#include <stdio.h>
int main()
{
printf("Godspeed, dmr\n");
return 0;
}
Thursday, 13 October 2011
Dennis MacAlistair Ritchie, 1941-2011
Monday, 10 October 2011
Re: sfrattati da trapani i bombardieri inglesi anti-gheddafi. meglio turisti e soldi.
@Jacopo Giliberto: con quel cognome da siciliano purosangue (precisamente siracusano, ma ce ne sono tanti anche nel trapanese) che ti ritrovi, mi sarei aspettato che ti documentassi maggiormente sulla vicenda prima di scrivere un articolo come questo.
La crisi libica e la relativa missione ha fatto danni all'economia della sicilia occidentale probabilmente per decine di milioni di Euro soltanto quest'anno (i 10 milioni di Euro che citi sono un contentino promesso dal governo di fronte ad una vera e propria rivolta popolare a Marzo, contentino che tra l'altro non è mai arrivato), e potenzialmente per centinaia di milioni di Euro negli anni a venire se perderanno la base Ryanair, una vicenda che è stata, ed è, gestita malissimo dal governo centrale (vatti a vedere i commenti dei vari ministri alla notizia della chiusura dell'aeroporto).Quando il governo decide di partecipare a delle guerre, il costo di queste guerre deve finire sulla testa di tutti i contribuenti, da Varese a Siracusa, da Trieste a Trapani, non soltanto ed esclusivamente ai contribuenti di Trapani (o peggio ancora, al 90-99% sui contribuenti di Trapani, ed al 1-10% sui contribuenti dei comuni che abbiano sedime aeroportuale, e 0% per tutti gli altri, ma chi le ha queste pensate?).
Invece di prendertela con gli imprenditori trapanesi (su Il Sole 24 Ore poi!), prova a chiedere un'intervista al Sig. Salvatore Ombra, il presidente di Airgest, e fatti raccontare come la vede lui. Poi magari contatta qualche giornalista locale, e fatti raccontare come la vede lui. Poi segui qualche altra pista (ce ne sono un bel po). Poi, dopo che ti sei informato, magari scrivi un bell'articolo, e ci informi.
Quello sarebbe giornalismo.
Quello sarebbe giornalismo.
Sunday, 9 October 2011
Correlazione tra rigidità della disciplina dei licenziamenti e precariato
A quanto pare ci sarebbe una querelle interna al PD, il cui responsabile del settore Economia e Lavoro (quindi un possibile candidato ad un ministero economico pesante se il PD dovesse tornare al goveno), tale Sig. Stefano Fassina, sarebbe tra quelli che non credono, basandosi su presunti dati ISTAT, alla correlazione tra rigidità della disciplina dei licenziamenti e precariato (e da quanto vedo mi pare siano in tanti a sostenere posizioni simili), ed il Sig. Pietro Ichino, il noto giuslavorista membro della direzione nazionale del PD.
Il Sig. Ichino pare abbia parzialmente risolto quantitativamente una parte della questione, e comunque gettato un po' di luce sul resto.
Citando in breve la parte maggiormente gravida di informazioni sul punto in oggetto:
"In via di primissima e del tutto provvisoria approssimazione, nell’ipotesi in cui tutte le società di capitali avessero più di 15 dipendenti e tutte le altre imprese ne avessero di meno, si potrebbe formulare questa affermazione: nelle imprese di piccole dimensioni dove non si applica l’articolo 18 dello Statuto lavora più di un terzo dei lavoratori subordinati italiani (esclusi i dipendenti pubblici) e meno di un quinto dei collaboratori autonomi in posizione di monocommittenza; nelle imprese di dimensioni maggiori lavorano meno di due terzi dei lavoratori subordinati italiani e più di quattro quinti dei collaboratori autonomi in posizione di monocommittenza. Il che non basta per considerare dimostrato che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una causa del maggior ricorso a forme di lavoro dipendente atipiche, ma ne costituisce certamente un pesante indizio."
Interessante scoprire come l’Istat collochi tra le “piccole imprese” anche tutte le “partite Iva”, anche le monocliente, ma soprattutto, che persone come il Sig. Fassina, che un giorno potremmo ritrovarci come Ministro dell'Economia o Ministro del Lavoro, prendano (o comunque suggeriscano) decisioni sulla linea politica senza avere a disposizione dati certi, quindi probabilmente su basi ideologiche!
