Friday 24 November 2017

Lettera aperta sulla mancata erogazione da parte dello stato del gettito della addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili

Al Sig. Commissario straordinario del comune di Trapani,
Al Sig. Sindaco del comune di Marsala,
A chi di competenza,
E per conoscenza alle redazioni di TP24.it, Itaca Notizie, Il Locale News, Telesud, Trapani OK, Social TP e Il Mattino di Sicilia.

Con la presente lettera aperta si chiede se le amministrazioni dei comuni di Trapani e di Marsala abbiano in corso delle azioni volte a comprendere le ragioni del perché lo stato distribuisca al comune di Trapani molto meno di quanto apparentemente suggerisca la normativa corrente e passata sulla addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili, e per quale motivo pare che nulla sia mai stato distribuito al comune di Marsala.

In dettaglio, l’art. 2, comma 11 della legge 24 dicembre 2003 n. 350 ha istituito dal 1° gennaio 2004 l’addizionale comunale sui diritti di imbarco sulle aeromobili. La norma é stata piú volte modificata, generalmente per incrementare l'importo di tale addizionale, a volte, in tempi recenti, per bloccare in maniera temporanea alcuni incrementi.

Quello che non é stato modificato é il fatto che la norma ha sempre previsto una ripartizione, pur marginale, del gettito a favore dei comuni sede del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti. Nella fattispecie, i due comuni interessati per quanto riguarda l'aeroporto di Trapani Birgi sono appunto quelli di Trapani e di Marsala.

Il problema é che visionando i comunicati tramite i quali il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno ha comunicato negli ultimi 13 anni gli importi corrisposti ai comuni destinatari (http://finanzalocale.interno.it/docum/comunicati/), tali importi sono generalmente molto inferiori a quelli che si potrebbe attendere chiunque analizzasse la lettera delle normi corrispondenti. Tra l'altro, inspiegabilmente, dalla lettura dei comunicati pare che il ministero abbia dimenticato di ripartire il gettito spettante al comune di Marsala per 13 anni di seguito.

A titolo di esempio, nel 2014 all'aeroporto di Trapani Birgi secondo una comprensione letterale della norma sarebbero dovuti toccare oltre 186 mila Euro. Ipotizzando che il sedime di Birgi sia ripartito al 75% nel territorio di Trapani e al 25% nel territorio di Marsala, sarebbero dovuti arrivare circa 140 mila Euro a Trapani e circa 46 mila a Marsala. In realtà pare siano arrivati soltanto 44 mila Euro al solo comune di Trapani, e niente a Marsala. La differenza é di 96 mila Euro mancanti per Trapani e 44 mila Euro mancanti per Marsala, questo per un solo anno su 13.

Questa storia va avanti dal 2005, e venne segnalata, principalmente per quanto riguarda il caso di Marsala, con un articolo del 2013 su TP24.it (http://www.tp24.it/2013/12/23/economia/aeroporto-di-birgi-la-tassa-d-imbarco-comunale-arriva-o-non-arriva-a-marsala/79985), ma ad oggi non risulta almeno pubblicamente che né il comune di Trapani né quello di Marsala pare abbiano fatto alcun passo per cercare di capire perché lo stato non mandi quanto dovrebbe spettare ai due comuni.

Facciamo notare che il problema é stato osservato e sollevato negli anni da più parti. L'ANCI ha preparato un documento intitolato "ANCI - Richiesta di intervento sull'Addizionale comunale sui diritti d’imbarco passeggeri", presentato alla conferenza stato-città del 14 aprile 2016, in cui viene evidenziato lo stesso identico problema, ovviamente non soltanto per Trapani e Marsala ma anche per tutti gli altri comuni sedi di sedime aeroportuale.

Il documento dell'ANCI (pubblicamente consultabile su http://www.anci.it/Contenuti/Allegati/REV_odg%20addizionale%20aeroporti%20stato%20citta%2014%20aprile%202016.docx) é ricco di riferimento normativi e presenta dei calcoli che sostanzialmente confermano in pieno l'esempio portato precedentemente.

Cordiali saluti,
Alessandro Riolo e Luca Sciacchitano

Thursday 9 November 2017

Una tragedia trapanese: la perdita delle banche

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Un post di Giovanni De Santis mi ha ricordato un evento, la mia piccola testimonianza personale su quella che storicamente rimarrà come una delle più grandi tragedie che abbiano mai colpito Trapani, lo spostamento delle sedi centrali delle banche trapanesi.

