ho trovato l'annuncio.

Nell'annuncio si nota subito che in realtà le 100 mila Sterline sono il limite massimo, l'offerta retributiva parte da 50 mila Sterline fino ad un massimo di 100 mila Sterline. Sempre un ottimo stipendio, per carità, ma almeno più in linea con il resto del mercato (Britannico, di quello Italiano o peggio Siciliano meglio non parlarne!), almeno il limite inferiore.

La cosa che però non avevo notato nel volantino sulla vetrina, e che invece mi ha colpito veramente di più alla fine, è stata scoprire che il luogo di lavoro per la posizione è Malta.

Confesso di non conoscere per nulla il mercato del lavoro Maltese, ma mi ha sorpreso veramente leggere un'offerta di lavoro con una retribuzione praticamente allo stesso livello di quelle Britanniche o comunque del nord Europa in un paese che sostanzialmente è a pochi chilometri di distanza dalle coste siciliane.

E mi chiedo: perché i Maltesi riescono ad offrire retribuzioni comparabili a quelle dei paesi più sviluppati in ambito internazionale, ed i Siciliani no? Qual'è la differenza?

L'unica risposta che mi sono dato è che i Maltesi non fanno parte della Repubblica Italiana.

Non che a far parte della Repubblica Italiana ci si perda in ogni caso, anzi, ci sono aree del paese che hanno giovato tantissimo dall'unificazione, ad esempio il Veneto e gran parte della cosiddetta Padania, aree poverissime per secoli fino ad oltre la metà del XIX secolo, ed in cui le traccia della povertà ataviche sono rimaste fino a pochi decenni fa, pensiamo ad esempio alla piaga della pellagra, ma a quanto pare alla Sicilia ed ai Siciliani non riesce proprio di far fruttare questa benedetta, o maledetta, dipende dai punti di vista, unità.

Ad ogni modo, se tra voi c'è qualche informatico, qualche ingegnere, magari qualche DBA, e lavorare ad una mezz'ora di aereo (ma forse saranno anche venti minuti) dalla Sicilia non vi scoraggia, ora sapete che magari uno sguardo a Malta glielo potreste dare, non soltanto dal punto di vista turistico, ma anche lavorativo!

Thursday, 8 July 2010

Reforestation of Eritrea

Centuries of deforestation had left Anatolia almost bare of trees. Since the inception of the republic in the early 20s of the XX century, Turkey started to revert this trend, and from 1960 onwards has been implementing a very strong policy of reforestation, that has seen the surface covered by forests grow from 10 to 25 million hectares nowadays (20% of which, 5 million hectares, is commercially exploited).

The additional 15 million hectares of forest created in Anatolia in the last 50 years (300 thousands hectares per year in average) would be enough to cover all the surface of Eritrea (slightly less 12 million hectares) with forests.

So reforesting Eritreans highlands or other areas is feasible, and the Turkish experience shows it could be done relatively quickly: taking in account the relative proportions, Eritrea should reforest "just" 40 thousands acre per year to reach the same rate of forest regrowth than Turkey.

[comment to a part of Solomon's Hgi Endaba: The Laws of our Ancestors ]

A T-SQL query to get the TCP ports used by the current sessions

The other day I was having some difficulty getting to a Sql Server in a different subnet, so I thought the issue could be in some firewall/gateway/proxy/other-chap-in-the-middle.

As part of my investigation, I quickly wrote this bit of T-SQL, which should retrieve, with other useful stuff, also the TCP ports used by the various sessions connected to a Sql Server:

SELECT
connections.session_id as [Session Id],
connections.net_transport as [Net transport protocol],
connections.local_net_address + ':' + cast (connections.local_tcp_port as varchar) as [Server net address and port],
connections.client_net_address + ':' + cast (connections.client_tcp_port as varchar) as [Client net address and port],
sessions.login_name as [Login name],
sessions.host_name as [Host name],
sessions.program_name as [Application name]
FROM sys.dm_exec_connections AS connections
INNER JOIN sys.dm_exec_sessions AS sessions
ON connections.session_id = sessions.session_id
ORDER BY
connections.net_transport,
connections.local_net_address,
connections.local_tcp_port

It may be useful to know if a non standard port is being used (the standard port is 1433), as firewalls or other stuff in the middle may not like those.

This is i.e. the result of such a query on a Dev Sql Server:

Session Id,Net transport protocol,Server net address and port,Client net address and port,Login name,Host name,Application name
52 Shared memory NULL NULL NT AUTHORITY\SYSTEM CERES Report Server
54 Shared memory NULL NULL NT AUTHORITY\SYSTEM CERES SQLAgent - Generic Refresher
57 Shared memory NULL NULL NT AUTHORITY\SYSTEM CERES Report Server
51 TCP 10.25.81.63:1433 10.25.81.0:2628 sa APOLLO Microsoft SQL Server Management Studio - Query
55 TCP 10.25.81.63:1433 10.25.81.64:3384 sa MITRA Microsoft SQL Server Management Studio - Query
56 TCP 10.25.81.63:1433 10.25.81.0:2844 sa APOLLO Microsoft SQL Server Management Studio
53 TCP 10.25.81.63:1433 10.25.81.64:3363 sa MITRA Microsoft SQL Server Management Studio

Friday, 25 June 2010

Alcuni aspetti della civiltà lacedemone

Le radici della civilità occidentale affondano profondamente e fermamente nell’humus delle civilità classiche dell’antichità mediterranea. Oltre che Roma ed Atene, una menzione particolare la merita Sparta.

Ci sono svariati aspetti della civiltà lacedemone meritevoli di attenzione, in alcuni casi di vera e propria ammirazione, in specialmente considerando il contesto storico ed il comportamento dei loro contemporanei, per non dire di quello di alcuni nostri contemporanei.

Tra i caratteri fondamentali della civiltà Lacedemone vi erano infatti l’assoluto dominio della legge, che è forse la loro eredità più importante e storicamente influente, l’altissima considerazione per le donne e per il loro ruolo nella società e soprattutto, a meno di non avere la ventura di essere uno dei primogeniti maschi dei due re, che ne erano gli unici esenti, l’educazione obbligatoria universale per entrambi i sessi.

Gli Ateniesi distinguevano bene o male le donne nelle due rozze categorie di puttane o riproduttrici, le prime destinate ad essere frequentate, quindi usate, soltanto fuori da casa, le seconde condannate a non uscire quasi mai dal luogo destinato al loro uso, la casa, e nel caso dovessero temporaneamente uscirne, soltanto se coperte come le Afghane sotto i Taliban, se non peggio, e soltanto se scortate da parenti stretti.

In netto contrasto, il fenomeno della prostituzione, comunissimo ad Atene, era praticamente sconosciuto in Lacedemonia.

Vi sono comunque tanti altri indizi che ci raccontano dell’inusuale considerazione delle donne nella civiltà lacedemone. Quale altra civiltà pre-moderna limitava l’età del matrimonio a “quell’età in cui le ragazze possano finalmente gioire dei piaceri del sesso“?

Oltre per la considerazione per la volontà ed i desideri delle ragazze, potremmo anche citare il fatto che fino al matrimonio, e spesso anche dopo, i ragazzi e le ragazze passavano buona parte della giornata a studiare insieme, o ad ad esercitarsi nudi o seminudi, il fatto che i matrimoni erano comunemente decisi ed organizzati dai diretti interessati, il fatto che l’adulterio non era usualmente punito, e che comunque quando uno Spartiata non si sentiva più in grado di soddisfare la moglie sessualmente, non aveva remore a chiedere il favore ad un amico a lei gradito, soprattutto se c’era bisogno di un erede per la famiglia, o il fatto che, probabilmente unici tra gli antichi e comunque tra i pochi anche tra i nostri contemporanei, gli Spartiati non auguravano “figli maschi”, ma “figli” (in genere neutrale nell’originale Dorico).

L’enorme libertà e considerazione delle donne spartane rimase un unicum per secoli, i Romani in epoca imperiale andavano in vacanza in Laconia per vedere con i propri occhi i costumi esotici di questo strano popolo, e ne erano probabilmente scioccati, se non disgustati, così come a suo tempo ne erano stati scioccati anche gli Ateniesi, soprattutto dall’idea di mandare a scuola le figlie.

Bisogna però puntualizzare che se da una parte è vero che tante caratteristiche della loro civiltà erano straordinariamente e sorprendentemente avanzate, ce ne sono tante altre però ci farebbero rabbrividire se non proprio inorridire.

Per usare un eufemismo, tra le caratteristiche meno meritevoli di ammirazione vi era certamente il brutale e fondamentalmente inumano trattamento riservato agli Heloti, l’incapacità di trovare una soluzione per contrastare il costante calo demografico degli Spartiati che alla fine determinerà il declino definitivo della potenza militare lacedemone, l’incapacità di riuscire a convivere in pace con i propri vicini, l’infanticidio di Stato, l’eugenia di Stato, possibilmente anche, ma magari non probabilmente, la pederastia di Stato.

