Monday 18 April 2016

Piccoli aeroporti: perché non finanziate le fondazioni dei politici?

Da una quindicina d'anni a questa parte il governo italiano ha adottato misure che penalizzano i piccoli aeroporti aperti al traffico civile. Durante la lunghissima saga della redazione e approvazione del piano nazionale degli aeroporti, è diventato abbastanza chiaro come sia un obiettivo strategico di diversi governi italiani la riduzione e chiusura di questi aeroporti minori.
Per una serie di ragioni, a volte politiche a volte contingenti, una pattuglia di questi aeroporti è riuscita ad ottenere una sospensione almeno temporanea dell'intervento della mannaia governativa, e sono stati lasciati a bordo, non del tutto di buon grado.

Tra questi aeroporti, considerati al momento di interesse nazionale, a condizione che riescano a promuovere una vocazione funzionale ed una specializzazione chiaramente riconoscibili, e che soprattutto riescano a raggiungere l'equilibrio economico-finanziario  tendenziale in un triennio, vi sono aeroporti al momento sinceramente con poche speranze di sopravvivenza come Brescia, Crotone o Taranto, ma anche tanti aeroporti che sono fondamentalmente mandati fuori mercato dall'eccessiva imposizione fiscale aeroportuale. Tra questi soprattutto Alghero, Brindisi, Genova e Trapani, e forse anche Ancona, Comiso, Pescara, Perugia, Reggio Calabria e Trieste.

Gli enti locali di alcune delle comunità servite da questi aeroporti, per incentivarne lo sviluppo, negli ultimi anni hanno investito milioni di euro, per scontare i costi aeroportuali ed incentivare i vettori a basso costo ad aprire rotte. Il tutto vanificato dall'operato del governo, che ha continuato a sua volta ad innalzare la pressione impositiva mitigando o annullando l'effetto degli investimenti pubblici locali.

A proposito del governo: il principale azionista del gestore degli aeroporti di Pisa e Firenze, Corporación América, oltre ad essere indirettamente uno dei maggiori azionisti del gestore dell'aeroporto di Trapani, ed uno dei principali indiziati a candidarsi per gestire il frutto di un possibile matrimonio di questo con il gestore dell'aeroporto di Palermo, ha finanziato con 25 mila euro la Fondazione Open, nel cui consiglio direttivo siedono Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti, in pratica il cerchio magico del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, fondazione che a quanto pare organizza l'annuale convegno politico all'ex stazione Leopolda di Firenze.

Questa cosa mi ha fatto venire in mente una idea, e di conseguenza mi viene di dare un suggerimento ai gestori dei piccoli aeroporti, ed ai rappresentanti politici delle comunità e dei territori da questi serviti: invece di spendere decine di milioni di Euro in contributi di co-marketing, per vederli poi osteggiati dall'Unione Europea e vanificati dai continui incrementi dell'imposizione fiscale aeroportuale, perché invece non vi associate, fate una colletta, ed iniziate a finanziare le fondazioni dei politici? Scegliete due o tre fondazioni tra governo e opposizione, sceglietele bene, finanziatele con un centinaio di migliaia di Euro all'anno, suggerendo nel frattempo che vedreste di buon occhio l'abolizione, almeno per quanto riguarda gli aeroporti minori, di imposte come l'addizionale comunale e l'imposta sul valore aggiunto sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili, imposte regressive che a volte sono sufficienti a mandare fuori mercato questi aeroporti. Male che vada, perderete poche centinaia di migliaia di Euro, ma se riuscirete ad influenzare il governo, o almeno a farlo riflettere sulle vostre sacrosante ragioni, potreste nella migliore delle ipotesi riuscire a risparmiare decine di milioni di Euro dei contribuenti e dei vostri investitori privati.