Ad ogni modo è uno scandalo che ancora nel 2011 nella Repubblica Italiana non si possa avere un quadro chiarissimo e quantitativamente certo su un punto così importante.
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Tuesday, 4 October 2011
Tayyippuccio buon padre di famiglia ed il gas russo
Il codice civile italiano fa in diverse istanze riferimento ad una figura, quella del buon padre di famiglia, che è il modello a cui si devono ispirare coloro i quali amministrano i beni o i denari altrui.
Nel caso specifico in questione, per quanto di solito Tayyippuccio non mi faccia tutta questa simpatia a livello personale, non prorogare il contratto con Gazprom per questi 6 miliardi di metri cubi di gas sul gasdotto Occidentale, è esattamente quello che per me avrebbe dovuto fare un buon padre di famiglia.
Prorogare il contratto avrebbe implicato dover chiedere un maggior esborso ai cittadini turchi, un maggior esborso non richiesto da una domanda esistente, ma semplicemente per mantenere un eccesso di capacità a disposizione.
Non prorogando il contratto, il governo turco ha dimezzato l'eccesso di capacità a disposizione, più che dimezzando nel contempo gli aumenti ai consumatori finali.
Poi magari se Gazprom fa a BOTAŞ, o ad altri distributori turchi, lo stesso prezzo che si è riuscita a conquistare Edison, la Turchia questo contratto glielo rinnova pure per altri 5 anni, ma questo non cambia il fatto che in quello specifico contesto aumentare la capacità dei gasdotti provenienti dall'Iran e soprattutto da Azerbaijan e Turkmenistan, è in ogni caso l'altra cosa che un buon padre di famiglia dovrebbe fare comunque.
La ragione è proprio quella che ancora oggi, pur non avendo prorogato quel contratto, la Russia è di gran lunga il maggior fornitore di gas naturale della Turchia, e che mentre la Turchia può fare a meno singolarmente di qualsiasi altro fornitore, perché appunto la Russia potrebbe in qualsiasi momento aumentare la propria capacità di fornitura per coprirne la perdita, dall'altra parte ancora oggi la Turchia non può fare a meno della Russia.
No Russia, no gas, e probabilmente anche no elettricità.
Se non ci fossero altre possibilità, ci si potrebbe anche mettere il cuore in pace, ma la Turchia è circondata di paesi pieni di riserve di gas, per cui sarebbe criminale non dotarsi di capacità di trasporto da tutti i principali fornitori.
L'obiettivo strategico sul lungo periodo è probabilmente quello di trovarsi in una posizione da avere almeno 5 fornitori di pari livello (Russia, Iran, Azerbaijan & Turkmenistan, Iraq ed LPG) capaci ognuno di soddisfare interamente o quasi il fabbisogno attuale (o in 2 quello prevedibile), obiettivo chiaramente condivisibile.
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Chi sono i fornitori di gas della Turchia?
Pare che BOTAŞ abbia 8 contratti in essere, 7 operativi, dei quali 2 per LPG (quindi via nave) con Algeria e Nigeria (che in totale coprono circa l'11% della capacità disponibile), e 6 per gasdotti, 3 dei quali con la Russia, uno con l'Iran e l'altro con l'Azerbaijan. Poi c'è l'ottavo contratto, trentennale, con il Turkmenistan, che però non è operativo perché al momento non ci sono gasdotti tra Turkmenistan e Turchia, o meglio, ci sono, ma passano dalla Russia, che chiaramente non ha al momento particolare interesse a trasportare gas turkmeno in Turchia.
Dei 3 contratti con la Russia, 2 insistevano sul gasdotto Occidentale, che è la diramazione balcanica del gasdotto Soyuz, ed è il gasdotto che approvvigiona primariamente Istanbul, ed 1 sul Blue Stream, che approvvigiona primariamente Ankara.
Uno dei 2 contratti, quello da 6 miliardi di metri cubi annui, sul gasdotto Occidentale scadeva nel 2012, ed è questo che non verrà rinnovato (quindi materialmente non è un annullamento!).
Il gasdotto Occidentale rimarrà comunque attivo per via dell'altro contratto, quello da 8 miliardi di metri cubi annui, che scadrà nel 2022, quindi tra Avcilar e Florya, costeggiando la lingua di terra tra il lago Küçükçekmece ed il Mar di Marmara, sentiremo ancora puzza di gas, almeno per qualche anno.