Su quest’ultimo punto, ovviamente particolarmente controverso, in realtà noi non sappiamo con assoluta certezza se a Sparta venisse veramente implementata una vera e propria pederastia di Stato.

Mentre è una eventualità possibile, e se si interpreta in una certa maniera, cioé come una sorta di lezione per insegnare in maniera brutale ai ragazzi ed alle ragazze che il loro corpo non gli appartiene, ma appartiene allo Stato, potrebbe anche essere in carattere con tante altre cose che sappiamo sui Lacedemoni, non è molto probabile perché, come visto appena precedentemente, tante altre cose che sappiamo su di loro ci indicano l’esatto contrario: ad Atene, ad esempio, mentre siamo certi che la pederastia non fosse un affare di Stato, siamo invece assolutamente certi che fosse molto diffusa.

Era un tipo di relazione, per la nostra sensibilità contemporanea chiaramente sbilanciata, tra individui consenzienti, per quanto ne sappiamo fondamentalmente omosessuale (anche perché probabilmente le relazioni con prostitute bambine agli Ateniesi potrebbero purtroppo non essere sembrate particolarmente degne di nota o di importanza), dove gli adolescenti coinvolti cercavano compensi materiali, sia immediati che futuri.

A Sparta, come la prostituzione, anche l’omosessualità era, se non sconosciuta, probabilmente malvista, tant’è che anche l’archeologia conferma che mentre si possono trovare un po’ ovunque grandi quantità di ceramiche dipinte con scene omosessuali, in Lacedemonia sono rarissime, se non proprio assenti. Ci sono insomma tanti indizi che ci fanno quindi pensare che la pederastia di Stato degli Spartiati fosse probabilmente una delle tante calunnie messe in giro dai tanti loro nemici, tra i quali appunto gli Ateniesi.

I Lacedemoni erano infine molto conservatori, e certamente molto rispettosi delle tradizioni. Ad esempio gli ultimi che ad abbandonare la religione dei nostri progenitori furono proprio loro. Gli Spartani resistettero al proselitismo cristiano ed islamico praticamente fino al X secolo inoltrato!

Wednesday, 23 June 2010

What went wrong with Spain?

From 1984 to 2002 I thoroughly enjoyed the way Spain played.

They could have achieved something more, a couple of times were really misfortunate, especially with big mistakes by very good goalkeepers, some other times they weren’t truly helped by the officials, I’ve already whined about Ghandour recently, but at the end of it, they were often a joy to watch, even when loosing.

To make a point their bout with Nigeria at the 1998WC was one of the greatest 1st round match at World Cups ever.

Already in 2004 and 2006 anyway it was clear something was starting to go amiss, and albeit their victory in 2008, at that point they had completely lost it. In recent years watching Spain has become akin to watch grass grow.

They have become worst than the worst Brazilian or Colombian teams at their dreamy worst, for large bits of their matches you would be forgiven to start snoring, players seems more concerned of getting the ball in the empty areas of the field than to try to score a goal, at times I despair some of these players will at some point remember even to give a try at that! It is such an uneuropean way to play, I truly hope it is not representative of the way teams are playing in La Liga nowadays, but if that would be so, I’d not understand where these players came from. They played already so in 2008, and if possible, they have been only been worsening since then.

The British press went rightly berserk for the display of England against Algeria, now I understand the Spanish press and public opinion has been quite happy with the soporific way of life of Spain in recent years, but I suspect that may well be because they have got some victory at last, victory snatched more by the merit of some erratic individual flare than from real sustained, fast, full of pace, all around team effort, I cannot fathom how they will be able to afford to go forward along that path in the long term.

Friday, 4 June 2010

L’assassinio del Vescovo Luigi Padovese ad Alessandretta

Dalla Provincia di Hatay sta in queste ore giungendo in Sicilia come nel resto della Repubblica Italiana la triste notizia dell’assassinio del Vescovo di Hatay, Monsignor Luigi Padovese, che era tra l’altro anche il Vicario Apostolico per l’Anatolia, oltre che a capo della Conferenza Episcopale Turca.

Monsignor Padovese, francescano cappuccino, secondo le prime notizie sarebbe morto in seguito ad un accoltellamento avvenuto mentre sedeva nel giardino della sua casa in località Karaağaç (“Olmo”, letteralmente “Albero Nero”), nei pressi di Iskenderun (“Alessandretta”), da parte si sospetta del suo autista, il Sig. Murat Altun, di etnia Curda, proveniente dal villaggio Tavuklu (“Gallinara”) nel Comune di Ömerli (“Omerico”) in Provincia di Mardin, il quale sembra soffrisse di turbe psicologiche e che fosse recentemente finito in depressione, ed a quanto pare sembra che lo stesso Mons. Padovese stesse pagando le cure mediche del caso.

Sembra che il Sig. Altun fosse stato anche ricoverato recentemente in ospedale, il 28 Maggio, e che sia il padre del principale sospetto, il Sig. Ferhan Altun, che un fratello ed un cognato abbiano lavorato o lavorino per la Chiesa Cattolica. Dalle prime notizie sembra anche che il Sig. Murat Altun possa essere anch’egli un fedele cattolico.

La dinamica del delitto sembrerebbe piuttosto cruenta, l‘assassino avrebbe infatti tagliato la gola del Monsignore, come ad un agnello sacrificale. Sempre secondo le prime frammentarie notizie, sembra che la polizia abbia catturato il principale sospettato con l’arma del delitto ancora addosso.

Sia fonti Vaticane che della chiesa locale si sono precipitate a sottolineare che al momento sono da escludere motivazioni politiche o collegate alle recenti tensioni che hanno coinvolto la Turchia con Israele.

Le prime notizie dalle fonti giornalistiche turche farebbero però ritenere che la polizia turca avrebbe inizialmente sospettato una possibile motivazione politica, ma dopo aver iniziato ad interrogare il Sig. Altun, sembra che questa pista si sia per il momento raffreddata. Le indagini sono immediatamente state avocate dai più alti livelli dell’autorità di polizia locale, sono condotte infatti, oltre che dal Prefetto di Hatay, anche dal Capo della Polizia di Hatay Ragıp Kılıç.

Il Prefetto di Hatay, il Sig. Mehmet Celalettin Lekesiz, ha rapidamente contattato l’Ambasciatore Italiana, il Sig. Carlo Marsili, comunicandogli altresì la cattura del principale sospettato ed informandolo sull’interrogatorio attualmente in corso da parte della polizia turca.

Monsignor Padovese era giusto in procinto di recarsi a Cipro, dove avrebbe dovuto incontrare Papa Benedetto XVI, nel corso di una imminente visita papale che avrebbe dovuto iniziare proprio domani Venerdì 4 Giugno.

Monsignor Padovese, Milanese, nato nel 1947, titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università Antonianum, l’università dei Frati minori a Roma, era un dichiarato sostenitore dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, ed aveva infatti guidato l’ingresso della Conferenza Episcopale Turca nel Consiglio delle conferenza episcopali europee, la sua prematura dipartita lascia invece incompiuto l’obiettivo di ottenere una personalità giuridica per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana in Turchia.

La notizia è stata prontamente rilanciata da tutti i principale media turchi, dove in molti casi ha rimpiazzato almeno temporaneamente come prima notizia l’arrivo all’aeroporto di Istanbul dell’equipaggio della Mavi Marmara.

Questa settimana siamo per motivi familiari ad Antiochia, dove risiedono i miei suoceri e proprio jeri mattina con mia moglie siamo andati in Prefettura per farci firmare dei documenti dal locale Prefetto, il Sig. Mehmet Celalettin Lekesiz, il quale in uno Stato organizzato in maniera centralista come la Turchia riveste anche la carica di governatore della Provincia, che caso piuttosto raro in Turchia, non prende il nome dal capoluogo, Antiochia appunto, ma mantiene l’ancestrale toponimo di Hatay perché quello era il nome utilizzato dall’omonima repubblica indipendente che nel 1939 decise con un referendum di essere incorporata nella Repubblica Turca.

Wednesday, 2 June 2010

L'etimologia della Rosa

Chissà quante generazioni di studenti hanno iniziato ad imparare il Latino declinando "Rosa".

Chissà quanti tra questi crederebbero a chi gli dicesse che una parola foneticamente tanto differente come il Turco "Gül", che significa "rosa" in Turco, e che è a sua volta un prestito linguistico dall'Iraniano, che nella versione moderna usa infatti "Gul", abbia in realtà la stessa etimologia di "Rosa".

Entrambi i termini derivano infatti da un comune antenato indoeuropeo, attestato come "Warda" nell'Avestico, passato all'Arabo "Wardah" e all'Ebreo "Vered" tramite l'Aramaico, anch'esso "Warda" appunto, entrato nel mondo Mediterraneo attraverso l'Hellenico pre-classico "Vrodon" o "Frodon" e/o l'antico Persiano "Vrad", da cui l'Armeno "Vard", l'Hellenico classico "Rhodon" (ma anche Homerico, vedi il ῥοδοδάκτυλος Ἠῶς citato da Malick in The Thin Red Line), il Latino classico "Rosa", il Basco "Arrosa" e lo Sloveno moderno "Vrtnica", quest'ultimo incredibilmente somigliante alle forme più antiche tra quelle attestate.