Fino ad una quindicina di anni fa lavoravo a Palermo, anzi a Monreale, ed il mio datore di lavoro dell'epoca, o comunque il ragioniere, insisteva perché mi facessi un conto con una banca, Banca Nuova, con la quale avevano una convenzione. Un bel giorno decido di farlo contento, e vado all'appuntamento per aprire il conto, e mentre aspetto, mi metto a leggere un foglio che era praticamente una rivista aziendale della BPVi, la Banca Popolare di Vicenza, che aveva da poco acquistato Banca Nuova.

In tale rivista l'articolo principale spiegava ai dipendenti del gruppo la strategia alla base dell'acquisizione della Banca del Popolo di Trapani in questi termini: la BPT aveva una grande capacità di raccolta del risparmio, risparmio che grazie all'acquisizione sarebbe stato convogliato nel nord est, per finanziarne lo sviluppo imprenditoriale.

La BPT era storicamente insieme alla Sicilcassa una banca sistemica per lo sviluppo economico ed imprenditoriale della Sicilia Occidentale. Avendo tale comunità da poco perso la Sicilcassa, per ragioni che all'epoca potevano apparire magari sensate, molto meno oggi, dopo che molte banche di altre parti del paese non hanno ricevuto lo stesso trattamento pur versando in ben peggiori condizioni, non mi ci volle molto ad arrivare alla conclusione che trasformare la BPT da un volano al servizio dell'economia locale ad un collettore di risparmi che poi sarebbero stati investiti altrove avrebbe frenato non poco lo sviluppo della Sicilia Occidentale.

Non volendo essere un complice di tale crimine, decisi di non aprire il conto.

In generale, l'acquisizione della BPT da parte della BPVi rientrava chiaramente nella strategia di concentrazione del sistema creditizio perseguita all'epoca dalla banca d'Italia.
Nello specifico, la storia in questione, da quanto reso pubblico fino ad oggi, io l'ho capita così: i vertici di BPVi pare fossero interessati ad acquistare Sicilcassa, ma qualcun altro l'aveva già promessa ad altri. Una parte del team che curò la fusione di Sicilcassa con il BdS sarebbe venuto a sapere dell'interessamento, e sarebbe andato a far notare loro che, tra le banche siciliane potenzialmente acquisibili, la BPT era ben più appetibile, ed una volta completata la suddetta fusione, sarebbero passati armi e bagagli a curarne l'acquisizione e trasformazione in Banca Nuova (l'attuale Banca Nuova é l'antica Banca del Popolo di Trapani rinominata una quindicina di anni fa). Il motivo per cui questa acquisizione avvenne, al posto della fusione della BPT con la Banca Agricola Popolare di Ragusa di cui si parlava da quando la Banca d'Italia aveva iniziato ad imporre le concentrazioni, non l'ho mai capito.

Non ho mai letto o sentito nulla che mi possa far pensare che tale acquisizione sia stato un cattivo affare per la BPVi ed i suoi azionisti. D'altro canto, non ho mai letto o sentito nulla che mi possa far pensare che tale acquisizione abbia portato un qualsivoglia vantaggio allo sviluppo economico siciliano.

Pragmaticamente, tutti possiamo empiricamente osservare come, in un sistema come quello italiano, la vicinanza, sia fisica che soprattutto relazionale, con la sede centrale delle banche abbia una correlazione con la possibilità di accedere al credito, e con i tassi di interessi praticati dalle banche, e che non pare sia stato il mercato a spingere alla concentrazione (ed ad operazioni come la conglobazione della BPT nella BPVi, della Banca Popolare Santa Venera, della Cassa San Giacomo e della BPSA nel Credito Valtellinese, della Banca Sicula nella Banca Intesa, ...), quanto piuttosto una strategia concertata ed implementata dalla banca centrale italiana e dai suoi principali azionisti, che sono poi diventati non soltanto i "campioni" nazionali, ma anche i diretti beneficiari di altre decisioni alquanto discutibili (vedi l'aumento del valore delle quote della BdI).

Una volta che accettiamo o dobbiamo accettare, anche nostro malgrado, che a decidere quali debbano essere le sedi centrali delle banche non é il mercato, ma altri soggetti, di cui almeno uno dovrebbe teoricamente perseguire l'interesse generale, non vedo perché si debba giustificare chi fondamentalmente favorisce l'accesso al credito in determinate zone del paese, a discapito di altre, incentivando certe fusioni ed incorporazioni, e non altre (nel caso della BPT, qualora sta benedetta fusione fosse veramente stata necessaria, cosa non andava nella BAPR?).