Il contratto rimanente, da ben 16 miliardi di metri cubi annui, è per il gas naturale che viaggia sul Blue Stream (la cui parte sottomarina fu costruita da Saipem, ricordo di aver visto passare dal Bosforo la grù galleggiante Saipem 7000), il quale scadrà a sua volta nel 2023.
Oltre a questi, il governo turco è un gran proponente del gasdotto Nabucco, che invece la Russia pare non volere assolutamente, perché non passa dalla Russia, e servirebbe quindi a trasportare primariamente il gas azero e soprattutto in prospettiva quello turkmeno, non certo il gas russo, in Turchia e nel resto d'Europa.
L'iperdipendenza turca dal gas russo
Fino a non molto tempo fa si continuava ancora a parlare di costruire nuovi gasdotti tra la Turchia e la Russia, ma questi progetti sono stati bloccati. In realtà ha comunque senso bloccare la costruzione di gasdotti, se al momento, ma anche in futuro, non servono alle varie controparti che dovrebbero sostenerne la costruzione.
Nella fattispecie, oggi infatti il problema della Turchia non è certo quello che gli manchino forniture di gas, o capacità di ottenerne più di quanto gliene arrivino, ma è quello di essere iperdipendente da un singolo fornitore, la Russia appunto.
Ulteriori gasdotti dalla Russia non farebbero altro che esacerbare questo problema.
La Turchia deve invece diversificare le fonti di approvvigionamento, e fortuna vuole che se ne trovi due ai confini, Azerbaijan e Iran, e quattro altri relativamente vicini (nel caso del Turkmenistan, anche culturalmente).
Nella fattispecie, la Russia è il primo paese per riserve di gas naturale, ma l'Iran è il secondo, il Qatar il terzo, il Turkmenistan il quarto, l'Arabia il quinto, l'Iraq è l'undicesimo (e sappiamo tutti che in Iraq ce n'è di più di quanto oggi sia provato) e l'Azerbaijan il quindicesimo (ed anche qui, c'è molto da esplorare ancora!).
Per mettere la cosa in prospettiva, in Azerbaijan ci sono riserve di gas naturale provate oltre 36 volte quelle italiane.
Quindi la Turchia, che è uno dei paesi al mondo con meno riserve proprie di gas, è circondato da una marea di potenziali fornitori.
Quello che il governo Turco deve fare, per non farsi potenzialmente strangolare dai Russi (e ripeto, potenzialmente, perché non è che fino ad oggi i Russi si siano comportati tutto fuorché che amichevolmente con i Turchi!), e far pagare i propri elettori il gas a peso d'oro (gas che in buona parte, per via della natura dei contratti, al giorno d'oggi materialmente non consuma nemmeno!), è diversificare le forniture.
Oggi quelle Russe pesano troppo, e di conseguenza costano troppo (anche contrattualmente), quindi bisogna sviluppare capacità sia con l'Iran, con il quale si dovrebbe mirare a raggiungere la parità con la capacità Russa, sia con il Turkmenistan e l'Azerbaijan, attraverso l'ormai celebre Nabucco.
La Russia in tutto questo non è detto che ci perda, anzi, quello che non vendono oggi lo potranno probabilmente vendere domani ad un prezzo anche maggiore, il problema potrebbe diventare quello è che con i Russi non basta parlare, bisogna saperci parlare, ma a farlo fino ad oggi il governo turco non è sembrato particolarmente incapace. Almeno fino ad oggi!
La Turchia ed il gas russo
In un'intervista per Anadolu Ajansı, l'altro jeri il ministro per l'Energia e le Risorse Naturali turco, il Sig. Taner Yıldız, ha annunciato che la Turchia non prorogherà uno dei tre contratti per l'importazione di gas naturale dalla Russia.
La Turchia ha contratti in essere per forniture di gas in sovrabbondanza, quindi pure non estendendo questo contratto, le rimane abbastanza capacità disponibile, perlopiù dalla Russia, per passare in tranquillità l'inverno, ed anche oltre.
Il nocciolo della questione è proprio quello che i contratti con la Russia, che è di gran lunga il maggior fornitore turco, sono praticamente tutti importa o paghi, e già l'anno scorso la Turchia ha materialmente importato poco più della metà del gas che avrebbe potuto importare dalla Russia (e quindi avrà pagato una gran bella penale, se i Russi non le hanno fatto lo sconto).