La metamorfosi dall'Avestico Warda all'Iraniano Moderno Gul dovrebbe essere passata dagli intermedi Vrad, Vile e Vil, e tra l'altro il Turco Gül potrebbe anche essere una forma intermedia tra Vil e Gul (la ü è una anteriore chiusa arrotondata, lungo la strada tra i ed u cioé). Da notare come anche l'Hindi, il Telegu ed il Marathi usino un lemma molto simile, "Gulab".

Ironicamente, dato che la forma dell'Hellenico classico è alla base della parola usata in praticamente tutte le lingue dell'Europa Occidentale, nell'Hellenico moderno si usa perlopiù "τριαντάφυλλο" ("trenta petali") dalla generalizzazione del nome di una particolare rosa particolarmente cara ai popoli Balcanici, tant'è che questo uso si è diffuso anche nell'Albanese o nel Rumeno (ma se andate in Hellade ed usate "Rhodo", vi capiranno!).

Se avessi dovuto personalmente scommettere sull'origine primaria della radice Indoeuropea (cioé su chi abbia per primo usato quella radice per indicare una rosa), avrei scommesso su una lingua Anatolica indoeuropea (i.e. Luvio o Nesiano), ma purtroppo non credo ci sia nulla di attestato e provabile al riguardo, a meno di puntare il compasso arbitrariamente su un buon candidato, come possono essere sia l'Armeno, che l'Hellenico pre-Classico che il Paleopersiano.

Per quanto riguarda il Siciliano, infine, seguendo le regole della vocalizzazione Siciliana, viene ovviamente "Rosa", non "Rusa", per cui tutti quegli studenti Siciliani che sfiniti dalle declinazioni latine finivano per confondere "a rosa" con "a rusa" ovviamente si sbagliavano!

Friday, 21 May 2010

Akbil, Istanbul’s smart ticket

Except for the couple of years following the disastrous earthquake that hit Istanbul in the summer of 1999, when it suffered a sizable if only temporary decline in population, in the last twenty years the population of the city straddling the Bosphorus has grown by an average of 600 000 inhabitants per year, and understandingly, managing this growth has been a major problem.

Adding up more than ten million more people means adding up between three to four times the population of Rome, or about twice the population of Sicily, and to a city that was already bigger than Rome twenty years ago. Houses, roads, hospitals, bridges, viaducts, highways and other infrastructures to cater for the needs of all those people had to be built, in some cases even twice as it was necessary to rebuild a big chunk of those due of the damage caused by the earthquake of 1999.

Managing public transport in Istanbul is a huge task, given that while each day there are almost three million private vehicles going around the city, the rest of the over 15 million people living or working in the city are using the mass transit services offered running mainly by the local public transport company, the IETT.

To give an idea of the type of tasks in which the IETT is continuously involved, just over the past five years they have put in operation a fast bus line on a purposely built dedicated lane which is currently carrying one million people a day, they have built under the Bosphorus Straits the undersea rail tunnel Marmaray, the deepest underwater tunnel in the world, which is going to be capable of withstand 150,000 passengers per hour and they have currently managing the construction of 25 km of new underground lines.

The mandate of the IETT is certainly titanic. The major highways that run through Istanbul, the so-called Çevreyollari (“ring roads”) are congested 24 hours a day seven days a week throughout the year. Next to that sort of hell on earth, other major European orbital motorways like the M25 around London or the GRA around Rome are looking like some sort of country road.

IETT must address and resolve problems of an immense scale, such as finding a way to sell daily the tickets for more than six million passengers, which on certain days become more than ten million within the twenty-four hours .

Incredibly, for the public transport system of a city that has more inhabitants than the sum of Milan, Rome, Naples, Turin, Palermo, Florence, Genoa, Bari, Catania, Cagliari and some, all cobbled together, its linchpin can quietly rest in the palm of one hand: the Akbil, Istanbul’s “smart ticket”.

Once upon a time, over fifteen years ago, a group of Turkish engineers working for the IETT adopted a small device, technically an i-button, practically a small chip covered by steel manufactured in the U.S. from what was then called Dallas Semiconductor, and developed a system to use that as a portable rechargeable electronic ticket. It can easily be connected to your key chain, it can be recharged anywhere and it can be used to take all sorts and types of public transport, which in a city that covers 5,000 km2 means virtually every vehicle ever invented by mankind to move on land and sea, and even the cola from the vending machine in the subway.

To use it, the only thing you need is to click the button on a smallish special purpose reader device, obviously installed at the door of all sorts of public transport, hence you will be absolutely sure you have paid the ride, while the computer system of the IETT will care about whatever else, fare rules and everything. There are over ten million Akbil in circulation only in Istanbul, and each day the IETT sells on those at least five million tickets.

Akbil, il biglietto intelligente di Istanbul

Ad Istanbul il problema principale della città è che negli ultimi venti anni la popolazione è cresciuta in media di 600 mila abitanti all’anno, con l’unica eccezione del biennio tra il 1999 ed il 2001, quando, a seguito del disastroso terremoto che la colpì nell’estate del 1999, subì un temporaneo quanto vistoso calo demografico.

Sono oltre dieci milioni di persone in più, cioé tre e quattro volte la popolazione di Roma oppure circa il doppio della popolazione della Sicilia, che si sono aggiunte ad una città che era già più grande di Roma venti anni fa; tutte persone per le quali si sono dovute costruire case, strade, ospedali, ponti, viadotti, autostrade ed altre infrastrutture, che in alcuni casi si sono dovute poi ricostruire per via dei danni provocati dal terremoto del 1999.

La gestione del trasporto pubblico ad Istanbul è un’opera immensa, infatti mentre i veicoli privati in giro per la città ogni giorno sono ormai quasi tre milioni, il resto degli oltre 15 milioni di abitanti va in giro con i mezzi dell’IETT, la locale azienda di trasporti pubblici.

Per dare un’idea del tipo di opere in cui l’IETT è coinvolta continuamente, negli ultimi cinque anni ha aperto una linea di bus veloci su corsia dedicata che trasporta un milione di persone al giorno, ha costruito sotto lo stretto del Bosforo il tunnel ferroviario Marmaray, il più profondo tunnel sottomarino del pianeta, capace di reggere 150 mila passeggeri all’ora ed ha oltre 25 km di metropolitana in costruzione.

Il compito dell’IETT è certamente titanico. Le grandi arterie stradali che solcano Istanbul, le cosiddette Çevreyollari (in Siciliano “cievreiollari”) sono congestionate 24 ore la giorno sette giorni la settimana tutto l’anno, un vero e proprio inferno in terra al cui confronto il traffico nelle grandi circonvallazioni europee come la M25 a Londra o il grande raccordo anulare a Roma sembra quello di una strada di campagna.

Le problematiche che l’IETT deve affrontare e risolvere sono ovviamente in scala con il suo compito, ad esempio la vendita dei biglietti per oltre sei milioni di passeggeri quotidiani, che in certi giorni diventano ben oltre dieci milioni di passeggeri nell’arco di ventiquattro ore.

Incredibilmente, la chiave di volta della gestione del trasporto pubblico in una città che ha più abitanti della somma di quelli di Milano, Roma, Napoli, Torino, Palermo, Firenze, Genova, Bari, Catania, Cagliari più qualche altra tutte assieme, sta tranquillamente nel palmo di una mano: l’Akbil, il “biglietto intelligente”.

Oltre quindici anni fa un gruppo di ingegneri turchi alle dipendenze dell’IETT ha adattato un piccolo dispositivo, tecnicamente un i-button, praticamente un piccolo chip rivestito d’acciaio, costruito negli USA da quella che all’epoca si chiamava Dallas Semiconductors, alla funzione di biglietto elettronico portatile e ricaricabile. Lo si attacca al portachiavi, lo si ricarica ovunque e si prendono tutti i mezzi pubblici, che in una città che si estende per 5000 km2 significa praticamente tutto ciò che di mobile è stato inventato dall’umanità per muoversi su terra e mare, e volendo anche la cola dal distributore automatico in metrò.

Basta letteralmente fare un click del bottoncino con uno speciale dispositivo progettato all’uopo ed installato in tutti i mezzi pubblici, e veramente poco ingombrante, per essere certi di avere pagato la corsa, del resto, regole tariffarie e quant’altro, se ne occupa il sistema informatico dell’IETT. Di Akbil in circolazione ce ne sono oltre dieci milioni ed ogni giorno vengono vendute attraverso di esso almeno cinque milioni di corse.