A meno che non abbia capito male io, e tutte queste fusioni le ha determinate liberamente il mercato. Tutto quanto io ho sentito e letto sull'argomento fino ad ora mi sembra sostenere il contrario.

Sunday 24 September 2017

Il significato del cognome Mattarella

In Siciliano occidentale "mattareddu" era anticamente sinonimo di "vastasu", nel senso di facchino, portaroba, scaricatore di porto. La forma "mattaredda" indica plurale neutrale ("i mattaredda", maschi e femmine senza distinzione), nel senso dei familiari e/o discendenti dello scaricatore. La voce "mattereddu" con questo significato è presente nei principali dizionari siciliani (Traina, Mortillaro, Macaluso Storaci , ..).
Lo imparai perché sfogliando uno status animarum del 1822 di una parrocchia di città siciliana occidentale (San Lorenzo Martire protobasilica cattedrale di Trapani), osservai che lo scriba riportava "mattarello" come professione più spesso che "navigante", meno spesso di "marinaro", e che non riportava praticamente nessun "vastaso" o simili. Inizialmente pensai che lo scriba, che scriveva in Italiano, che all'epoca per lui era probabilmente una lingua letteraria o da cancelleria, potesse aver inteso indicare quelli che noi chiameremmo "pastai", ad esempio traducendo dal Siciliano "lasagnaru", ma notai che le famiglie del "mattarello" vivevano nelle stesse "isole" (gli isolati) delle famiglie del "navigante" o del "marinaro", e la mancanza di "vastasi" mi pareva incomprensibile. Inizialmente consultai i dizionari italiani dell'epoca, su cui non trovai che non la definizione ancora oggi in voga, ma ammetto di poter non essere stato esaustivo, poi andai a controllare nei dizionari siciliani più o meno coevi, e tutti riportavano due significati per il termine, il primo dei quali era appunto quello sinonimo di vastaso, portaroba, facchino, scaricatore di porto.

L'immagine che segue rappresenta un nucleo familiare di un "mattarello" (uno a caso, ce ne sono decine in quel registro):

A Mattarello from the 1822 status animarum of San Lorenzo in Trapani

Per quanto riguarda l'etimologia ultima di "mattareddu"/"mattarello", cioé per quale motivo in Siciliano sia un sinonimo di scaricatore, ancora non ci ho ragionato sopra, ma ad orecchio a prima acchito sembrerebbe romanza.

Sulla famiglia Mattarella del corrente presidente della repubblica italiana, qualche tempo fa, facendo una ricerca sulla famiglia Asaro di Castellammare del Golfo, mi imbattei nei Mattarella.

In sostanza, tutti gli Asaro di Castellammare hanno un unico capostipite, il mazarese Andrea, il cui figlio Vito si sposò nel 1684 a Castellammare con Anna Messina. Vito e Anna erano i quadrisnonni di una Maria Asaro, che nel 1841 sposò Gaspare Mattarella, figlio di un Bernardo Mattarella e Rosa Mione. Non ho ricercato molto sui Mattarella, solo da Gaspare in avanti, ma Bernardo sembra il prenome tipico della famiglia, viene trasmesso anche in altri rami. Il primogenito di Gaspare Mattarella e Maria Asaro, un altro Bernardo, sposò nel 1872 Benedetta Cracchiolo, e questi ebbero nel 1878 un figlio chiamato Santo, che sposò Caterina di Falco nel 1904, da cui nel 1905 nacque il Bernardo padre dell'attuale presidente della Repubblica.

Ho conservato parte dei risultati della ricerca sugli Asaro di Castellammare su FamilySearch (i Mattarella iniziano da qui), Geni e Ancestry.

