Monday, 17 August 2015

Perché bisogna aggiustare la struttura demografica?

Il tasso di fecondità totale (TFT) italiano è sceso sotto quota 2 nel 1977, precipitando in un 3 anni dalla banda in cui si era stabilizzato tra il 1950 ed il 1974 (2.31-2.70). Il TFT in quei 25 anni era leggermente troppo elevato, ma se la politica avesse fatto qualcosa per fermarne la caduta tra 1.90 e 2, l'impatto sulla situazione economica attuale non sarebbe stato particolarmente evidente. La politica invece non fece nulla. Nulla di nulla. Ed il TFT precipitò da 1.98 nel 1977 a 1.18 nel 1995. Una catastrofe apocalittica. Roba da peste nera medievale, o da guerra Romeo Gotica. Fortunatamente si iniziò a sentire l'impatto degli stranieri, soprattutto delle straniere, che fino ad oggi hanno mantenuto un TFT poco sopra a 2 mitigando quindi la situazione, per cui il TFT italiano risalì leggermente da quello 1.18 del 1995 allo 1.40 dei giorni nostri. Siamo ancora a 0.6 figli a donna di distanza da quota 2. Ipotizziamo che finalmente arrivi un governo assennato, e che attui le politiche necessarie a riportare il TFT a 2, diciamo entro il 2020, e che riuscirà a mantenerlo a quota 2 per i prossimi 100 anni. Quello che succederà è che i nati dal 2020 in poi inizieranno a fornire il loro apporto produttivo all'economia italiana almeno 25 anni dopo, nel 2045, e che questo effetto raggiungerà il suo massimo soltanto quando saranno morti tutti gli over 25 nel 2045 inclusi ovviamente tutti i vivi nel 2015.

Quale sarebbe il ruolo dei vivi nel 2015 in questo scenario? Produrre per mantenere i pensionati ed i nuovi nati. Un compito piuttosto difficoltoso, dato che i primi sono e saranno molti di più per decenni, ed i secondi diventeranno sempre di più. Per dare numeri (arrotondati, ma guarda alle dimensioni), l'INPS spende in prestazioni 330 miliardi di Euro annui, e dato che riceve contributi solo per 230 miliardi, lo stato ogni anno deve ripianare un buco di 100 miliardi di Euro. Solo per la previdenza (l'assistenza è un altro capitolo tragico).

Quale è l'unica alternativa razionale ed auspicabile? Incentivare immigrati di qualità under 35 con cui condividere quel ruolo, e suddividere con questi i costi per mantenere i pensionati ed i nuovi nati. Si possono fare altre cose per mitigare il problema, ad esempio passare tutte le prestazioni, anche quelle in essere, al contributivo, riforma con cui si recupererebbe qualche decina di miliardi ogni anno, ma non si risolverebbe il problema, determinato dal fatto che le generazioni over 40 sono molto più grandi delle under 40.

Il disoccupato italiano oggi è disoccupato almeno nello 80% dei casi perché la struttura demografica è totalmente sbilanciata.

Gli effetti di questo sbilanciamento sono: collasso del mercato interno, aumento della pressione fiscale, aumento della pressione contributiva, proibizione della redistribuzione territoriale, fine della convergenza tra le aree del paese, compressione degli investimenti in conto capitale, declino, mancato sviluppo.

Dato che non abbiamo la macchina del tempo, l'unica opzione moralmente accettabile è quella di incentivare l'immigrazione di 25-30 milioni di immigrati nei prossimi 25 anni, di cui 6 nei prossimi 2 o 3 anni (lo scenario centrale di previsione dell'INPS prevedeva 16 milioni e mezzo di immigrati, io personalmente li vorrei spalmare in maniera più intelligente tra le varie coorti d'età).

Altrimenti rassegnarsi ad una vita di schiavitù generazionale, o emigrare.

Saturday, 15 August 2015

Italia 2040 lo scenario di previsione centrale dell'ISTAT: 16 milioni e mezzo di immigrati!

Lo scenario di previsione centrale dell'ISTAT per la popolazione italiana nel 2040 richiede che nei prossimi 25 anni l'Italia riceva una immigrazione netta di 16 milioni e mezzo di persone.