Tuesday, 18 May 2010

Sull'ottimo utilizzo di "@"

Fino a non molti anni fa in Italiano il segno identificato dal carattere tipografico @ veniva chiamato esclusivamente "a commerciale", ed era praticamente conosciuto soltanto da chi si occupava di contabilità. Ancora oggi "a commerciale" è il nome ufficiale con il quale viene indicato e definito @ nelle traduzioni ufficiali in Italiano dei vari standard per la codifica dei caratteri tipografici, sia in ambito informatico che telematico.

Questo segno ha una storia lunga alle spalle, e mi è capitato di leggere o sentire ipotesi che ne fanno risalire l'origine ai Romani, con il significato di prezzo unitario del contenuto di una anfora, con una certa analogia all'uso contemporaneo, ma non ho mai visto prove certe al riguardo, soltanto indizi, per cui quello di cui siamo veramente certi è che già da secoli prima che inventassero la posta elettronica fosse comunemente usato in contabilità, utilizzato per indicare il prezzo unitario, praticamente con il significato di "al prezzo unitario di". Questo uso è ancora abbastanza comune nei paesi Anglosassoni, capita ad esempio di vedere nei mercati all'aperto Britannici la frutta vendute "@30p", che significa appunto a 30 centesimi di sterlina cadauna.

Incidentalmente, se l'etimologia basata sull'anfora fosse quella corretta, in analogia all'uso iberico, dove la "a commerciale" viene chiamata "arroba", che era l'anfora da 25 libbre (dall'arabo "ar rub", un quarto di 100 libre appunto), in Siciliano il segno @ potrebbe essere anche chiamato "quartara", che è appunto il nome Siciliano dell'arroba.

La "a commerciale" in Inglese viene considerata come un segno tachigrafico per indicare l'unione tra la a e la t, ed infatti viene sempre pronunciata "at", e viene usata a rappresentanza di una preposizione comune alla gran parte delle lingue Indoeuropee, già testimoniata nel Sancrito ("adhi").

Questa preposizione nel Latino classico veniva usualmente scritta come "ad", ma non sempre, abbiamo infatti testimonianze di forme in "ar", vedi ar-biter e non ad-biter, che è la ragione per cui diciamo arbitro e non adbitro o più probabilmente abbitro anche in Italiano (in questo caso, la parola Siciliana deriva probabilmente da una forma meno arcaica di quella Italiana), e veniva usata con l’accusativo, ma già nel IV secolo si era imposta la forma scritta "at", forse in analogia con la forma diffusa anche tra le lingue germaniche. Nelle lingue Celte la forma usuale è ancora "ar", mentre è attestato come "az" in qualche dialetto Osco.

In Latino ad/at non indica usualmente stato in luogo, ma veniva usato principalmente per denotare tre diversi tipi di relazione:

  • per indicare la direzione verso un oggetto;
  • per indicare il luogo verso il quale qualcosa arriva;
  • per indicare il luogo presso il quale si è arrivati o ci si sta avvicinando;

Nel caso dei server di posta elettronica, la relazione indicata ancora oggi dalla preposizione è quella di: "presso" quando qualcosa si è precedentemente mossa o si sta muovendo "verso" quel qualcosa".

Vi sono però tanti altri usi, tra i quali è abbastanza comune quello nelle frasi dedicatorie, celeberrima la dedica al fratello in "M. Tullii Ciceronis ad Quintum Fratrem Dialogi tres de Oratore", o di indirizzamento.

Nell'Inglese standard la preposizione ad/at del Latino classico usata con l'accusativo viene usualmente tradotta dalla preposizione "to" sempre reggente l'accusativo, come nella celebre frase "to whom it may concern".

Negli ultimi anni, oltre che per indicare i server per la gestione della posta elettronica, si è iniziato ad assistere, dapprima nella comunità Anglofona, e poi in svariate altre comunità linguistiche in giro per il mondo, all'utilizzo del carattere @ con funzioni di indirizzamento o dedicazione.

Questo uso chiaramente non è un Anglicismo, perché appunto in Inglese per la funzione di dedicazione ed indirizzamento viene usata la preposizione "to", ma è un vero e proprio Latinismo.

Marcus Tullius Cicero oltre 20 secoli fa usava questa preposizione esattamente come tutti quelli che la usano su Facebook, Twitter, BlogSicilia ed altre mille piattaforme, e se proprio avessimo bisogno di un'autorità letteraria per dirimere una eventuale questione sulla liceità di tale preposizione e del relativo carattere tachigrafico con funzioni di indirizzamento o dedicazione, non ce ne sarebbero proprio molte di maggiori.

Il nostro beneamato Marcus Tullius Cicero avrebbe probabilmente chiamato questo uso "ad aliquem", anzi, probabilmente il buon Marcus Tullius Tiro, il segretario e confidente di M.T. Cicero tradizionalmente considerato il fondatore della stenografia, sarebbe certamente stato felicissimo di definirlo "@aliquem".

Le lingue sono organismi piuttosto dinamici in costante evoluzione, per cui non deve sorprenderci che l'uso che un paio di miliardi di persone fanno di un carattere tipografico abbia probabilmente radici millenarie, e sia sorprendentemente radicato in maniera simile attraverso tutta la famiglia dei linguaggi indoeuropei.

Dopo i celebri discorsi Ciceroniani del corrente presidente Statunitense Barak H. Obama, questa è una ulteriore e benvenuta conferma della continua importanza e forza intellettuale della cultura Latina anche nel mondo contemporaneo.

Friday, 30 April 2010

Il lavoro nero ed il costo del lavoro in Sicilia

Una delle cause principali del lavoro nero in Sicilia o comunque nelle aree dove l’etnia Siciliana costituisce la maggior parte della popolazione (Calabria centromeridionale, Cilento e Salento) è il fatto che il sistema paese della Repubblica Italiana è confezionato a misura delle esigenze Padane.

In altre parole, i costi fissi amministrativi, tributari e burocratici sopportabili da un’impresa Padana sono del tutto insopportabili dalle imprese Siciliane, le quali di conseguenza partono con un deficit di competitività, che cercano di recuperare con tutti i mezzi possibili, a volte purtroppo anche quelli illegali.

Un sistema siffatto è ovviamente sbagliato, e bisogno purtroppo aggiungere che spesso lo Stato Italiano non riesce nemmeno a controllarlo e regolarlo adeguatamente, e quello che viene regolato viene controllato spesso completamente a chiazze, anche per la penuria di uomini, mezzi, strumenti e formazione delle forze all'uopo preposte, e si finisce quindi per colpire a casaccio, un giorno a questo e l'altro giorno all'altro, e questo implica che in realtà alla fine il sistema favorisce le imprese che si comportano peggio e che riescono a non farsi beccare e quindi a farla franca, mentre quelle che si comportano legalmente in Sicilia sono doppiamente svantaggiate.

Se lo Stato riuscisse a controllare a tappeto tutte le imprese Siciliane, il risultato immediato sarebbe però un incremento della disoccupazione e della popolazione inattiva, appunto perché le imprese Siciliane sono generalmente sfavorite in partenza rispetto ai concorrenti nel mercato interno alla Repubblica Italiana (non parliamo poi nel mercato esterno!).

L’unica soluzione possibile è quella di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle imprese Siciliane di poter competere ad armi pari.
Questo necessita sia di enormi interventi infrastrutturali (ferrovie, aeroporti, strade, porti, ponti e quant'altro), sia di interventi sul mercato del lavoro, sul costo del lavoro, sulla pressione fiscale, sulla burocrazia, sui costi amministrativi e soprattutto, e principalmente, nell’affermare finalmente e compiutamente il dominio della legge (condizione questa sine qua non per poter attrarre investimenti stranieri significativi con una certa costanza).

Per dare un po di numeri, si possono fare degli esempi pratici per paragonare i costi del mercato del lavoro Siciliano con quelli di imprese operanti in altri sistemi paese, ad esempio con i costi del mercato del lavoro Britannico, che mostrano chiaramente lo svantaggio competitivo che le imprese Siciliane devono sopportare.

Nel Regno Unito vi è un minimo salariale nazionale di €6.65 orari lordi al cambio odierno.

Se si lavora al minimo salariale 37 ore e mezza a settimana, in un anno il costo per il datore di lavoro è di €13778 tutto compreso, dei quali come minimo (potrebbero essere di più se uno ha diritto a deduzioni per i figli o in altri casi) finiranno nelle tasche del lavoratore €11146 netti (quasi €929 al mese), cioé circa l’81% del costo del lavoro, in altre parole il cuneo fiscale e contributivo è soltanto il 19%.

In Sicilia, per fare arrivare legalmente 11 mila Euro nelle tasche dei propri dipendenti, non mi stupirei se il datore di lavoro possa arrivare a pagare anche 15-20 mila Euro (in realtà dipende da n mila cose).

Se nel Regno Unito uno lavora part-time o se non lavora tutto l’anno o se è giovane (under 22), ovviamente potrebbe guadagnare meno, ed incredibilmente, se paragonata alla situazione Siciliana, se un Britannico guadagna fino a €6554 Euro annui, il datore di lavoro non paga un copeco di tasse o contributi, cioé il costo del lavoro tutto compreso è nullo, 0%, ed in tasca del lavoratore finisce netto il 100% del costo del lavoro!