Se l'annullamento di questo contratto (pari a circa il 20% della fornitura russa verso la Turchia) non dovesse avere ripercussioni sul resto della fornitura, non ci dovrebbero essere problemi particolari dal punto di vista della disponibilità necessaria, anzi, la Turchia rimarrebbe con un bel po' di fornitura di riserva disponibile, dato che praticamente un altro 20% (sul totale del 2011) della fornitura russa totale rimarrebbe non utilizzato.
I prezzi del gas naturale in Turchia vengono riportati attualmente in aumento di oltre il 14%, che però a ben vedere alla fine non è male, se non avessero infatti annullato quel contratto, probabilmente non sarebbe bastato un aumento del 14%, ce ne sarebbe stato bisogno di uno del 30% almeno, e per via della natura importa o paghi, sarebbe stato utilizzato semplicemente per garantirsi capacità, cosa che in questo momento non sembra particolarmente necessaria.
Per quanto riguarda la capacità iraniana al momento dovrebbe essere pari a meno del 25% della capacità russa, per cui ad oggi è impossibile annullare tutti i contratti con la Russia per spostarli con l'Iran. La Turchia ha chiaramente un problema di iperdipendenza verso la Russia, per cui la scelta logica, dovendo annullare qualche contratto di fornitura, era proprio quello di annullare il contratto russo, i Russi probabilmente lo capiranno e faranno buon viso a cattivo gioco, sperando di poter rivendere lo stesso gas più in là, fra qualche anno, magari ad un prezzo anche maggiore.
Sunday, 2 October 2011
A demographic proposal to tackle the economic problems of the Italian Republic
In "Finding the tipping point - when sovereign debt turns bad", a recently published article by Mehmet Caner, Thomas Grennes and Fritzi Koehler-Geib, the authors empirical observations are suggesting that, once the public debt to GDP ratio exceeds 77% in a developed economy, such as the Italian Republic, for each percentage point above this limit a 0,017% growth in real GDP will be lost (that is, a 0.17% every 10% when the ratio goes over 77%). I personally find this estimate quite optimistic (although I think the real life it may not be so linear either), but let us take it as good.
What does it means for the taxpaying citizens of the Italian Republic (and all the taxpaying workers living there, their citizenships notwithstanding)?
The last time the debt to GDP ratio was below the limit of 77% Madonna was still recording Like a Virgin, and that was in the 1984.
Since 1984, each year the growth of the country was smaller than what could have been, as it is weighted down by its excessive debt. Computing all of this lost growth each year since 1985, the Italian Republic in 2009 had already lost more than 10% of potential GDP growth. The current salaries of the Italian taxpayers are therefore likely to be 10% lower than the level they might have reached if their country had been better managed.
Giving heed to Caner & co., the effect on individual wealth has been obviously even worst, at about 17.5% of lost wealth per capita; computing all of which for the period in question gives an eye watering 105% of current yearly GDP missing from the country total wealth!. In other words those people who worked from 1985 to 2009 have lost at least 2 if not 3 full years of salary (as not the entire population works at any given time), a potential wealth lost forever that nowadays they will not find anymore among their own savings or investments, where should have been, and, by the way, they are even the lucky ones, because the depressive effects worsens with the passing time, so those who started and are starting to work later than 1985 have increasingly lower wages than whose that should and could have been, and they will eventually find themselves loosing more than 3 whole years of salary, if not much more. Whoever follows the italian job market, should be able to confirm that this effects are already all too obvious.
All of the above without even having started to note that much of that additional debt which raised the ratio above the 77% level has been wasted for inefficient or generational iniquitous or outright stupid expenses, such as the so called "baby pensions" (in 70s or 80s some workers were able to retire in their 30s) or "the costs of politics" (all corruptions and grease you may imagine) or unsustainable pension schemes.
The Bank of Italy let us know that in June 2011 a new public debt record has been set, a staggering 1902 billion euros, probably more than 120% of GDP. In this late summer of 2011 it seems that nobody want to buy more bonds issued and guaranteed by the Italian Republic, the markets are clearly having a crisis of confidence on the country and especially its government, and probably over all its entire political class. This crisis unfortunately surprises only because did not occurred well earlier. To gain some time the ECB was forced, reluctantly, to intervene to buy large quantities of italian bonds, in exchange so far merely of a few promises from the Italian government.
The Italian government must now decide which fiscal and structural reforms to enact to attempt to heal the country economy, with the aim of reducing the public debt as soon as possible while, however, encouraging growth, at the very same time.
If it keeps going as it started, this is all virtually hopeless.