In luce del rallentamento dell'immigrazione e dell'aumento dell'emigrazione negli ultimi anni, spero che chiunque usi quello scenario centrale dell'ISTAT per fare previsioni sulla sostenibilità magari del sistema previdenziale, lo usi con un bel po' di sale, altrimenti i conti del paese sballeranno molto rapidamente.

ISTAT 2040 centrale 16485589 v2

Vite parallele dei due aeroporti della Sicilia occidentale

Risposte ad un paio di commenti[1][2] di Marco Esposito su NfA

Palermo Punta Raisi e Trapani Birgi non sono della robe costruita in mezzo al nulla, né dal punto di vista aeronautico, soprattutto Birgi, né dal punto di vista logistico-territoriale: questi sono aeroporti che non sono scollegati dalla Sicilia, e dal territorio circostante, quindi non riescono a generare un output positivo di indotto e movimentazione.


Punta Raisi non è piazzato nel miglior punto possibile, ma Trapani Birgi, che è un aeroporto militare riaperto al traffico civile una dozzina di anni fa spendendo una ventina di milioni di Euro, è uno degli aeroporti meglio piazzati dal punto di vista aeronautico di tutto il bacino del Mediterraneo, tant'è vero che in inverno c'è la gara tra gli stormi italiani a rischierarsi a Birgi. La NATO tra l'altro lo usa in continuazione come base (FOB) per gli AWACS, ed ad Ottobre lo userà per la esercitazione Trident Juncture 2015. L'intervento in Libia nel 2011 di diversi paesi è stato fatto praticamente tutto da Birgi. 


A livello autostradale sono entrambi serviti dalla A29, a livello ferroviario stanno spendendo un miliardo e passa per il passante di Palermo e quindi anche per migliorare il collegamento ferroviario con la stazione di Punta Raisi già esistente da molti anni, ma riconosco bisognerebbe fare qualcosa in più per Trapani Birgi, che ha una stazione a poche centinaia di metri, ma sostanzialmente inusabile.


A me pare che relativamente al contesto Punta Raisi sia collegato decentemente con Palermo, anche dal punto di vista del trasporto pubblico, che con il passante si sta appunto provando a ulteriormente migliorare. Relativamente al contesto perché ovviamente Palermo è dal punto di vista della mobilità la peggiore realtà d'Europa nella sua classe di riferimento, tant'è che ogni anni combatte ad armi pari con megalopoli come Mosca e Istanbul sul podio delle classifiche per la città più congestionata d'Europa. 


Punta Raisi è decentemente collegato tramite autostrade con il Trapanese, meno con l'Agrigentino, ha collegamenti ferroviari orrendi o inesistenti con entrambi, ed almeno con Trapani è collegato malissimo con il trasporto pubblico gommato (con Agrigento sinceramente non saprei). 

 Trapani Birgi è un aeroporto militare riaperto al traffico civile a fine anni '90 grazie ad un modesto investimento pubblico servito a ristrutturare un vecchio terminal dei primi anni '60. Birgi è il terzo aeroporto militare aperto nei dintorni di Trapani, dopo Milo (anni '30) e Chinisia (1949), tutti e tre all'epoca aperti ai voli civili, in generale per permettere l'ultimo rifornimento e verifica prima del trasvolo tra Sicilia e l'Africa del Nord o le isole come Pantelleria o Lampedusa. Una volta che gli aerei diventarono più affidabili e capaci di rotte più lunghe, l'uso civile di Birgi cadde rapidamente in disuso come la sua funzione, il suo potenziale bacino completamente fagocitato da Punta Raisi. Non l'uso primario, militare, per il quale sono stati fatti degli investimenti imponenti nel corso dei decenni, ad esempio lo spostamento di un paio di chilometri della foce del fiume Birgi.

Alcuni politici di Trapani e Marsala (all'epoca di area FI, ma essenzialmente notabili locali, alcuni oggi si trovano dentro il PD, altri sono rimasti nel centrodestra) verso la fine degli anni '90 decisero di provare a riaprire al traffico civile l'aeroporto, trovando una fortissima opposizione, spesso pubblica, nella maggioranza degli altri politici locali, opposizione dovuta a ragioni esistenziali per il partito unico siciliano: ogni copeco investito nello sviluppo dell'aeroporto è materialmente sottratto al budget per la corruzione clientelare della zona.