Adottare un regime simile in Sicilia significherebbe che chiunque guadagnasse fino a €550 al mese sarebbe praticamente in regola in ogni caso!

Un altro esempio è possibile farlo per i professionisti: mentre in Sicilia, seguendo la legislazione Italiana, vi è la possibilità di aderire ad un regime forfettario per qualche anno se si ha un giro d’affari inferiore a poche decine di migliaia di Euro, che per un professionista è banalmente al di sotto della sussistenza, nel Regno Unito un professionista, ma anche un piccolo commerciante o comunque chiunque svolga piccole attività di mera sussistenza, non è tenuto ad aprirsi la partita IVA se ha un giro d’affari inferiore agli 80 mila Euro annui.

80 mila Euro annui. Altro che sguinzagliare le forze dell'ordine dietro a chi vende qualche carabattola su ebay senza pagare tasse e minimi contributivi.

Friday, 26 March 2010

Aeroporti Siciliani: una politica promozionale comune

Gli amministratori eletti dai contribuenti Trapanesi invece di fare un falò e bruciare il denaro dei contribuenti, come a volta sembra facciano gli amministratori eletti altrove in Sicilia, hanno cercato di investirne almeno una parte in maniera costruttiva, con un ritorno che sembra essere addirittura oggettivamente maggiore per i contribuenti delle altre province Siciliane (in special modo Palermo ed Agrigento) rispetto a quello per i contribuenti Trapanesi stessi, e chiunque abbia un briciolo d'onestà intellettuale si troverebbe costretto ad ammettere che questa sia una cosa evidentemente meritevole di ammirazione e debba essere oggetto di invito all'emulazione, più che oggetto di rimprovero e cieca stupida gelosia.

Comunque si evolvano le varie problematiche sorte intorno allo sviluppo degli aeroporti Siciliani, gli amministratori di Birgi ed i politici Trapanesi hanno invece un merito indiscutibile: hanno posto un problema.

Ha senso continuare a chiedere ai turisti di pagare una decina di Euro a volo, quando ogni turista porta centinaia di Euro all'economia Siciliana?

Gli amministratori Trapanesi si sono posti il problema, hanno mostrato in maniera chiara e lampante le possibilità insite in una determinata soluzione del problema, il prossimo passo è decidere come ampliare questa soluzione, o provarne e trovarne altre, a beneficio di tutta la comunità Siciliana.

A questo punto probabilmente toccherebbe al governo Siciliano provare a fare un passo, mettere insieme gestori aeroportuali e vettori e fare un accordo quadro pluriannuale, ad esempio un accordo di co-marketing quinquennale (giusto per fare un esempio banale, ci si potrebbe accordare che per i voli da e verso la Sicilia in determinati periodi di promozione, in bassa stagione, il sito del vettore debba riportare "tasse aereoportuali: €0 (il popolo Siciliano ti augura buon viaggio e buona permanenza in Sicilia)"), e scontare loro completamente le tasse e le tariffe aereoportuali nei periodi di promozione (ovviamente non ad Agosto o a Natale!), almeno per quanto riguarda i pax internazionali non in transito.

Tasse aeroportuali basse o nulle per attrarre i turisti

In alcuni paesi della Unione Europea le tasse aeroportuali o non ci sono o sono molto basse, ad esempio in Belgio, Grecia, Irlanda, Olanda e Spagna. Più nello specifico degli altri mercati turistici concorrenti alla Sicilia, ad esempio la Spagna non fa pagare le tasse aereoportuali alle linee aeree che mantengono la stessa offerte in termini quantitativi del 2008 mentre la Grecia non fa più pagare le tasse aereoportuali in moltissimi aereoporti a carattere turistico.

La ratio è quella che questa politica contribuisce a tenere i costi dei viaggi aerei più bassi, il che attrae più turisti o comunque passeggeri, che portano un maggior introito tributario rispetto all'investimento. Nelle zone turistiche il turista, ma anche il pax, soprattutto quello internazionale, porta all'economia, ed alla fine nelle casse delle amministrazioni pubbliche, molto più di quello che si può ricavare dalle tasse aereoportuali.

Se la Unione Europea decidesse che le campagne promozionali sul sito Ryanair finanziate dai vari enti locali Italiani fossero equiparabili a sovvenzioni, e quindi ad un aiuto di stato, non si vede come potrebbero continuare a permettere a Grecia e Spagna di fare la stessa cosa a discapito dell'industria turistica Italiana, ed in particolare a quella Siciliana.

Condensando in una frase: se uno pensa che le amministrazioni locali Italiane si meritassero una multa da parte della Commissione per attività anticompetitive per le attività di co-marketing, Spagna e Grecia se ne potrebbero meritare una dieci volte più grande!

Ai Siciliani che si lamentano di un investimento pubblicitario di un ente pubblico che fino ad oggi sembrerebbe aver funzionato, bisognerebbe rispondere che in primis i soldi investiti dalla Provincia di Trapani sono soldi dei contribuenti Trapanesi, dal primo all'ultimo copeco. Che arrivino dalla Unione Europea, dallo Stato, dalla Regione o da chiunque altro, in primis sono stati raccolti in parte o in toto imponendo tributi ai contribuenti Trapanesi, ed ad ogni modo sono stati posti a bilancio per il beneficio della comunità Trapanese.

Al resto dei Siciliani prima di lamentarsi toccherebbe prima ringraziare i contribuenti Trapanesi, per avere investito parte non disprezzabile del loro bilancio in un investimento con una decente speranza di ritorno per tutta la comunità Siciliana, e gli elettori Trapanesi, per avere scelto politici ed amministratori che hanno attuato politiche che probabilmente dovrebbero essere adottate anche altrove, e possibilmente sarebbero dovute essere adottate molto prima.

Se proprio ci si vuole lamentare, ci si potrebbe lamentare ad esempio dei Lombardi, i quali mediamente pagano l'acqua, che gli arriva 24 ore su 24 tutto l'anno, un decimo di quanto costa a tanti Siciliani, e che ne sprecano un oceano. Perché non si decuplica il costo dell'acqua ai Lombardi, e si usa il ricavato per portare l'acqua corrente a tutti, inclusi tutti i Siciliani?

L’aeroporto di Birgi: quanto ci guadagnano i Siciliani?

Tra le tante osservazioni sollevate da chi non ha accolto bene il recentissimo successo dell'aeroporto di Birgi, una delle più controverse è quella sulla questione delle sovvenzioni pubbliche:

"Il successo di Birgi è stato drogato da sovvenzioni da parte di enti pubblici che dovrebbero essere vietate dall'Unione Europea, dal governo Italiano, da quello Siciliano o da chi per loro".

Si legge spesso, in relazione anche ad altri aeroporti, che Ryanair, come altri vettori, chiederebbe agli aeroporti che utilizza di coprire parte dei costi delle campagne promozionali, quelle per intenderci in cui in cui Ryanair vende i biglietti non facendo pagare le tasse aereoportuali. Questo cofinanziamento viene usualmente indicato con il termine Inglse "co-marketing".

Ipotizzando che fosse vero che anche a Birgi investano dei soldi in queste politiche promozionali, ipotizziamo che questa co-promozione pubblicitaria arrivi a costare al contribuente una cifra a caso, ad esempio 3 Euro a pax, e proviamo a fare qualche conto.

Se ad esempio stimassimo che, molto pessimisticamente, soltanto il 20% dei passeggeri che arrivano a Birgi spendono qualche tempo in provincia di Trapani, ipotizziamo in media 3 giorni cadauno, possiamo sempre pessimisticamente stimare che questi spendano 100 Euro al giorno cadauno. L'investimento sarebbe, ripeto secondo stime molto pessimistiche, pari a 15 Euro per portare un turista che ne avrebbe fatto fatturare almeno 300. I 15 Euro tra l'altro avrebbero portato altre 4 persone, mettiamo che due siano Palermitani, Agrigentini, o Trapanesi in vacanza oppure emigrati all'estero, rimangono due turisti che usano l'aeroporto di Trapani per arrivare in Sicilia e poi portare i loro 300 Euro ad un'altro provincia Siciliana, in primis probabilmente Palermo.

Senza contare i 2 Siciliani in vacanza o emigrati, che sempre pessimisticamente si neutralizzano a vicenda dal punto di vista economico (e personalmente ritengo che il Siciliano emigrante spende di più in Sicilia che il Siciliano in vacanza all'estero), e che sono costati in pratica un paio di caffé cadauno al contribuente, ogni 15 Euro spesi dalla Provincia di Trapani o da chi per lei il PIL della Sicilia pessimisticamente crescerebbe di 900 Euro, 300 a Trapani e 600 nel resto, in primis probabilmente a Palermo.

E se invece di 3 Euro, portare un pax costasse 6 Euro? Semplice, costerebbe 30 Euro incrementare il PIL della Sicilia di 900 Euro. Il gioco continua a valere la candela.