Some italian economists have been giving good advises for a long time, unheeded. Also this time, among the first reactions to the crisis of confidence, on the NoiseFromAmerika, a blog created by some italian economists working in US, Michele Boldrin is suggesting to change the government immediately, to reduce the wages of a subset of public employees, to delete the so-called federalist reform in its current form, to introduce a new pension reform to compress the pension expenses to 10% of GDP in a very few years, to privatize various state holdings, and obviously to start some liberalization and deregulation, while another author, Francesco Forti, is proposing a reform of the universal health care system, suggesting to improve the efficiency and effectiveness of that sector as well.
We could also write down far more extreme proposals, such as try to get back some dimes from the most blatant wastes (did you retire at 30? do you get a lifelong annuity because you were an MP for one day? Let's tax you to get back hard worked taxpayers money, mortgaging all of your properties, up to the amount due), but would it solve all, or at least a substantial part of the country's problems? No.
No, and not because I believe that these proposals may not be desirable, indeed I do, and not because I do not think that those proposals may well help to swing the trend towards this more or less imaginary limit of 77%, or whatever other magic number, reaching which the country would return to work better and to create more wealth, and nor for many other reasons, but simply because I think that unfortunately the main obstacle for the growth of the country, for thirty years now, has been its demographic structure, and the total inability of the political class, and in general of all of its leadership, to try to mitigate its effects.
The population pyramid, well nowadays clearly just the age structure diagram, of the country is shown in this chart, courtesy of Wikipedia, based on data from ISTAT, the italian national institute of statics:
From the graph it is clear that forty-five years ago there was an epochal demographic change, the birth rate collapsed suddenly, and then halved in two decades, transforming what was a country with a growing population in a country in heavy demographic decline, a decline that was arrested twenty years ago, but unfortunately the ruling classes did not foresight such change and neither they did manage that effectively even in hindsight.
For thirty years now, ever since the nefarious effects of this lack of foresight began to be felt, it was all a scramble to put patches on patches, to try to revive a system that was built and thought out for a very different demographic structure. These measures, implemented gradually, would have probably been sufficient if the demographic stabilization had occurred forty years ago, but once the demographic stabilization occurred only twenty years ago, these policies were not enough, and I doubt these would have been sufficient even if instead of the Italians we would have seen the Germans or the Swiss struggling with those issues (I admit that the likelihood would have been greater!). Whatever the italian government will try to achieve today, this demographic issue will still be there, that bulge between 35 and 49 will not go away, a swelling with which the Italian Republic will have to deal for the next 40 years at least .
What can they do? Continue to put patches? It seems obvious, to me at least, that the only possible solution is to radically intervene on the demographic structure of the country, artificially reducing the decline in the under 35 age groups. How? "Importing" people, specially over 21, preferably graduates from countries that have the opposite problem than the Italian Republic, that is, they're still in a phase of pronounced population growth (and they would be spoiled for choice, with Morocco, Turkey, Egypt, Mexico, Iran, Brazil, India, almost all African countries, and so on).
Here's how I would like to see transformed the age structure diagram of the Italian Republic by the end of 2012 :
To achieve this, at the same time of all the reforms proposed by Michele Boldrin, to amplify their effects, it would be enough to "import" 2.4 million immigrants next year, half men and half women, in the following age groups:
300 000 in the age class 30-34
900 000 in the age class 25-29
1.2 million in the age class 21-24
In subsequent years, when the positive economic effects on public finances will start to be felt, the public debt should be decreased as quickly as possible, but at the same time the birth rate of the residents should be boosted, improving the benefits available for parents, and immigration should continue to be stimulated, clearly at a lower intensity, but with better demographic foresight, with the aim to achieve a stabilization of the age structure in twenty years at most.
There are risks to apply such a sudden demographic shock, no doubt, and those risks should be assessed and if required mitigated, for example, and just to give an example, it might make sense to start implementing the health insurance reforms proposed by Francesco Fort starting with these immigrants: "are you a graduate? are you in the age group we're interested in? If you pay the health insurance, you can get a work permit!" (which probably would cost less to the wannabe migrant than the current cost of getting hold of a visa by corruption or even of being smuggled illegally in the countrty)
Once assessed all the risks, and mitigated those to the maximum possible level, this is the best way to solve the problems of the country.
In the absence of such a policy to correct the country demographic imbalances, anyone who take a look at the chart above, should realize that for everyone under 45 who is currently residing in the Italian Republic, the future promises, and only allows, very bleak and stormy nights.
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