Dopo alterne fortune con le tratte onerate, una decina di anni fa qualcuno decise di puntare sull'apertura di una base di un vettore low cost, promettendo un sensibile sconto sui costi aeroportuali. Senza che io sia in possesso in alcuna informazione non letta su media pubblici, la mia impressione è che alcuni dei soci privati dell'epoca, che intrattenevano già simili relazioni da molti anni con il vettore prescelto (a Orio al Serio) abbiano suggerito o imposto una tale scelta (tra l'altro riuscendo a spuntare quello che pare un ottimo prezzo, se confrontato con quello che si legge per aeroporti come Verona Villafranca, un multiplo di almeno 4 volte).

Sempre da notizie di stampa, perché nessuno si è mai degnato di pubblicare online i bilanci del gestore, quello che io ho capito è che lo sconto si sia configurato come un intervento mercatistico per metà a carico della ex provincia regionale di Trapani (quindi essenzialmente risorse pubbliche regionali) e per metà a carico del gestore (quindi per circa 1/4 private).

Questo dal 2006 al 2013, perché dall'alto della sua intelligenza e comprensione del mondo, il Sig. Crocetta ha deciso, prendendosene pubblicamente la responsabilità in maniera specifica ("Questo è bene che si sappia"), che tale intervento pubblico dovesse terminare (alcuni fanno notare che contestualmente abbia spostato molte più risorse anche per favorire simili interventi a favore dello sviluppo dell'aeroporto di Comiso, molto più vicino al suo personale bacino elettorale, ma è un altro discorso, i due aeroporti insistono su bacini completamente diversi, sono a 6-7 ore di auto di distanza, 12-14 ore di treno, chiunque sia dotato di un minimo di neuroni dovrebbe capire che non si può favorire Comiso azzoppando Trapani Birgi).

Trapani Birgi si trova a metà strada tra Trapani e Marsala, leggermente più vicino, un paio di chilometri, alla seconda, ma ricadendo il suo terminal (non tutto il sedime) dentro il territorio comunale di Trapani, è stato giuridicamente molto più semplice per Trapani collegarlo tramite servizi di trasporto pubblico (bus e taxi) di quanto lo sia stato per Marsala.

In generale, lo sviluppo dell'aeroporto ha generato un evidentissimo e rapido sviluppo turistico ed imprenditoriale nella zona a nord dell'aeroporto, minore e più lento a sud, ma questo è dovuto sia a motivi contingenti (e.g. nel periodo interessato Trapani si è trovata ad essere ben amministrata nel frattempo dal miglior sindaco della sua storia recente, mentre l'amministrazione locale di Marsala non ha particolarmente brillato, anzi) che strutturali (e.g. il collegamento stradale con Mazara del Vallo è gravoso un collo di bottiglia che non si potrà superare se non con ingenti investimenti infrastrutturali).

Il risultato complessivo nel settore turistico è oltre che visibilmente evidente, numericamente chiaro (elaborazione mia su dati pubblicati dall'Osservatorio Turistico Regionale):   

Densità di arrivi e presenze su popolazione 2013 su 1998

il che ha permesso alla ex provincia di Trapani di contestare a quella di Messina il titolo di provincia a maggior impatto turistico della Sicilia (nel 1998 stava sotto Siracusa, Palermo ed Agrigento, Catania e bene o male allo stesso livello di Ragusa):   

Densitá normalizzate di presenze e arrivi 2012 su popolazione

La valenza paradigmatica della vicenda di Trapani Birgi sta nel fatto che invece di prendere l'intervento a modello, e sprone ai poteri centrali (statali e regionali) per diminuire l'imposizione aeroportuale, almeno per gli aeroporti periferici delle zone depresse, la reazione della classe politica e dirigente del paese è variata tra l'assoluto menefreghismo ed incomprensione del fenomeno (il Sig. La Russa il 20 Marzo del 2011 chiuse l'aeroporto al traffico civile da un momento all'altro, senza prevedere alcun genere di supporto per i vettori, un evento che oltre ad aver compromesso la stagione turistica del 2011 ha aumentato sensibilmente la percezione di rischio e la reputazione dell'aeroporto, il cui sviluppo ha rallentato notevolmente da quel punto in poi) a quella che non può che essere definito che una cosciente ed incomprensibile decisione di ostacolarne lo sviluppo (il già citato Sig. Crocetta).

