Tuesday 26 January 2010

Il burqa ed i diritti degli altri, un conflitto di princìpi

Mia nonna, nata a Mazara nel 1903 e cattolicissima, come gran parte delle Siciliane sue coeve, nel solco di una tradizione plurisecolare se non millenaria, non solo è sempre uscita da casa con il velo, ma lo usava anche a casa durante le visite di persone estranee alla famiglia. Il velo in questione non impediva certo il riconoscimento, ed era usualmente tanto fino da lasciar trasparire i capelli, ma ciononostante dubito che mia nonna sarebbe stata disposta ad uscire da casa senza indossarlo. Di tanto in tanto anche mia madre, specialmente in inverno, continua ancora oggi ad uscire da casa indossando un foulard di seta fine, e personalmente non trovo che ci sia assolutamente nulla di male che donne di qualsivoglia religione o etnia o tradizione culturale decidano liberamente di indossare in pubblico veli o copricapi che non ne impediscano il riconoscimento, ivi comprese tantissime forme di hijab, ad esempio quelli diffusi nel Nord Africa o in Turchia, che lasciano il viso scoperto.

Premesso che in spazi privato il discorso è ovviamente differente, la questione sull'uso in pubblico altre forme di hijab, come il burqa o il niqab, che chiaramente impediscono il riconoscimento della persona, è però differente, ed estremamente controversa.
Nel caso in questione infatti vengono in contrasto princìpi differenti, da un lato la libertà di espressione personale, culturale e religiosa, dall'altro l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, il diritto alla sicurezza della propria persona e le esigenze di ordine pubblico della comunità. Nei termini della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, vediamo chiaramente contrapposti da un lato i princìpi esposti negli articoli 18 e 27 dall'altro quelli esposti negli articoli 3 e 29, mentre i princìpi esposti in altri articoli (1, 2, 6, 7, ...) potrebbero tranquillamente essere reclamati dai sostenitori di entrambe le tesi.

Personalmente propendo per la limitazione dell'uso delle forme più estreme di hijab nei luoghi pubblici, così come di qualsiasi indumento o mascheramento che impedisca il riconoscimento delle persone, soprattutto perché ritengo sia importante poter porre dei limiti all'espressione religiosa quando questa minacci di travalicare i limiti della libertà e dei diritti altrui.

Estremizzando, se un domani gli adepti di una religione qualsiasi tentassero di reintrodurre pratiche come i sacrifici umani o gli infanticidi rituali, indipendentemente dall'opinione e dalla credenza o fede religiosa della maggioranza della popolazione, che potrebbe a quel punto essere per assurdo ipoteticamente favorevole a tali pratiche, spero si concordi con me che queste pratiche dovrebbe venire in ogni caso vietate nella maniera più assoluta, anche quando le vittime di queste pratiche fossero addirittura consenzienti.

La libertà di religione è certamente una conquista importante, e senza dubbio meritevole di essere riconosciuta e difesa, ma non può e non deve mai essere utilizzata ed utilizzabile per limitare le libertà ed i diritti altrui.

Questo senza nemmeno voler iniziare il discorso dell'uguaglianza di fronte alla legge, perché mai a norma della Legge Reale o del TULPS un qualsiasi cittadino in passamontagna o maschera dovrebbe rischiare l'arresto, pene carcerarie e pesanti multe pecuniarie, quando ad altri cittadini viene in pratica nel frattempo garantita una completa immunità dalle regole valide per tutti gli altri, basandosi su argomenti tremendamente opinabili e sicuramente controversi, come le tradizioni culturali o religiose?

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