Sunday, 4 May 2003

I treni e la civiltà Europea

(originally published the 4th May 2003)

Sono tra quelli a cui piace viaggiare con i treni. Questo mio piacere, più che ecologico o economico, è soprattutto culturale. Le ferrovie stanno alla civiltà Europea (non a tutta la civiltà occidentale, attenzione) come la mozzarella sta alla pizza: se ne può fare a meno, ma non è la stessa cosa.
Niente ha unificato ed identificato l'Europa negli ultimi 3 secoli come le sue infinite e ramificate linee ferroviarie, capaci di trasportare cose e persone, idee e sentimenti, da Lisbona a Mosca, da Venezia a Costantinopoli, da Londra a Parigi. Vado spesso in Turchia, ed il principale rimprovero che faccio ai miei amici Turchi sono le loro vetuste linee ferroviarie: hanno in pratica soltanto la stessa linea che fu costruita dai Tedeschi prima della Grande Guerra, che nelle intenzioni dei suoi costruttori doveva portare da Berlino a Baghdad, e chissà come sarebbe potuta cambiare la storia del Medio Oriente se questa linea avesse funzionato un po' di più. I Turchi viaggiano in autobus, un vezzo da Americani, non certo da Europei. Certo le corriere Turche fanno impallidire quelle nostrane: il posto è sempre riservato alla prenotazione, i bagagli si consegnano a solerti addetti che ne curano la sistemazione, durante il viaggio gentilissimi steward offrono, compresi nel prezzo, uno o più spuntini, a seconda della lunghezza del viaggio, ma in fondo sono sempre autobus, nulla a vedere con i treni.
Ed a Trapani? Ci sono i treni a Trapani? E le corriere, ci sono le corriere a Trapani, con i posti prenotati, gli addetti ai bagagli e gli steward che offrono il dolcino ed il caffè caldo? Ma delle corriere non voglio parlare, l'ho già detto, a me piacciono di più i treni.
Quanto occorre per arrivare da Palermo a Trapani in treno? La linea non è un granché, per gran parte non è nemmeno elettrificata, però ci sono 3 treni al giorno che riescono nell'impresa di percorrere il tratto in questione in appena 2 ore e una decina di minuti: sono i diretti delle 9:40, delle 11:40 e delle 13:50. I tempi di percorrenza degli altri treni peggiorano via via, fino ad arrivare alle tragiche *3 ore e 40 minuti* necessarie al treno delle 15:40!
C'è una cosa che molti non sanno: spesso, quando si viene dalle città del nord Italia, il costo del biglietto ferroviario per arrivare a Palermo o a Trapani è identico. C'è però un problema logistico piuttosto pesante, che mina alla base la funzionalità del collegamento ferroviario tra il nord Italia e Trapani: le coincidenze.
Abbiamo detto che alle 9:40 parte un diretto da Palermo per Trapani, ma giusto giusto una ventina di minuti dopo, alle 10:00, arriva un bel treno da Roma. Chi volesse continuare in treno fino a Trapani, dovrà aspettare fino alle 11:40 (soltanto 1 ora e 40 minuti, che saranno mai..), quando potrebbe teoricamente viaggiare in compagnia di coloro che fossero arrivati con il treno da Milano delle 11:30, qualora non avesse ritardato di una decina di minuti tra Milano e Palermo e nella beneaugurata ipotesi che si sia riusciti a saltare al volo sul diretto in partenza.
Il colpo di genio dell'orario ferroviario si avverte però alla partenza del diretto delle 13:50, giusto 5 minuti prima dell'arrivo alle 13:55 dell'espresso da Torino. Certo, chi volesse e sapesse potrebbe prendere il metrò per Piraineto delle 14:10, dove si potrebbe anche riuscire a prendere una coincidenza che in appena 2 ore e 40 minuti lo farebbe giungere finalmente di fronte alle Egadi, sfortunatamente però i viaggiatori in arrivo con l'espresso da Venezia delle 14:10 (chissà come fanno i due treni ad arrivare e partire nello stesso istante?) non avrebbero la stessa possibilità: a loro tocca il terrificante regionale delle 15:40, di cui sopra.
Decisamente più fortunati coloro che arrivassero da Roma alle 18:25, costoro infatti partendo alle 18:40 e cambiando a Capaci impiegherebbero infatti soltanto 3 ore e 25 minuti, sempre meglio di coloro che avessero l'ardire di arrivare da Napoli alle 22:35; in questo caso infatti l'unica cosa che potrebbero fare, a meno di ripagare il mutuo ad un fortunato tassista, sarebbe quella di trovarsi un albergo decente nelle vicinanze.
Dato l'esiguo numero di treni in partenza dalla stazione di Palermo, non si potrebbe organizzare le partenze per Trapani in maniera più razionale, diciamo tutte una ventina di minuti dopo l'arrivo dei treni in viaggio sulle principali direttrici nazionali? É una cosa tanto difficile o complicata? O la civiltà Europea si ferma dove si fermano gli Eurostar?