Parallelamente, un altro merito storico di chiunque abbia deciso di investire una trentina di milioni regionali in 10 anni nello sviluppo dell'aeroporto di Trapani Birgi, pur con una misura fragile ed ad personam, invece che bruciarli nell'orrido falò clientelare siciliano, è stato quello di dimostrare che in Sicilia Occidentale c'erano almeno 2 milioni di passeggeri latenti (a mio avviso ce ne sono molti di più), che chiunque gestisse Punta Raisi non aveva mai trovato modo di far esprimere.

Concludo al proposito spezzando però una lancia per alcuni dei manager dell'aeroporto di Punta Raisi: si rendevano ampiamente conto dei benefici effetti degli sconti sulla imposizione fiscale aeroportuale, hanno pubblicamente sollecitato per anni l'intervento della politica regionale o locale siciliana, senza mai ottenere alcun riscontro:  
"Mi piacerebbe dire quello che non fa la Regione Siciliana: la storia incredibile di questo aeroporto [nel contesto: Punta Raisi], ma così come di quello di Catania, è che non si è voluto copiare un modello assolutamente banale, che è quello di un moltiplicatore di investimento laddove mettendo pochissimo hai un ritorno gigantesco, e lo dimostra lo sviluppo economico di tutta la provincia del Trapanese, con lo sviluppo dei bed&breakfast, di tutti i locali, anche dell'incremento delle quotazioni degli immobili [… omissis …] sarebbe stato sufficiente che la regione avesse investito ogni anno anche 5 milioni di Euro, molto meno, per quanto, non dico la tabella H, ma molto meno per quanto spende per sagre di ordine vario, per avere un moltiplicatore di reddito spaventoso, e non è stato fatto. Questo l'hanno capito in Puglia, gli aeroporti pugliesi erano aeroporti morti, aeroporti morti, hanno fatto una gara con 20 milioni di Euro, sette milioni all'anno per tre anni, andate a vedere i numeri degli aeroporti pugliesi, andate a vedere i numeri, e quanti stranieri vanno in Puglia, dove meritava che ci si andasse, no? Però se si va in Puglia, si va due volte in Sicilia, da questo senza voler togliere nulla ai Pugliesi!". 
Carmelo Scelta, all'epoca Direttore Generale di GESAP, dal bellissimo documentario Inside Punta Raisi, min. 50:00 realizzato da Mobilita Palermo.

Le passerelle del terzo ponte sul Bosforo

Dal thread turco di Skyscrapercity sul terzo ponte sul Bosforo, selfie di uno degli ingegneri del progetto, Neslihan Uzun, che ci mostra le due passerelle completate un paio di settimane fa.



Devo confessare che da Siciliano, viene da piangere.

Sunday, 9 August 2015

Il conflitto redistributivo: la sconfitta del Sud


Caro Massimo,

dobbiamo però riconoscere che il Sud viene penalizzato in molti casi anche per via di decisioni politiche, alcune delle quali strategiche e che sono state implementate con perseveranza per decenni, se non per tutti i 154 anni di vita del paese.

Citando Michele Boldrin del 30 Luglio, che lo ha spiegato con parole migliori di quanto sia mai riuscito a fare io, dobbiamo riconoscere che "la politica è conflitto redistributivo: lo stato agisce nell'interesse dei gruppi sociali che lo controllano":
Riconosciamo infine, in terzo luogo, che mai e da nessuna parte lo stato è benevolente ed agisce nell'interesse della "collettività". Qui, a mio avviso, sta il limite fatale della ricerca economica sul tema "rules vs discretion": interessante ma irrilevante, perché prigioniero di un'illusione, ossia che la politica non sia anzitutto conflitto redistributivo: lo è. Lo stato agisce, anzitutto, nell'interesse dei gruppi sociali che lo controllano e non è certo sua priorità cercare politiche che siano lungo la frontiera di Pareto. Non nego sarebbe desiderabile che così fosse, ma questa desiderabilità appartiene alla stessa categoria ontologica della "vita eterna" o dell'uomo "buono e generoso": fantasie desiderabili.
Potremmo scrivere un libro con esempi in tutti i campi possibili ed immaginabili, mi limito a farne uno. I politici italiani, ma anche gli intellettuali ed in genere la classe dirigente, si diletta da decenni a farci notare che il turismo "potrebbe essere il petrolio del sud".