Se fossimo in un mondo dove prevalessero la logica e la razionalità, i cittadini Palermitani dovrebbero essere i primi a scendere in piazza per chiedere al loro comune di cambiare il nome da "Piazza Politeama" in "Piazza ai Contribuenti Trapanesi", e magari da "via Roma" a "via Airgest" e da "via Maqueda" a "via Provincia di Trapani".

Invece non siamo in un mondo normale, perché invece di fare ragionamenti logici e razionali, si mettono in primo piano cose come i campanilismi e si permette ad altri di attuare le loro deleterie politiche di divide et impera contro gli interessi dei Siciliani.

E nel resto d'Europa, cosa succede, cosa fanno gli altri distretti turistici?

L'aeroporto di Birgi: un successo imprevisto

Storicamente l'aeroporto di Birgi è sempre stato quello di minor successo tra gli aeroporti Siciliani aperti al traffico civile.

Negli ultimi tempi qualcosa è però cambiato: una nuova amministrazione dell'aereoporto di Birgi, grazie al sostegno di una parte della politica della provincia di Trapani, ed in ultima analisi quindi grazie ai soldi dei cittadini contribuenti elettori della provincia di Trapani, è riuscita a convincere Ryanair, uno dei principali vettori Europei, prima ad offrire voli punto punto da Birgi a varie località Italiane ed Europee, e poi addirittura a promuoverla a base, cioé a basarvi un certo numero di aerei, due inizialmente (l'aeroporto dal 2009 ne può ospitare un massimo contemporaneo di 8), e quindi ad aprirvi un numero maggiore di rotte, ad oggi oltre 35.

Questo ha provocato un successo per molti inaspettato, tant'è che nel 2009 il numero di passeggeri è incrementato di oltre il 100%, Birgi ha sfondato per la prima volta il muro del milione di passeggeri, e nel 2010 viaggia a pieno regime almeno verso il milione e mezzo, forse addirittura i 2 milioni di passeggeri. Considerando che Punta Raisi era da qualche hanno in una fase stazionaria, in cui non riusciva ad incrementare il numero di passeggeri, il successo di Birgi ha comportato un incremento netto per il sistema aereoportuale Siciliano, in special modo per quello della Sicilia Occidentale, e soprattutto nel segmento più importante per l'economia Siciliana: i passeggeri internazionali.

Il successo di Birgi non è stato però purtroppo accolto bene da tantissime persone, addirittura da buona parte dei principali beneficiari, per i più diversi motivi. Alcune di queste osservazioni sono praticamente di nulla importanza, e suscitano tutt'al più un sorriso (per fare un esempio qualcuno avrebbe proposto che l'aeroporto cambiasse nome, da "Trapani Birgi" a "Marsala Birgi", perché la frazione di Birgi è parte del comune di Marsala, anche se l'aeroporto è situato all'interno dei confini del comune di Trapani), sì sa, mentre l'insuccesso è orfano, il successo ha sempre tanti padri.

Altre osservazioni però sollevano problemi molto più importanti e degni di considerazione:

- "Il successo di Birgi ha allo stato attuale i piedi d'argilla, si basa completamente nella capacità di riuscire a mantenere felice e contento il vettore Ryanair, che gode in pratica di una posizione dominante, ed attrarre altri vettori non è semplice".

Questa osservazione è banalmente vera, e mette a nudo una realtà che nessuno può negare. D'altro canto, anche la risposta è altrettanto banale: è meglio giocarsi le proprie possibilità o non giocare affatto?

- "Il successo di Birgi toglie traffico a Punta Raisi, e non attrae nuovo traffico, è semplicemente un gioco a somma zero".

Questa affermazione è falsa per quanto riguarda il traffico nazionale, parzialmente falsa per il traffico internazionale. Se si guardano i dati, si vede chiaramente che Punta Raisi era da anni in una fase di stallo, e che il traffico nazionale dell'aeroporto Palermitano ha retto decentemente, nell'attuale congiuntura probabilmente benissimo, all'apertura della base Ryanair a Trapani. Il problema di Punta Raisi è purtroppo il traffico internazionale, dove effettivamente il successo di Birgi sembra aver colpito abbastanza duramente lo scalo palermitano. Se però si prende in considerazione l'intero sistema aeroportuale Siciliano, si vede come in realtà Birgi ha guadagnato e sta guadagnando più di quanto Punta Raisi abbia perso, cioé in sostanza il successo di Birgi ha creato traffico. Questo potenziale di traffico era latente, quello che ci si dovrebbe chiedere è perché Punta Raisi non riusciva ad esprimerlo. Personalmente ritengo ci sia in Sicilia tantissimo potenziale di traffico latente, più che sufficente per un incremento misurabile in milioni per i tre aereoporti attualmente in funzione e per i tre in fase di costruzione o progettazione.

L'osservazione che però colpisce di più è un'altra:

- "Il successo di Birgi è stato drogato da sovvenzioni da parte di enti pubblici che dovrebbero essere vietate dall'Unione Europea o da chi per lei".

Ma è veramente così? E chi ci guadagna veramente dal successo di Birgi, e chi ci perderebbe se terminasse?

Gli aereoporti Siciliani: i vasi di coccio tra i vasi di ferro

La Sicilia non ha meno coste di qualsiasi altro distretto turistico nel bacino del Mediterraneo di analoghe dimensioni, e tra i tanti gioielli naturalistici che fino ad ora è riuscita a conservare, in media non le ha maltrattate tanto peggio, ha ereditato un considerevole lascito di pregevoli e spesso unici beni culturali, da quelli architettonici, solidi e tangibili, fino a quelli intangibili (ad esempio la annacate dei Misteri di Trapani), ha un ottimo clima, significativamente migliore di quello del potenziale mercato di riferimento, è in buona sostanza praticamente una miniera turistica a cielo aperto che non aspetta altro di essere sfruttata a dovere, perché non iniziare?

Volenti o nolenti, data la posizione geografica della Sicilia, e data la penuria di investimenti infrastrutturali, un trend questo, purtroppo plurisecolare, di cui la Repubblica Italiana non è che l'ultima colpevole, e per rendersene conto basta leggersi quello che scrivevano i viaggiatori Inglesi del Settecento sullo stato del sistema viario Siciliano, soprattutto da Castelvetrano a Siracusa, descrivendo esattamente quella che ai nostri occhi parrebbe l'odierna tragica situazione, l'opzione aeroportuale diventa chiaramente una conditio sine qua non per lo sviluppo economico del territorio, soprattutto nel settore turistico.

Escludendo Pantelleria e Lampedusa, che sono casi a parte, in Sicilia vi sono oggi tre aeroporti aperti al traffico civile: Fontanarossa, in provincia di Catania, Punta Raisi, in provincia di Palermo, e Birgi, in provincia di Trapani. Vi è poi un altro aeroporto civile a Comiso, in provincia di Ragusa, che potrebbe venire aperto al traffico probabilmente in tempi probabilmente brevissimi, e vi sono un paio di altri aeroporti che potrebbero essere costruiti nel giro di pochi anni, uno in provincia di Agrigento probabilmente a Licata, e l'altro in provincia di Messina, sulla fascia Tirrenica, probabilmente nei dintorni di Milazzo.

Tralasciamo per il momento i problemi concernenti gli aeroporti in costruzione o in corso di progettazione, che pure sono tanti e meritevoli di considerazione, e concentriamoci sulla situazione attuale: la posizione geografica dei tre aeroporti in funzione è particolarmente sfortunata, dacché due, Punta Raisi e Birgi, si trovano a meno di 90km l'uno dall'altro, ragion per cui condividono buona parte del proprio bacino potenziale, mentre l'altro, Fontanarossa, serve un bacino geografico e demografico sproporzionato, in buona sostanza almeno sei province e mezza, soprattutto rispetto al sistema delle infrastrutture di trasporto che lo circondano.

Questo ha storicamente determinato in termini relativi da una parte il maggiore successo di Fontanarossa rispetto a Punta Raisi, dall'altra un costante insuccesso di Birgi, che, nonostante sia probabilmente il meglio piazzato dal punto di vista strettamente aeronautico (non un gran merito in realtà, quando il paragone è con un aeroporto soprannominato per anni "la trappola d'Europa" e con un altro costruito a pochi chilometri da un maestoso vulcano a cui non dispiace mantenersi in attività), e certamente sia quello meno costoso, dato che è fondamentalmente un aereoporto militare aperto al traffico civile, trovandosi nella posizione del vaso di coccio tra i vasi di ferro, ha sempre trovato gravi difficoltà a convincere dei vettori aereonautici ad offrire voli da e per l'aereoporto più occidentale della Sicilia.

In termini assoluti, quando confrontato con i sistemi aeroportuali di altre aree turistiche del Mediterrano (Andalusia, Creta, Malta, Cipro, Antalya, Licia) il sistema aeroportuale Siciliano nel suo insieme ha purtroppo storicamente fatto la parte del vaso di coccio tra i vasi di ferro.

