Tuesday 11 March 2014

Domande filosofiche e compromessi morali

Commentando l'articolo di Marco Esposito Nibor Dooh: prendere ai poveri per dare ai ricchi, ovvero lo strano caso del Dottor INPS, in risposta ai commenti di Nasissimo intitolati Solo per capire e Bene:

Rileggi la domanda filosofica

Una ipotetica impennata dell'inflazione al 25% metterebbe i pensionati in ginocchio?
Non necessariamente, perché quei contributi saranno investiti.
Qui nel Regno Unito sui contributi per la pensione statale lo stato garantisce il tasso d'inflazione.
E se si [mettessero] dei tetti massimi?
Sì, i tetti massimi vanno messi, ma anche per i contributi. In questo modo sarebbe anche più semplice per lo Stato garantire l'investimento ed il tasso d'inflazione.
Nel Regno Unito ci sono tetti massimi per le pensioni statali, chi vuole di più fa da se, ed è incentivato a farlo.
Sulla terza domanda, il retributivo in Italia non è sostenibile, infatti è stato abolito, parzialmente per alcuni, negli anni 90. Se sei un lavoratore da pochi lustri, sei nel contributivo.
Sulla domanda filosofica, hai descritto la contributiva come cosa buona e giusta, e la retributiva come un furto.

Compromessi morali

Mi manca una risposta alla domanda tre. La mia non era nemmeno un obiezione, era una domanda. Non so se sia possibile, passando al metodo contributivo, la circostanza immaginaria del contribuente che guadagna 100 all'ultimo stipendio e poi si ritrova di colpo a percepire 30 di pensione.
Non esistono pranzi gratuiti. Se quel contribuente non ha messo da parte abbastanza, ci sarà qualcun altro che dovrà pagare per lui. Ad oggi è quello che succede. Molti di quelli che sono andati in pensione con il retributivo stanno ricevendo 100 dopo aver pagato 30, mentre quelli che per ora lavorano stanno pagando 100 per ricevere 30. Ho un paio di amici che sono emigrati dall'Italia specificamente per questa ragione. Immagino non siano i soli.
l "filosofico" della domanda stava nella considerazione che il meccanismo (teorico) delle pensioni è un accantonamento di risorse per usi futuri. E' un risparmio. In linea di principio non c'è alcun bisogno che nuovi contribuenti provvedano a riempire le casse: queste dovrebbero essere già piene, coi contributi versati in passato dai pensionati dell'ora.
Ma questo è appunto il ragionamento del contributivo. Nella realtà le casse nel 1995 erano vuote proprio perché quei lavoratori non pagavano i contributi necessari ad ottenere i trattamenti previdenziali che la classe politica gli aveva regalato, facendoli pagare a chi sarebbe venuto dopo, per comprarne il consenso elettorale, e continuare a vivere nel lusso più sfrenato alla faccia nostra.
Chi oggi lavora in Italia paga i contributi per la sua pensione contributiva ed i contributi per la pensione di qualcun altro andato in pensione con la retributiva. La soluzione proposta da Marco in questo articolo non è la più pragmatica, ma è l'unica moralmente accettabile, io direi anzi l'unica costituzionalmente comprensibile. Altre soluzioni, come quella del Sig. Dini del 1995 o quella ancora migliore descritta da Andrea Moro nel commento più sopra, sono più realistiche, ma sono tutti compromessi morali, ed io aggiungerei costituzionali, perché fanno pagare ad altri un beneficio per alcuni, senza tenere in minima considerazione l'equità di questo trasferimento, dacché il beneficiario è spesso molto più ricco, sia nel momento del beneficio che durante la sua carriera lavorativa, di quanto chi è costretto ad elargirgli quel beneficio sarà probabilmente mai in qualsiasi punto della sua vita.

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