Io non sono mai stato totalmente d'accordo, perché vedo nel turismo qualcosa che idealmente dovrebbe essere complementare per una regione talmente vasta, non il settore principale su cui scommettere il proprio futuro, ma nella orrenda situazione attuale, come si dice dove sono nato, "ogni ficateddhu ri musca è sustanza".

La situazione attuale è descritta magnificamente da una infografica pubblicata per accompagnare un articolo del Corriere della Sera nel Luglio del 2014, un cartogramma che è diventato nel tempo virale soprattutto nei siti e nei forum pubblici dove si parla di turismo, e l'autore dell'infografica, l'ottimo Marco Tangherlini, è stato sufficientemente pietoso da non infierire, come avrebbe potuto fare usando la densità di flussi sulla popolazione residente.

Non ci vuole certo un genio per sospettare che forse far arrivare turisti stranieri in Sicilia o Calabria è molto più difficile che farli arrivare in Trentino Alto Adige o in Veneto. Ovvio che oltre a questo, lo sviluppo del turismo al Sud avrà tanti altri ostacoli, ma io, al contrario dell'odierno Ernesto Galli della Loggia, citato dal sempre ottimo Francesco Forti, ritengo che se "gli abitanti e le autorità dell’intera costa che da Maratea va fino a Pizzo hanno ridotto quei luoghi" come li hanno ridotti, è appunto perché non hanno un incentivo di lungo periodo, strategico, a trattarli in altra maniera, incentivo che più che dal Frecciarossa potrebbe essere determinato da una strutturale diminuzione ed una maggiore progressività dell'imposizione fiscale aeroportuale.

Esattamente come hanno fatto nei paesi con zone potenzialmente concorrenti al tipo di turismo che avrebbe potuto essere sviluppato nel Sud Italia: prendiamo ad esempio la Spagna.

Il fatto che il turismo sia più sviluppato a Ibiza o Palma rispetto a Trapani o Palermo, tra le tante cose dipende anche da decenni di spese aeroportuali più basse.

Gli aeroporti siciliani sono attualmente tra i meno cari aeroporti italiani, forse i meno cari in assoluto.
Se facessimo una top 10 degli aeroporti più cari in Spagna e Sicilia, i 7 aeroporti che servono la Sicilia ed i Siciliani sarebbero tutti tra i primi 9, in compagnia dei grandi hub spagnoli di Madrid e Barcellona.

Gli aeroporti delle mete turistiche spagnole con cui il settore turistico siciliano si trova a competere, o meglio spera un giorno di poter riuscire a competere, sono tutti enormemente meno cari degli aeroporti siciliani.

E questo non ostante da diversi anni a questa parte il governo spagnolo abbia deciso di incrementare la fiscalità aeroportuale (per motivi di cassa: privatizzare parte di AENA, il gestore pubblico di gran parte di questi aeroporti): imbarcare un passeggero in Spagna non è probabilmente mai stato così caro.

Gli operatori turistici spagnoli sono ovviamente molto contrariati da questo cambio di politica, perché l'aumento dei costi aeroportuali deprime il traffico aereo, e di conseguenza impatta negativamente lo sviluppo del settore turistico, in special modo delle aree periferiche non altrimenti raggiungibili, come ad esempio le isole.

Ancora oggi, nel 2015, dopo anni ed anni di costante aumento tariffario in Spagna, per una linea aerea il costo di imbarco in aeroporto per ogni passeggero è in genere enormemente più caro in Sicilia che in Spagna:

Costo imbarco pax Sicilia vs Spagna top 10


Chissà quale sarà l'impatto di decenni di una simile politica fiscale aeroportuale sul turismo siciliano?
E ripeto, gli aeroporti siciliani sono probabilmente tra i meno cari aeroporti che ci siano in Italia, dal punto di vista dei vettori e dei passeggeri.

L'impatto, in tutte le altre regioni, sarà stato anche peggiore (ed infatti, il traffico aereo spagnolo è ben più sviluppato rispetto a quello italiano).