Thursday, 25 March 2010

The "Misteri di Trapani", a centuries-old tradition

The Processione dei Misteri di Trapani or simply the Misteri di Trapani (in English the Procession of the Mysteries of Trapani or the Mysteries of Trapani) is a day long passion procession featuring twenty floats of lifelike wood, canvas and glue sculptures of individual scenes of the events of the Passion, a passion play at the centre and the culmination of the Holy Week in Trapani. The Misteri are amongst the oldest continuously running religious events in Europe, having been played every Good Friday since before the Easter of the 1612, and running for at least 16 continuous hours, but occasionally well beyond the 24 hours, are the longest religious festival in Sicily and in Italy.

In the late middle age and early renaissance the phenomenon of the Passion plays had spread in most Catholic countries. Passion plays, also when springing from a sincere religious devotion, were anyway occasionally mutating in farces, a trend which became more widespread in the early 16th century, to the obvious discomfiture of the Catholic hierarchies, who then started to oppose them.

In the late 16th century, religious authorities but also lay authorities ended up to forbid or anyway to strongly limit passion plays in various places around Europe, meanwhile in certain areas, like in parts of the then sprawling Spanish Empire, these started to be substituted by processions of figurative art depicting the various episodes of the Passion of Jesus.

Just like the procession of the pasos in Seville, or the procession of the vare in Caltanissetta or in many similar processions in various parts of the contemporary Spanish Empire, in Trapani at some point during the Counter-Reformation the episodes of the passion of Jesus started to be narrated through sculptural groups who were created from local artists.

The 'Misteri' are therefore an artistic representation of the Passion and Death of Jesus through twenty sculptural groups, including two statues of the Dead Jesus and of the Lady of Sorrows. They were granted in trust, by deeds, by the Brotherhood of St. Michael the Archangel and by the Fellowship of the Precious Blood of Christ and of the Mysteries, the two religious societies which probably instituted the rite and were managing the procession of the Misteri in the early to middle 17th century, to the members of the local Guilds in exchange of the promise to carry them during the passion procession every Good Friday.

As the most famous contemporary historian of the story of the city of Trapani, Francesco Pugnatore, does not mention the existence of the Misteri in its magnus opus, the much detailed 'Historia di Trapani' published in 1594, we can reasonably presume that the procession of the Misteri was not held before at least the latter part of the 16th century. As the Fellowship of the Precious Blood of Christ and of the Mysteries (in Latin Societas Pretiosissimi Sanguinis Christi et Misteriorum), was founded in 1603, and the procession is explicitly referred on a document notarized the 20th April 1612, the deed of trust on which the Guild of the Journeymen was granted the caretaking of the group representing the Ascent to Calvary, we can also reasonably assume that the procession of the Misteri was surely held the first time before the Easter of the 1612, that is almost four centuries ago.

Tuesday, 16 March 2010

The lost decade

A picture is worth a thousand words.
As with every saying, this is not always true, but in this case it is true more often than not.

Saturday morning, while reading on a train to London, my wife spotted a wonderful picture on an article titled The Information: Growth lost in the recession on a tiny magazine sold together the weekend edition of the Financial Times, and she told me about that.

The first time I got to truly look at that, it was already Sunday evening, on a train from London.

The picture is truly amazing, it did open a whole new dimension to my understanding of the effects of the economic recession we had to live through in the past couple of years.

Building on that, I decided to give a shot at that very same issue myself, so I got the data of the past 10 years of GDP growth (sic!) from Eurostat, I analyzed them to create a graph myself, this time divided on yearly periods, and in a few minutes I found myself looking at the shocking results:

The lost decade

Every single country in the Eurostat set, bar Poland, has lost at least 2 years of GDP growth.
Of all the countries, the Republic of Italy was the most affected one, it lost 9 years of growth during the recession, it is as the Italian taxpaying citizens by some dark magic have been working 10 years to find themselves just where they were 10 years ago.

Basically, every business related law enacted by the last few Italian governments, every sacrifice requested to the Italian citizens by the Italian ruling class, especially to the younger generation who started to work after 1999, every promise of a future reward in exchange of a greater job flexibility and a lesser job security, everything went up in smoke.

Seven years after its enactment, what are the final effects on the so-called Biagi reform on the Italian economic growth?

Zero, nihil, nothing.

There is nothing left to show.

Il decennio perduto

Una immagine vale più di mille parole.
Come ogni proverbio, anche questo non è sempre vero, ma questo lo è il più delle volte.

Sabato mattina, leggendo su un treno per Londra, mia moglie ha notato un bel grafico a corredo di un articolo, ospitato su una piccola rivista venduta insieme all'edizione del fine settimana del Financial Times, intitolato "L'Informazione: la crescita persa nella recessione", e me lo ha fatto notare.

Prima che riuscissi ad avere modo di dargli uno sguardo, era già Domenica sera, su un treno da Londra.

Il grafico è veramente interessante , ed ha effettivamente aperto una nuova dimensione alla mia comprensione degli effetti della recessione economica che abbiamo attraversato negli ultimi due anni.

Prendendo quel grafico ad esempio, ho deciso provare anch'io ad usare lo stesso punto di vista, così ho preso i dati degli ultimi 10 anni di crescita del PIL (sic!) da Eurostat, li ho analizzati ed ho creato un mio grafico, questa volta diviso in periodi annuali, e in pochi minuti mi sono ritrovato ad ammirarne lo scioccante risultato:

The lost decade

Ogni singolo paese nell'insieme considerato da Eurostat, tranne la Polonia, ha perso almeno 2 anni di crescita del PIL.
Di tutti i paesi, la Repubblica Italiana è stato il paese più colpito, ha perso 9 anni di crescita durante la recessione, è quindi come se tutti i cittadini contribuenti italiani per colpa di una qualche oscura magia nera avessero lavorato dieci anni per trovarsi alla fine proprio dove erano 10 anni fa.

Fondamentalmente, ogni legge finanziaria emanata dagli ultimi governi italiani, ogni sacrificio richiesto ai cittadini italiani da parte della classe dirigente italiana, in particolare alle giovani generazioni che hanno iniziato a lavorare dopo il 1999, ogni promessa di una ricompensa futura in cambio di una maggiore flessibilità del lavoro e una minore sicurezza del lavoro, è andato tutto in fumo.

Sette anni dopo la sua emanazione, quali sono gli effetti finali della cosiddetta riforma Biagi sulla crescita dell'economia italiana?

Zero, nihil, nulla.

Non è rimasto niente.

Tuesday, 9 February 2010

Let's go orange picking, one hundred years later

It is still six in the morning when "Austinu u robottaru" ("Agostin the Robot-handler") arrives with its self-driving truck.

He takes straight away the final arrangements with "u zu Mommu Chiantapattuadda" ("Uncle Jerome the Orange-planter"), so he can directly insert the various parameters (maturity of the fruit, weight, diameter, ..) through its neural implant, then "u zu Mommu" ("Uncle Jerome"), which has not got yet a neural implant himself because he is afraid of that, "what is this stuff they wish to plug on my brain?", pulls out a very obsolete device from his pocket, and he screams to it: "send him what you have to send!".

The obsolete harness contextualizes that, decides that "u zu Mommu" wants it to send data about the boundaries of the fields to "Austinu u robottaru," it decides to alter them slightly, either to prevent the robots to intrude into the neighbouring fields of "u zu Sparacinu Ascaruatta" ("Uncle Casper the Tin-Scratcher") either for its own personal satisfaction in somewhat reducing the revenues of its master, and then sends the data.

The neural implant of "Austinu" elaborates those straight away, in a short while he is grinningly checking and correcting them against the Solar System Land Registry (the robots have a tolerance of a billionths of a millimetre, they weren't certainly housed in Noah's Ark), sending at the same time the authorization for the payment of its services, then afterwards he screams "Let's go" (there would be no real need, but it is useful to give "u zu Mommu" a better appreciation of its job), and the robots get out of the truck and start to work, picking the oranges according to the provided parameters, each using a score of their mechanical arms at once, while "Austinu" goes home (he will come back to collect the robots at sunset, or tomorrow if the order was for 24 hours of orange picking), leaving "u zu Mommu" to curse remembering when his great-grandfather "Ron Vastianu u Cavaddaru" ("Sir Sebastian the horse-breeder") used "Tunisians and Blacks who were remorselessly working without even breathing" for figures definitely lower than what today it has to be paid to use those machines who don’t even need to eat.

"Austinu" naturally knows better, that was not exactly so, and it is obvious that using the robots actually costs much less, but arguing with "u zu Mommu" and the likes of him about these topics is truly wasting your own breath.