[Originariamente pubblicato su TP24.it e Il Mattino di Sicilia]

Thursday 14 April 2016

Il matrimonio tra Birgi e Punta Raisi

Il governo nazionale sta cercando di incentivare una fusione tra i gestori degli aeroporti di Birgi e Punta Raisi, per creare un unico gestore per il sistema aeroportuale della Sicilia Occidentale. Questa è in parte una buona notizia per le comunità della ex Provincia di Trapani, perché fino a qualche lustro fa pareva che l'intenzione fosse quella di imporre la chiusura di Birgi al traffico civile. Bisogna dare atto ai politici ed agli amministratori locali che sono riusciti a far sviluppare il traffico aeroportuale a Birgi, esprimendo traffico latente, fino al punto da rendere impossibile per il governo nazionale pretendere sic et simpliciter la chiusura al traffico civile dell’aeroporto che si specchia sul Mar di Sicilia.

E qui arriva la parte brutta della notizia. Poniamoci qualche domanda: perché gli operatori del porto di Trapani non vogliono essere sottoposti all'autorità portuale di Palermo? Perché la squadra di calcio di Trapani non ha voluto diventare un satellite di quella di Palermo, ed immagino che nemmeno quelle di Marsala, Alcamo o Mazara accetterebbero un tale destino? Perché e per chi questo matrimonio tra i gestori di Birgi e di Punta Raisi dovrebbe essere vantaggioso? Dove e quale sarebbe l'allineamento di interessi tra le comunità servite da questi due aeroporti?

Recentemente alcuni politici filo-governativi stanno balenando risorse per una eventuale continuità territoriale, in cambio però, non troppo velatamente, di questo matrimonio. Quello della continuità territoriale in cambio dell'assorbimento a me appare come un vero e proprio ricatto. La mia sensazione è che quando i politici fanno questi ragionamenti essi pensino che noi Siciliani abbiamo l'anello al naso. Il governo nazionale manda fuori mercato l'aeroporto di Birgi tramite continui aumenti dell'imposizione fiscale aeroportuale, oggi arrivata a quasi dieci euro a passeggero imbarcato, e però offre la carotina della continuità territoriale in cambio dell'assorbimento del gestore da parte del principale concorrente. Cosa serve veramente per lo sviluppo del territorio: voli in continuità territoriale con Roma o Milano, od invece rotte fuori stagione con gli aeroporti dell'Europa nordoccidentale?

A me pare ovvio che in mancanza di qualcuno che faccia gli interessi delle comunità della Sicilia occidentale, il polo unico visto dal Palermitano significhi: “chiudiamo Birgi e spostiamo tutti i voli a Punta Raisi”. Questo perché il terminale palermitano viaggia a meno della metà della capacità, anche se spostassero tutti i voli da Birgi, non arriverebbero minimamente a saturarlo. Perché mai un privato dovrebbe sostenere le spese per tenere aperti due aeroporti nello stesso bacino, quando il suo aeroporto primario non è per nulla saturo, anzi?

Augurandomi che non avvenga, qualora non potessi contare su una riduzione dell’imposizione fiscale su Birgi, tramite un intervento governativo o tramite la continuazione dei contributi mercatistici da parte degli enti locali, se io fossi il privato futuro acquirente dei gestori di Punta Raisi e Birgi, chiuderei subito quest’ultimo scalo. Immediatamente.  Ovviamente, mettendomi invece il cappello dell'abitante o dell'imprenditore della Sicilia Occidentale, farei scelte diametralmente opposte. Il punto è chi media tra questi opposti interessi?

I buoi sembra purtroppo siano già scappati. L'errore principale dei politici e degli amministratori locali fu probabilmente quello di non ottenere quote del gestore di Birgi in cambio degli investimenti di co-marketing. Ci chiedono di investire denari nello sviluppo di una impresa, e non non chiediamo quote in cambio? Se i Comuni si fossero fatti dare quote, oggi potrebbero influire sulla fusione, e rappresentare le nostre comunità, e potrebbero provare a pretendere garanzie sul futuro dell'aeroporto di Birgi. Invece siamo nella mani di Regione Siciliana e governo nazionale.

[Originalmente pubblicato come "Il matrimonio che s'ha da fare fra Birgi e Punta Raisi" su Il Locale News n. 64 anno II del 15 Aprile 2016]