Una porzione considerevole della pressione fiscale aeroportuale, oltre che a pagare gli ammortizzatori sociali degli ex Alitalia, finisce oggi alla gestione INPS che paga gli assegni sociali!

Dato che nel caso specifico le Regioni, nonostante una teorica competenza concorrente sul trasporto aereo, ed una competenza esclusiva sul turismo, non sono direttamente responsabili della distorsione fiscale in essere, le cose sarebbero potute andare in maniera diversa se invece di trattare gli aeroporti come vacche da mungere chi governa il paese avesse cercato di mantenere la pressione fiscale aeroportuale pari a quella dei concorrenti del settore turistico, specialmente di quelli del Sud? Se non fosse veramente stato possibile farne a meno, sarebbe stato tanta malvagia l'idea di implementare questa fiscalità in maniera progressiva, ad esempio in maniera proporzionale al PIL pro capite dei vari bacini aeroportuali?

Per far notare quanto poco sarebbe potuto costare una politica simile in maniera strutturale, e quale potrebbe essere stato il ritorno potenziale, abbiamo fortunatamente un bellissimo esempio: una quindicina di anni fa, un piccolo gruppo di politici locali della ex Provincia di Trapani, si mise in testa di sviluppare un aeroporto, quello di Trapani Birgi, che era rimasto praticamente chiuso per buona parte degli anni '80 e '90. Dopo aver tentato per qualche anno con alterni successi la strada del contributo pubblico attraverso le cosiddette tratte onerate, una dozzina di anni fa, probabilmente grazie al supporto decisivo di alcuni azionisti privati, hanno iniziato ad offrire uno sconto sulla fiscalità aeroportuale ad un singolo vettore low cost di circa 3 milioni di Euro annui. In 10 anni, l'aeroporto in questione è passato da fare poche migliaia di passeggeri all'anno, a quasi 2 milioni di passeggeri l'anno, trasformandosi in un favoloso volano per il settore turistico della Sicilia Occidentale. Vedendosi arrivare torme di turisti stranieri, migliaia di residenti si sono trasformati in piccoli imprenditori turistici: soltanto a Trapani dal 2000 al 2015 il numero di bed&breakfast è salito da 0 a quasi 500.

Il risultato, in termini di presenze ed arrivi, é stato quello descritto da questa tabella:

Densità di arrivi e presenze su popolazione 2013 su 1998

Di fronte ad un +200% di presenze turistiche in 15 anni, come era logico attendersi, si è assistito ad un continuo incentivo a migliorare i luoghi, ad una maggiore attenzione dei cittadini rispetto alle controprestazioni fornite dagli enti locali.

L'intervento pubblico testé descritto era purtroppo fragile, e fatalmente destinato ad interrompersi perché non strutturale, ed infatti il Sig. Crocetta, una volta conquistato il governo della Sicilia, si è affrettato a tagliarlo, per motivi non esattamente comprensibili, ma non ci vuole molto ad immaginare che la fiscalità aeroportuale è regressiva e non progressiva sopratutto perché "la politica è conflitto redistributivo: lo stato agisce nell'interesse dei gruppi sociali che lo controllano".

Quale classe politica riuscirebbe a spiegare agli elettori del Nord senza perdere consenso che i loro aeroporti dovrebbero pagare marginalmente di più perché altrimenti gli aeroporti del Sud, e di conseguenza gli operatori turistici, non possono nemmeno sognare competere con i concorrenti spagnoli, greci o turchi?

Quale classe politica riuscirebbe a convincere gli azionisti ed i dirigenti di SAVE, che è una miniera d'oro, che una tale fiscalità progressiva non fosse un attacco diretto ai loro profitti, ai loro dividendi, ai loro bonus, alla crescita ed allo sviluppo del traffico aereo e lo sviluppo turistico ed economico del Veneto?

Friday, 7 August 2015

La regressività della pressione fiscale aeroportuale

Sicilia popolazione e aeroporti
Il grafico qui sopra rappresenta i 7 aeroporti che servono i Siciliani in proporzione al numero di passeggeri che hanno movimentato nel 2014.

I sette aeroporti sono posizionati su un cartogramma in cui i comuni siciliani hanno dimensioni proporzionali alla popolazione residente, questo per dare un'idea del bacino demografico a cui questi aeroporti offrono i propri servizi in Sicilia.