Amunì a cogghiri pattuadda, cent’anni dopo

Alle 6 del mattino arriva "Austinu u robottaru" con il camioncino (autoguidato), prende gli ultimi accordi "cu zu Mommu Chiantapattuadda", inserisce direttamente attraverso l'impianto neurale i vari requisiti (maturità del frutto, peso, circonferenza, ..), "u zu Mommu", che non si è ancora fatto fare l'impianto di un terminale neurale "picchi si scanta", "chi su sti cosi azziccati nu ciriveddu?", tira fuori un aggeggio anti diluviano dalla tasca, e gli dice "mannaci soccu ci ha mannari", l'aggeggio anti diluviano contestualizza, decide che "u zu Mommu" vuole che gli mandi i dati sui confini ad "Austinu u robottaru", li modifica leggermente, sia per evitare che i robot possano sconfinare nel terreno dello "zu Sparacinu Ascaruatta" sia per soddisfazione personale nel ridurre leggermente le entrate del padrone, e manda i dati, che vengono elaborati dall'impianto neurale di "Austinu", che sogghignando li corregge istantaneamente controllando con il catasto Unico del Sistema Solare (i robot poi hanno una tolleranza di miliardesimi di millimetri, non sono mica stati ospitati dall'Arca di Noé), insieme all'autorizzazione al pagamento, dopodiché grida "Amunì" (non ce ne sarebbe bisogno, ma serve per fare apprezzare di più il suo lavoro a "u zu Mommu"), ed i robot escono dal camioncino per i fatti loro e si mettono a lavorare, raccolgono le arance secondo i parametri, usando una ventina di braccia meccaniche in contemporanea, mentre "Austinu" se ne torna a casa (tornerà a riprendere i robot al calar del sole, o l'indomani se l'ordine è per 24 ore di raccolta) lasciando "u zu Mommu" a sacramentare di quando suo bisnonno "Ron Vastianu u Cavaddaru" usava "Niura e Tunisina chi travagghiavanu senza fiatari" per cifre certamente inferiori, rispetto a quanto tocca pagare al giorno d'oggi per una "ri sti machina chi mancu hannu a pistiari".
"Austinu" naturalmente sa che non andava esattamente così, e che usare i robot in realtà costa molta meno, ma argomentare "cu zu Mommu" et similia di questi argomenti "è ciatu persu".

Thursday, 28 January 2010

Ma che fine hanno fatto i Turchi del Palermo?

Tra il 1950 ed il 1962 tra i tanti stranieri che vestirono il rosanero del Palermo, vennero acquistati ben tre giocatori Turchi.

Il primo, raccomandato addirittura da quello che viene spesso considerato, probabilmente a ragione, il più grande giocatore che abbia mai vestito le maglie della nazionale Italiana, Giuseppe Meazza, che lo aveva conosciuto nell'immediato dopoguerra per via del suo ruolo di allenatore del Beşiktaş, fu Şükrü Gülesin (sciucriù ghiulesìn), Istanbulita purosangue, leggendario centravanti di sfondamento del Palermo nel 1950/51 (13 goal) e nel 1952/53 (7 goal).

Şükrü bey, che prima di approdare in Sicilia aveva guidato il Beşiktaş alla conquista di ben 6 titoli in 7 anni (e l'unico anno mancante, lui giocava altrove), e che giocò anche una stagione nella Lazio, con la quale mise a segno 16 goal nel 1951/52, nel 1953 ormai trentenne se ne tornò in Turchia, nella sua amata Istanbul, dove finì la carriera militando ironicamente nelle fila del Galatasaray (tra l'altro riuscendo a vincere il campionato nel suo ultimo anno da professionista), e dove purtroppo morì di infarto appena cinquantacinquenne nel 1977, non prima però di essere finito nel Guinness dei primati per aver segnato ben 32 volte in carriera direttamente da calcio d'angolo!

Vera e propria stella del calcio Turco negli anni '40, Şükrü giocò, e segnò, anche alle Olimpiadi di Londra del 1948, dove la sua nazionale arrivò quinta, e guidò la Turchia alla conquista della qualificazione ai mondiali del 1950, conquistata distruggendo ad Ankara la Siria, che all'epoca era inserita nei gironi di qualificazioni Europei, in un incontro arbitrato dall'Italiano Antonio Gamba e finito 7 a 0. Ironia della sorte, la Federazione Turca fu costretta a rinunciare alla partecipazione al mondiale in Brasile, così come rinunciò la Scozia, e come addirittura rinunciarono le altre due nazionali Europee chiamate a sostituirle, la Francia ed il Portogallo, cosi come rinunciò anche l'India, celebremente perché la FIFA si rifiutò di permettere ai giocatori Indiani di giocare a piedi nudi, cosicché la Coppa Rimet fu contesa soltanto da 13 squadre, ed il nostro Şükrü perse l'occasione di giocare ai mondiali. Quattro anni più tardi la Turchia, magistralmente guidata dal Piacentino Sandro Puppo, che in carriera si tolse lo sfizio di guidare squadre come la Juventus ed il Barcellona, si qualificò nuovamente, questa volta ai danni della ben più quotata Spagna, eliminata a Roma dopo uno dei più drammatici spareggi della storia del calcio europeo, arbitrato ancora una volta da un Italiano, Giovanni Bernardi, ma il treno per Şükrü, oramai sulla via del tramonto, era ormai passato.

Ai mondiali Svizzeri del 1954 partecipò invece il secondo dei Turchi del Palermo, Bülent Eken (biulènt ekèn), altro Istanbulita, difensore approdato alla Salernitana dal Galatasaray nel 1950/51, che stranamente vestì le maglie rosanero per 17 volte proprio in quella stagione, il 1951/52, in cui Şükrü Gülesin vestì le maglie biancazzurre della Lazio. Tornato in Turchia al Galatasaray, vinse insieme a Şükrü il campionato del 1954/55, dopodichè a fine carriera divenne allenatore, arrivando ad allenare per oltre un anno la nazionale Turca negli anni '60, poco prima del ritorno di Sandro Puppo.

Il buon Bülent bey, che inşallah (insciallà) dovrebbe essere ancora vivo e vegeto, era un coetaneo di Şükrü, con il quale aveva condiviso l'avventura Londinese, ma pare che per renderlo più appetibile agli occhi dei possibili acquirenti Italiani, gli avessero tolto un lustro dai documenti anagrafici, ma all'epoca, si sa, era costume diffuso.

Il terzo giocatore Turco ad indossare la maglia rosanero, Metin Oktay (metìn oktài), è un po un enigma, e probabilmente la ragione per la quale il Palermo smise di cercare giocatori sul Bosforo. Mentre Şükrü Gülesin fu una delle grandi stelle del Beşiktaş, lo Smirniota Metin bey è stato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi del Galatasaray. Profilico attaccante, segnò in carriera qualcosa come 635 goal, di cui ben 354 in campionati di prima divisione e 19 in nazionale, in sole 36 apparenze, una media goal ottima a livello internazionale. Capocannoniere nei campionati Turchi per ben 10 stagioni, riuscì a diventare re del goal per ben 7 volte nell'arco di 8 stagioni. Indovinate dove giocava nell'unica stagione mancante, nell'unico grande fallimento della sua gloriosa carriera? Nel Palermo. Nel 1961/62 Metin realizzò infatti appena 3 goal durante le sue 12 presenze in maglia rosanero.

In realtà che qualcosa potesse non andare bene si sarebbe potuto immaginare, d'altronde Metin era balzato agli onori della cronaca per il divorzio concesso alla moglie Oya Sarı (òya sàre) per aver rotto la promessa di tornare a giocare nella squadra della comune città natale, l'İzmirspor, preferendo un ricco contratto ad Istanbul sia all'amore muliebre che a quello della squadra di calcio per la quale tifava da bambino. Probabilmente più che il denaro, dato che probabilmente a Palermo avrebbe guadagnato ancora di più, Metin si era innamorato sia Istanbul che soprattuto del Galatasaray, che in Turchia chiamano tutti Cimbom (gimbòm). I colori giallorossi gli erano entrati nel sangue, e con la tifoseria della squadra giallorossa Metin creò un legame unico, rinsaldato da una di quelle capacità che trasformano in idoli agli occhi delle tifoserie di tutto il mondo, la sua incredibile abilità di segnare durante i derby. Metin segnò infatti ben 13 goal ai cugini del Beşiktaş, e divenne l'autentica bestia nera dei rivali d'oltrebosforo, i gialloblù del Fenerbahçe, ai quali segnò in carriera ben 19 goal, guadagnandosi il soprannome di taçsız Kral (tacjsìz cràl), vero e proprio Re senza corona della sterminata tifoseria Cimbom.

Metin morì in un tragico incidente automobilistico nella sua patria adottiva Istanbul nel 1991, riposa proprio di fronte alle maestosa mura Costantinopolite, ed ogni anno nell'anniversario della sua morte i giocatori ed i tifosi del Galatasaray si recano in pellegrinaggio alla sua tomba. Il club gli ha dedicato il proprio centro sportivo d'allenamento a Florya, un bellissimo quartiere sul mare a due passi dall'aeroporto internazionale Kemal Atatürk, mentre i tifosi gli hanno dedicato un grazioso e commovente sito, in rosanero!