Wednesday 12 July 2017

Triton, gli sbarchi e l'Italia

Qualche giorno fa ha fatto parecchio scalpore una intervista ad Emma Bonino, in cui l'ex ministro degli esteri italiano pare abbia affermato che "Siamo stati noi a chiedere che gli sbarchi avvenissero tutti in Italia, anche violando Dublino", ed anche "E nel 2014-2016 che il coordinatore fosse a Roma, alla Guardia Costiera e che gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia, lo abbiamo chiesto noi, l’accordo l’abbiamo fatto noi, violando di fatto Dublino". La signora Bonino usa "noi", ma probabilmente per senso dello stato, perché il ministro degli esteri nel 2014 era un altro.
L'intervista ha causato molte reazioni. Dai commenti giunti da più parti, pare chiaro che fossero veramente in tanti, sia tra i comuni cittadini che nella classe politica, coloro i quali non avessero idea che una delle decisioni operative fosse proprio quella di scegliere i porti italiani per gli sbarchi.
Eppure sarebbe bastato chiedere a Frontex. E qualcuno lo ha fatto per noi. Non oggi o qualche giorno fa, ma già nell'Aprile del 2015 il Sig. Nicolai Christoffersen chiese a Frontex i piani operativi dell'operazione Triton, per quanto riguardava il 2014, e da Frontex gli rispose la Sig.ra Berenika Wyrzykowska, pubblicando tre documenti, il piano operativo, il manuale e gli allegati.
I documenti, come comprensibile, sono pieni di omissis, ma sul ruolo dell'Italia negli sbarchi non ci sono omissis, è tutto leggibile, pubblicamente, dal Maggio del 2015, Frontex non ha nemmeno pensato che queste informazioni potessero in alcun modo essere sensibili.
Ed hanno ragione, non sono informazioni sensibili dal punto di vista operativo. Ma potrebbero esserlo dal punto di vista politico.
Chiunque abbia una confidenza con l'Inglese può leggere da se i tre documenti, qui un paio di assaggi, il primo sugli sbarchi:
Triton 2014 Annex 19-20
Il secondo sulle intercettazioni:
Triton 2014 Annex 13-14
Non credo ci sia molto altro da aggiungere.

Tuesday 27 June 2017

Jus incolae, non jus soli

Il disegno di legge approvato dalla Camera e correntemente in discussione al Senato non propongono in alcuna maniera l'estensione dello jus soli, che è già in vigore in alcuni specifici casi, a tutte le nascite nel territorio del paese.
Se proprio dobbiamo usare il Latino, sarebbe il caso di parlare di jus incolae.
Nel caso, una bella tabellina riepilogativa:

  • jus sanguinis = cittadinanza ai figli dei cittadini italiani (ad esempio al figlio nato all'estero di un cittadino italiano).
  • jus incolae = cittadinanza ai figli dei residenti in maniera permanente in Italia (ad esempio al figlio di una persona che risiede in Italia da più di 5 anni).
  • jus culturae = cittadini alle persone che sono cresciute e che hanno studiato in Italia (ad esempio ad una persona che ha completato le scuole elementari in Italia).
  • jus advenae = cittadinanza ai figli dei residenti recentemente immigrati in Italia (ad esempio al figlio di una persona immigrata in Italia negli ultimi 2 o 3 anni).
  • jus inquilini =  cittadinanza ai figli di persone temporaneamente residenti in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia di un diplomatico temporaneamente assegnato al consolato del suo paese in Italia).
  • jus soli = cittadinanza alle persone nate in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia da una turista).

Lo jus incolae è ad esempio attualmente in vigore nel Regno Unito dal 1 Gennaio 1983. Sempre nel Regno Unito, i cittadini dei paesi dello spazio economico europeo godevano dello jus advenae fino al 1 Ottobre 2000 (e dato che era automatico, ha un effetto corrente sui loro figli nati in Gran Bretagna prima di quella data). Lo jus culturae è sinceramente la prima volta che lo incontro, e mi pare nel caso una interessante innovazione.
La proposta di legge in discussione in Italia propone jus incolae e jus culturae, ma non applicabili in maniera automatica, ma solo dietro scelta o dei genitori o del diretto interessato.

Thursday 22 June 2017

Quale futuro per le nostre comunità?

IMG_0147

Nella recente campagna elettorale per il rinnovo delle amministrazioni comunali di Erice e Trapani, una delle più belle e positive sorprese é stata la decisione del M5S locale di presentare un unico programma per i due comuni. Sono ormai un paio di decenni che la proposta di fusione tra i due comuni é rimasta circoscritta ad una sola parte politica, anzi, probabilmente ad un singolo rappresentante delle nostre comunità, il Senatore D'Alì, il che purtroppo ha trasformato quella che dovrebbe essere una richiesta di cambiamento e miglioramento che sarebbe potuta appartenere a tutti i cittadini in un campo di battaglia tra gli alleati e gli avversari di una singola figura politica. Visto che il Senatore D'Alì sarà probabilmente visto dal M5S come il principale avversario politico locale, il M5S é stato molto bravo e coraggioso a fare il primo passo per cercare di superare questa polarizzazione su un obiettivo strategico fondamentale per la nostra comunità. Spero che continuino su questa strada, e che anche tutte le altre forze politiche prendano esempio e trovino il coraggio di imitarli, e che presto la fusione dei quattro municipi in cui é suddivisa la città di Trapani diventi un obiettivo condiviso da parte di tutti.