Tuesday, 25 March 2003

La guerra dell'Euro

(originally published the 25th March 2003)

La guerra per cambiare il governo dell'Iraq, giusta o sbagliata che sia, è un capolavoro di geopolitica e serve meravigliosamente gli interessi degli USA. Questa guerra è invece contraria agli interessi Europei. L'Iraq vende attualmente il petrolio in Euro, il che rende il veto preventivo della Francia su un cambio di governo che riporterebbe il petrolio mesopotamico nell'area del Dollaro pienamente comprensibile. Il Regno Unito non è nell'Euro e non gli converrebbe entrare ora nell'Unione Monetaria perché la Sterlina è debole, cosa che Blair comprende appieno. Le posizioni di Aznar e Berlusconi sono invece meno comprensibili, i loro paesi avrebbero avuto tutto l'interesse alla fine dell'embargo all'Iraq, anche mantenendo lo status quo nel governo iracheno, essi potrebbero non avere una percezione esatta di quello che sta accadendo. La scommessa di Bush jr, anche se forse egli non ne è l'ideatore, è invece molto furba ed intelligente, specialmente se l'invasione e la lezione dell'Iraq fermerà Libia ed Iran di dar seguito alla loro intenzione di vendere il petrolio in Euro, e potrebbe anche trasformarsi in un jackpot raggiungendo l'obiettivo finale di distruggere l'OPEC. La dottrina alla base di Enduring Freedom è invece abbastanza puerile, è la copia fedele della dottrina dell'Imperialismo Difensivo pensata ed insegnata in innumerevoli libri durante il XIX e l'inizio del XX secolo da generazioni di storici per spiegare l'espansione di Roma; il fatto che si possa vendere al popolo degli USA questa dottrina nel XXI secolo mostra quale sia la media delle conoscenze umanistiche di quel popolo.
Volendo fare un paragone storico tra gli USA e lo stato dei Romani potrei citare un gran bravo storico, William Harris [1], che ha definito lo stato Romano al tempo della Repubblica come l'aggressore per eccellenza. Per i Romani ogni guerra iniziata da loro era giusta e sacrosanta, e la tattica con cui rompevano le tregue e le alleanze era sempre la stessa: chiedevano alla controparte una lista di riparazioni perlopiù inaccettabili (noi diremmo un ultimatum, loro le chiamavano res repetitae) ed il non rispetto delle condizioni da parte della controparte aveva come epilogo finale la guerra, sempre. I risultati della guerra erano invariabilmente la vittoria dei Romani, data la loro continua superiorità militare, garantita costantemente dall'organizzazione dello stato Romano, una vera e propria industria mirata al potenziamento della capacità bellica, ed il sequestro di almeno (a quelli a cui andava bene) il 50% delle proprietà della parte sconfitta. Ora mentre agli occhi dei cittadini Romani questo modo di agire appariva completamente giusto, essi infatti avevano un'altissima concezione della moralità intrinseca delle guerre da loro intraprese, per ognuna delle quali riuscivano sempre a trovare un nobile pretesto, ai miei occhi salta invece immediatamente la somiglianza tra questa descrizione ed alcune cose che stanno accadendo in questi giorni. Questa è infine una guerra contro l'Euro, per salvare l'economia statunitense e continuare a permettere alle loro istituzioni finanziarie di stampare banconote per pagare il debito estero, per permettere loro di continuare a non certificare il bilancio nazionale e al cittadino medio di vivere seguendo uno stile di vita paradossale, che l'IMF ha tentato di applicare inutilmente in paesi senza petrodollari (Argentina e Turchia, in primis). Finché gli Europei non comprenderanno che potrebbero ripagarsi le pensioni stampando moneta se l'Euro venisse utilizzato nelle transazioni riguardanti il petrolio, questa non sarà una guerra contro l'Europa, ma rimane pur sempre una guerra contro gli interessi Europei.
Questi sono i miei 2 eurocent di realpolitik.

[1] War and Imperialism in Republican Rome. 327-70 B.C., Clarendon Press,
Oxford, 1979