Per un vettore i costi aeroportuali contano relativamente, ma contano: il vettore va dove può garantirsi maggiori fattori di riempimento con il più elevato guadagno possibile, ma i costi aeroportuali entrano certamente nell'equazione, anche se non ne sono necessariamente la variabile decisiva.

Se andiamo quindi a guardare una tabella che descriva le varie voci di costo che i vettori aerei sono costretti a chiedere ai passeggeri per consentirne l'imbarco, noteremo che non c'è assolutamente alcuna proporzionalità tra il numero di passeggeri movimentato ed i costi di imbarco affrontati dai passeggeri:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani

Ad esempio Comiso nel 2015 ha movimentato meno del 5% dei passeggeri movimentati da Catania Fontanarossa, ma il costo per passeggero del primo è circa il 78% del secondo.

Queste due figure così diverse si spiegano con il fatto che per far funzionare un aeroporto, occorre affrontare molte spese fisse, sia in conto capitale che corrente, di entità piuttosto elevata, ragion per cui non è generalmente conveniente tenere aperti piccoli aeroporti, perché non è possibile suddividere queste spese tra un numero elevato di passeggeri.

Se andassimo a guardare la stessa tabella, fatto 100% il costo dell'aeroporto più a buon mercato in ogni colonna, otterremo questi risultati:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani in perc del meno caro

In realtà, però, l'aeroporto siciliano meno caro, quello di Trapani Birgi, è probabilmente più efficiente di quanto faccia ritenere quella tabella. Il motivo è che sui costi aeroportuali ha un impatto distorsivo molto elevato la colonna in giallo, che è un tributo introdotto dal legislatore italiano che non ha nulla a che fare con l'efficienza dei gestori aeroportuali.

Filtrando via i tributi introdotti dal legislatore nazionale che distorcono la correlazione tra spese aeroportuali e costo per passeggero, quello che rimane, per via della regolamentazione aeroportuale in vigore in Italia (e nella UE), che giustamente considera gli aeroporti come monopoli naturali, è altamente correlabile con l'efficienza di un gestore aeroportuale, e questi sono i risultati per gli aeroporti che servono i Siciliani:

Costo imbarco pax aeroporti siciliani senza HB e FN

Il gestore di Trapani Birgi, e quelle cifre sono prima di eventuali interventi di co-marketing o altri sconti, appare essere a prima vista il doppio più efficiente del gestore di Palermo Punta Raisi, e circa il 40% più efficiente del gestore di Comiso. Approfondendo, dato che il gestore di Comiso è fondamentalmente lo stesso gestore di Catania Fontanarossa, parte del maggior costo di Comiso potrebbe ad esempio derivare da una minore concorrenza con l'aeroporto etneo. Comiso potrebbe non essere meno efficiente di Trapani Birgi, ma semplicemente perdere meno, perché fondamentalmente non compete con l'incumbent che domina il bacino condiviso. Comiso, avendo costi più alti, ma meno competizione, probabilmente perderebbe quindi meno soldi di Trapani Birgi, al prezzo probabilmente di uno sviluppo più lento, ma si spera meno fragile.

Ad ogni modo, quale che sia l'efficienza relativa dei vari aeroporti siciliani, dalla prima e dalla terza tabella precedentemente presentate, si ricava che la pressione fiscale aeroportuale è chiaramente regressiva, infatti sottraendo al costo aeroportuale per passeggero la distorsione fiscale dovuta ai tributi HB ed FN, si ottengono i seguenti risultati:

Distorsione fiscale aeroportuale per gli aeroporti siciliani

Da notare come l'impatto distorsivo maggiore sia subito appunto dagli aeroporti apparentemente gestiti in maniera più efficiente, o sottoposti a maggiori spinte competitive, e che soprattutto, i due aeroporti con un traffico chiaramente maggiore subiscano meno l'impatto della distorsione fiscale introdotta dal legislatore nazionale.

Come nel caso Siciliano, questa regressività fiscale che colpisce maggiormente gli aeroporti gestiti in maniera più efficiente e/o più esposti alla competizione, e che penalizza di meno gli aeroporti con un traffico medio o grande, sarà evidente anche per buona parte degli aeroporti italiani, sottoposti alla stessa desolante pressione fiscale aeroportuale.