Questo premesso, bisogna riconoscere che, pur se la fusione dei quattro municipi sarebbe stata una grande conquista se si fosse potuta raggiungere qualche decennio fa, ormai arriverebbe con troppo ritardo rispetto al momento storico in cui avrebbe potuto avere l'impatto maggiore sul percorso di sviluppo sociale ed economico della nostra comunità. Meglio tardi che mai, certo, ma forse oggi ci potrebbe essere un'altra strada alternativa, la creazione di una unica città metropolitana coinvolgendo non solo Marsala, ma anche Alcamo, Mazara, il Belìce, volendo tutti i comuni del libero consorzio.

Se é vero che un agglomerato urbano di 120 mila abitanti avrebbe "maggiore autorevolezza e peso politico", e questo é vero soprattutto in un sistema centralistico come quello italiano, e se é vero che questa fusione avrebbe il potenziale di garantire migliori servizi alla comunità a costi più bassi, l'impatto della creazione di una unica città metropolitana di quasi 450 mila abitanti con un unico piano regolatore, un unico sistema di trasporti urbano, una unica gestione dei rifiuti e dell’acqua, sarebbe certamente maggiore, per non parlare dell'incremento esponenziale del peso politico di una tale comunità. Ma non é solo una questione di dimensioni. Infatti, una unica città metropolitana, che magari invece che "di Trapani" per evitare sterili campanilismi si potrebbe denominare "del Mediterraneo", a cui fosse demandato effettivamente il ruolo di amministrare le nostre comunità, costringerebbe le forze politiche a pensare a obiettivi e programmi coerenti per tutta la comunità nel suo insieme.

Ad esclusivo titolo di esempio, la creazione di una unica città metropolitana renderebbe molto più probabile la creazione di una università, incluso un policlinico universitario, magari con la realizzazione di un campus nelle vicinanze dell'aeroporto di Birgi, l'area al confine tra i comuni di Marsala e Trapani, al centro dei collegamenti stradali e ferroviari del territorio, area che sarebbe anche la migliore naturale candidata per il centro direzionale di tale città metropolitana. Questo libererebbe spazi sia a Trapani che a Erice, spazi che potrebbero essere utilizzati per creare infrastrutture per lo sviluppo del settore turistico e culturale.

Chi afferma che le nostre comunità hanno bisogno di essere meglio rappresentate e amministrate, ha ragione, ma bisogna aggiungere che questo non significa necessariamente che chi le ha rappresentate e amministrate fino ad oggi non sia stato capace. Per quanto magari possa sembrare inaspettato a molti, le nostre comunità sono spesso state amministrate meglio di tante altre comunità siciliane o del Meridione in genere. Spesso, seppur ben rappresentate, alle nostre comunità é mancato soprattutto il peso specifico necessario a fare sentire la nostra voce, e tante volte questa voce non era univoca, perché magari il rappresentante di Marsala non trovava particolarmente interessante unirsi alla richiesta, magari sensatissima, di quello di Trapani, oppure quest'ultimo, per motivi tattici, non supportava la proposta di quello di Mazara, e così via.

Le nostre comunità hanno un futuro, ma quanto questo futuro possa essere migliore del passato e del presente, dipenderà da quanto saremo in grado di programmare in maniera condivisa un percorso di crescita e di cambiamenti trasformativi per l'intero insieme delle nostre comunità. La fusione dei quattro municipi in cui ancora oggi é suddivisa la città di Trapani é ancora oggi una buona proposta, ma la proposta alternativa di creare una unica città metropolitana presenta diversi vantaggi, e potrebbe alla fine risultare di più semplice e rapida attuazione.

[pubblicata come lettera al direttore su TP24.it con il titolo di "Erice, Trapani e le altre città: quale futuro per le nostre comunità?"]

Thursday 1 June 2017

Le nostre città e il mancato sviluppo: parafulmini e responsabili

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Grazie al sistema politico italiano, chiunque si ritrovi a fare il sindaco di qualsiasi città, ma soprattutto di città delle dimensioni di Alcamo, Marsala, Mazara o Trapani, non potrà fare molto senza avere il completo supporto di rappresentanti presso il governo centrale ed il governo regionale che difendano proattivamente la comunità. I sindaci purtroppo quando sono soli, o sono lasciati soli, o comunque non sono supportati a sufficienza, diventano essenzialmente dei parafulmini istituzionali, ed il massimo a cui possono aspirare é non fare danni. L'esperienza degli ultimi 5 anni a Trapani dovrebbe essere abbastanza illuminante in merito. Se un appunto si può fare al povero sindaco Damiano, é di non essere riuscito a comunicare "meglio" ai cittadini trapanesi questo problema, che é il principale problema di ogni amministrazione comunale italiana. Uso "meglio" perché dobbiamo riconoscere che ci ha provato, e, magari in futuro, i media locali potrebbero anche provare a fare di più per veicolare questo messaggio, perché riguarda quello che è un problema primario e centrale che bisogna risolvere per potere finalmente ambire ad incentivare lo sviluppo ed il progresso delle nostre comunità.

Purtroppo non basta avere un buon progetto, ed un buon programma di lavoro, e nemmeno essere una persona capace ed intraprendente, perché il potere centrale, sia nazionale che regionale, fa e disfa a piacimento proprio, e secondo i propri interessi ed obiettivi, e se la comunità (ed il sindaco) non viene rappresentata e difesa dai parlamentari o da chi può in qualche maniera farsi ascoltare dal governo centrale, si vengono a creare continuamente situazioni la cui soluzione é fuori dalla portata dell'autonomia concessa ai sindaci (ed ai consigli comunali).

La soluzione é cambiare il sistema politico italiano. Al confine settentrionale, fisicamente tanto distante dalla Sicilia, gli italiani hanno l'esempio svizzero: la Confederazione Elvetica riesce a mitigare questa classe di problemi grazie alla decentralizzazione del potere, la suddivisione delle responsabilità tra i livelli di governo, e la concessione di una enorme autonomia di entrata, e quindi di conseguenza di una reale autonomia di spesa, agli enti locali, siano questi i comuni che i cantoni. Bisogna riuscire ad importare dalla Svizzera molte delle loro soluzioni, ma non é qualcosa che si può fare a partire dalle amministrazioni comunali, i cittadini devono costringere il potere centrale a cedere gran parte dei propri poteri, ed é una impresa improba, perché ci si scontra con gli interessi personali delle enormi caste estrattive che godono dei benefici del sistema attuale.

A volte ovviamente i sindaci sbagliano anche loro, prendono decisioni discutibili, e come cittadini facciamo bene a protestare, creare comitati, fare sentire la nostra voce. Ma dobbiamo anche imparare a riconoscere quale sia la vera distribuzione delle colpe del perché le nostre città e le nostre comunità sono in condizioni peggiori di quelle di altre città e comunità. E per ogni volta che la colpa é del sindaco o del consiglio comunale, ci saranno 10 volte in cui il principale colpevole é il governo regionale, e 100 volte in cui il principale colpevole é il governo nazionale.

Finché vigerà il regime centralistico attuale, più di 99 volte su 100 dovremmo rivolgere gran parte delle nostre legittime rimostranze per i problemi che attanagliano le nostre comunità a chi ci rappresenta a Palermo e soprattutto a Roma, ed in special modo a chi si trova nelle fazioni che supportano le compagini governative che via via si susseguono. E viceversa, nei rari casi, che pure esistono, in cui sia evidente che qualche nostro rappresentante sia riuscito a difendere la nostra comunità e a procurarci evidenti benefici, o anche solo a evitare malefici ai nostri danni, dobbiamo imparare a ringraziarli. Sia nelle urne, al di la di qualsiasi divisione tribale, che nel discorso pubblico.

[pubblicata come lettera al direttore su TP24.it con il titolo di "Le nostre città e il mancato sviluppo: parafulmini e responsabili"]

Sunday 19 March 2017

L'Antica: Mazara vital records 1820-1860

L'Antica: Mazara vital records 1820-1860:

Mazara

Birth records


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Marriage records


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Deaths records


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Sunday 26 February 2017

L'Antica: Asaro of Mazara

L'Antica: Asaro of Mazara:

I have started to collect the sources I find on Portale Antenati about the Asaro of Mazara on Pinterest: